L’Ue si fa meno green. La Commissione europea ha presentato un nuovo pacchetto di semplificazione normativa che interviene su numerose leggi ambientali del Green Deal. La misura, motivata dall’obiettivo di ridurre gli oneri per imprese e amministrazioni, ha polarizzato Bruxelles: governi, gruppi politici e lobby industriali accolgono la scelta come un passo per la competitività, mentre Ong e climatologi denunciano un indebolimento strutturale delle tutele ambientali, degli obblighi di rendicontazione e dei controlli sulle emissioni.
In gioco vi sono la tenuta della maggioranza che sostiene la Commissione e la traiettoria europea verso gli obiettivi climatici di medio e lungo periodo.
IL CAMBIO DI ROTTA DELLA COMMISSIONE UE
La nuova proposta della Commissione rientra nella serie dei cosiddetti disegni di legge “omnibus”, concepiti per alleggerire vincoli e obblighi procedurali in diversi settori. La presidente Ursula von der Leyen, un tempo paladina delle politiche green all’ennesima potenza, ha ribadito l’impegno a ridurre la burocrazia per le imprese, ora che col suo secondo mandato ha ora virato verso un impegno volto più alla competitività che alla sostenibilità in senso stretto. La promessa, secondo l’esecutivo, è di intervenire senza compromettere gli standard ambientali.
Le misure puntano a ridurre di almeno il 25% i requisiti amministrativi ambientali entro il 2029, con un risparmio stimato complessivo fino a un miliardo di euro l’anno, tra riduzione delle valutazioni, snellimento delle procedure autorizzative e tagli alle richieste di rendicontazione. La Commissaria all’Ambiente Jessika Roswall ha dichiarato: “Siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo proteggere i nostri standard ambientali, ma allo stesso tempo dobbiamo farlo in maniera più efficiente”.
Le modifiche, osserva Eunews, arrivano nel giorno in cui l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) pubblica una relazione in cui si avverte che così, con le regole senza semplificazione, “l‘Unione europea resterà probabilmente fuori strada per la maggior parte degli obiettivi ambientali del 2030”.
TAGLI ALLA RENDICONTAZIONE E REVISIONE DELLE LEGGI ESISTENTI
Il pacchetto, afferma Politico, propone di esentare allevamenti e impianti di acquacoltura dagli obblighi di rendicontazione su acqua, energia e materiali, modificando la legge sulle emissioni industriali. Le stesse norme verrebbero ricalibrate anche attraverso una “significativa semplificazione” dei sistemi di gestione ambientale, trasferiti dal livello di singola installazione a quello aziendale.
Parallelamente, Bruxelles punta a eliminare il database SCIP sulle sostanze pericolose nei prodotti e a ridurre o sospendere alcuni adempimenti della responsabilità estesa del produttore, tagliando obblighi annuali per i settori dei rifiuti elettronici, degli imballaggi e delle batterie. Secondo i dati europei, solo nel settore tessile si generano 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno.
Le riforme, precisa Euronews, ricadono su cinque atti legislativi già approvati, tra cui la direttiva quadro sui rifiuti, quella sulle emissioni industriali, i regolamenti sulle batterie e la rendicontazione ambientale degli impianti. La Commissione ha pubblicato la proposta senza valutazione d’impatto, sostenendo che “una valutazione d’impatto non è necessaria”. Una decisione, ricorda Politico, che segue un richiamo del Mediatore europeo per “cattiva amministrazione” in relazione al precedente omnibus.
LA REVISIONE DELLE VALUTAZIONI AMBIENTALI
Uno dei punti politicamente più sensibili riguarda l’accelerazione delle procedure autorizzative. Le proposte, scrive il Guardian, prevedono la possibilità per gli Stati membri di esentare nuovi data center, gigafactory di intelligenza artificiale e abitazioni a prezzi accessibili dalle valutazioni d’impatto ambientale, ampliando l’elenco dei “settori strategici”. Secondo la Commissione, l’obiettivo è garantire alle economie europee un ritmo di sviluppo compatibile con le esigenze industriali emergenti.
Il regolamento sulle valutazioni ambientali, aggiunge Eunews, si inserisce nel quadro della direttiva Habitat, della direttiva Uccelli, delle norme sulle acque e delle valutazioni strategiche, con un risparmio stimato di 180 milioni di euro all’anno. Roswall ha difeso così le proposte: “Non fatevi illusioni: questa non è un’annacquatura delle nostre norme ambientali. Tuttavia, dobbiamo adattarci a un mondo che cambia rapidamente”.
FAVOREVOLI…
L’industria ha accolto con favore la direzione del nuovo pacchetto. Per gruppi come la Computer & Communications Industry Association, le modifiche sono “una soluzione di buon senso”. Nel mondo imprenditoriale più ampio, Markus Beyrer di BusinessEurope afferma che “è incoraggiante vedere norme più realistiche sulla due diligence”, lodando la semplificazione dei requisiti di mappatura dei rischi.
Sul fronte politico, il centrodestra europeo sostiene la necessità di ridurre gli oneri. L’eurodeputato del Ppe Pieter Liese osserva che “Abbiamo bisogno di snellire le leggi ambientali proprio perché vogliamo preservarle”. In parallelo, Valdis Dombrovskis, commissario all’Economia, ribadisce che la semplificazione “mantiene al contempo i nostri elevati standard”.
…E CONTRARI
Dall’altro lato della barricata si schierano invece le organizzazioni ambientaliste che vedono nel pacchetto un arretramento significativo. Il WWF sostiene che la Commissione stia “smantellando decenni di protezioni naturali conquistate duramente, mettendo a rischio aria, acqua e salute pubblica”. BirdLife Europe avverte che modificare le direttive Uccelli e Habitat “cancellerebbe decenni di progressi”.
Da CAN Europe arrivano parole altrettanto critiche: “La natura non può comprare influenza politica, come le industrie inquinanti”. Secondo l’organizzazione, il pacchetto aumenterà i rischi per ecosistemi e comunità locali.
Anche il gruppo dei Verdi in Parlamento denuncia che “la Commissione taglia la legislazione ambientale per compiacere chi inquina”, mentre Jutta Paulus definisce le proposte “un passo indietro assoluto”. Sul fronte scientifico, lo European Scientific Advisory Board on Climate Change avverte che la semplificazione rischia di compromettere la riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040.
MAGGIORANZE FRAGILI E ALLEANZE INEDITE
La dinamica più evidente riguarda la spaccatura interna al Parlamento europeo. Il Ppe, scrive Politico, ha rotto il cordon sanitaire e votato insieme ai gruppi di estrema destra per restringere in modo molto più drastico gli obblighi ambientali, anche oltre le proposte iniziali della Commissione. Pascale Piera di Patriots of Europe ha descritto il compromesso come “un colpo mortale al Green Deal”, sostenendo che eliminare i piani di transizione climatica sia “uno slancio per l’economia”.
La stessa maggioranza che sostiene von der Leyen arriva vicina alla frattura, con divisioni tra Ppe, Renew, S&D e Verdi sulla profondità delle deroghe e sul ruolo dell’industria nei processi decisionali.
NIENTE PIÙ AZIENDE SOSTENIBILI
Come fa notare Euractiv, il compromesso politico raggiunto da Parlamento, Consiglio e Commissione riduce in modo sostanziale l’ambito di applicazione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD).
Le soglie passano rispettivamente a 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato netto per la rendicontazione ESG, e a 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato per gli obblighi di due diligence. Oltre l’85% delle imprese inizialmente previste sarà dunque escluso dal quadro normativo.
Inoltre, viene eliminato l’obbligo per le imprese di adottare piani di transizione climatica e scompare il quadro giuridico che permetteva ai cittadini di chiedere conto alle aziende degli impatti delle loro catene di fornitura.
GLI EFFETTI SUL PERCORSO CLIMATICO EUROPEO
Le proposte di semplificazione, ricorda il Guardian, emergono mentre il Consiglio e il Parlamento hanno raggiunto un accordo sulla riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040, con possibilità di utilizzo di crediti di carbonio esteri entro il limite del 5%. Ottmar Edenhofer ha riconosciuto la portata dell’obiettivo, pur segnalando i rischi di indebolimento delle misure domestiche.
Parallelamente, gli impatti climatici si intensificano: ondate di calore sopra i 37°C previste ogni anno entro il 2100, incendi diffusi per quasi un milione di ettari nell’Ue e una crescente difficoltà a raggiungere gli obiettivi ambientali del 2030, come segnalato dall’Agenzia europea dell’ambiente.
LE PROSSIME TAPPE
Le misure dovranno ora essere esaminate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, sotto la prossima Presidenza cipriota. L’esito dei negoziati determinerà non solo la configurazione finale delle norme ambientali, ma anche la direzione politica del Green Deal nel nuovo ciclo istituzionale.




