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Bentivogli

Ecco cosa non va nelle piroette di Arcelor Mittal (ex Ilva)

Nel nuovo piano industriale di ArcelorMittal ci sono 3300 esuberi già nel 2020 e non solo. Tutte le critiche nell'intervento di Marco Bentivogli, segretario generale Fim-Cisl, sull'ex Ilva

 

Come sempre siamo gli ultimi a conoscere i contenuti dei piani industriali ma i primi a pagarne il conto.

Arcelor Mittal Italia ha presentato ieri sera ai ministeri dell’Economia, dello Sviluppo economico e del Lavoro il nuovo piano industriale.

Da alcune indiscrezioni, si apprende che il piano presentato non sarebbe lontano dall’accordo raggiunto a marzo scorso al Tribunale di Milano, quando si chiuse il contenzioso tra Ilva in amministrazione straordinaria e Arcelor Mittal.

Accordo mai concordato con il sindacato a marzo e che prevede di risalire nel 2025, alla produzione di 8 milioni di tonnellate da farsi anche attraverso forno elettrico, e non solo altoforno.

Non sono accettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue. ArcelorMittal avrebbe fatto presente che lo scenario, rispetto all’accordo di marzo, è profondamente cambiato a causa del lockdown.

Ottimo alibi per ritardare ancora la ripartenza dell’Afo5 e continuare a smantellare lo stabilimento e a non proseguire le opere ambientali. Nel frattempo, nell’indotto non si pagano stipendi da mesi e in molti casi non arrivano le risorse degli ammortizzatori sociali.

L’accordo del 6 settembre 2018 prevedeva zero esuberi e 8 mln di tonnellate nel 2023.

Ora, esuberi, Cassa Integrazione e ritardi negli investimenti e i 10.700 al lavoro nel 2025 sono solo teorici e senza nessuna consistenza.

Complimenti a chi ha tolto lo scudo penale dalla scorsa estate e ha dato un ottimo alibi all’azienda per disimpegnarsi.

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Articolo della redazione di Start Magazine

Gli accordi siglati il 4 marzo prevedevano da parte della società la garanzia di mantenere i livelli occupazionali di 10.700 posti, in linea con gli impegni del settembre 2018 siglati con Governo e Sindacati. Quello di settembre è il solo accordo che i sindacati riconoscono e che si traduce nei fatti in zero esuberi “Se Mittal ha deciso di andarsene se ne andasse e la finiamo qui” – scandisce il ministro Patuanelli non nascondendo irritazione “Troviamo il modo per farlo andar via. ci sono delle clausole, delle penali che lo rendono possibile” dice in un’intervista mattutina a Radio anch’io dopo aver ribadito che pur comprendendo le difficoltà della filiera, il Governo considera i tagli “inaccettabili”. Patuanelli è pessimista: “Do’ ormai per scontato che arriverà un piano che non è assolutamente in linea con quanto abbiamo discusso per mesi fino a marzo e con quanto si aspetta il governo” ammette. A non avere fiducia in Mittal c’è anche l’indotto. La ditta d’appalto Ferplast ha ritirato i lavoratori dallo stabilimento siderurgico di Taranto. Si tratta di un’azienda con oltre 200 addetti tra contratto a termine e a tempo indeterminato, lamentando una ‘situazione insostenibile’ che riguarda i pagamenti: “hanno promesso un acconto che non è mai arrivato”. Patuanelli, uno dei ministri di punta del M5S non nasconde che preferirebbe avere le mani libere sull’Ilva di Taranto per mettere a punto il suo piano nazionale strategico dell’acciaio, annunciato nei giorni scorsi, una piano che porti tutta la filiera a una rivoluzione eco-sostenibile, già intrapresa da altre acciaierie come Arvedi.

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