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Londra

Cop26, tutte le sfide ambientaliste di Boris Johnson

Che cosa succede alla Cop26 e come si muove il premier Johnson. Il punto di Daniele Meloni

Con il solito linguaggio colorito e denso di metafore Boris Johnson ha aperto lunedì la Cop26 a Glasgow. Un evento che, nelle intenzioni del Primo Ministro britannico, deve rappresentare la nuova Global Britain più di qualsiasi altro. Palcoscenico planetario, tematica da tempo al centro delle preoccupazioni delle cancellerie mondiali, grande impatto del soft power britannico: ecco perché il leader Tory tiene così tanto alla buona riuscita della conferenza.

Finora, Johnson è riuscito a portare a casa il termine massimo per porre fine alla deforestazione nel 2030, portando con sé anche Cina e Russia. Un risultato tutt’altro che scontato considerate le premesse del G20. Ma il Regno Unito vuole ottenere molto di più al termine della Cop26, vincolando tutti i paesi del mondo a limitare le emissioni di CO2 entro il 2050 e le temperature a +1,5 gradi centigradi. Su questo, come dimostrato a Roma, Russia e Cina sono molto più caute, mentre l’India – altro player imprescindibile nella lotta al cambiamento climatico – ha parlato di “net zero” entro il 2070.

Il premier Uk ha parlato di vantaggio dell’inquinamento sull’uomo per 5-1 alla fine del primo tempo, ma ha anche aggiunto che, forse, in questi giorni uno o due gol sono stati recuperati dal mondo. Poi si è lasciato andare a uno story-telling catastrofista che non ha convinto del tutto in primis il suo partito, affermando che “siamo a un minuto dalla mezzanotte climatica” e condendo il tutto con parole che ricordano più il movimento dei Fridays for Future che non il tradizionale ambientalismo Tory. Forse Johnson – dopo avere espugnato le roccaforti laburiste – vuole fare breccia anche presso l’elettorato più giovane? Chissà.

Finora, però, le critiche non sono mancate. In un’intervista alla Cnn gli è stato chiesto che ne sarà della nuova miniera di carbone progettata in Cumbria se, come ha affermato lui stesso, bisogna “eliminare il carbone in quanto produce la maggior quantità di emissioni”. BoJo è andato in difficoltà dicendo che “farà quanto legalmente possibile”. Poi i quotidiani conservatori lo hanno pungolato sul fatto che nella sua legge di bilancio – il Budget presentato da Sunak la scorsa settimana – ci sono agevolazioni per chi viaggia in aereo all’interno del paese e ha bloccato le accise sulla benzina per il biennio 2022-2023. Ma è la postura ambientalista di Johnson a non convincere i deputati del suo partito. Secondo un sondaggio di Portland Communications sebbene la metà degli inglesi abbia risposto che è giusto penalizzare le attività inquinanti, solo il 7% si dichiara disposto a pagare di più per preservare l’ambiente.

Johnson, però, “tira dritto”, come direbbe la nostra stampa. La sua Green Industrial Revolution è stata lanciata ed è convinto che lo Uk è all’avanguardia nella lotta al cambiamento climatico grazie anche alle tecnologie che ne faranno una powerhouse nell’eolico e nei cluster cattura-emissioni. I maligni dicono che la sua svolta green sia dovuta all’influenza della moglie Carrie, che ha sposato la causa ambientalista da anni. In realtà, altre considerazioni politiche occupano la mente del leader Tory. La prima è quella di rinsaldare il rapporto con la Famiglia Reale. Il Principe Carlo è da anni uno degli ambientalisti più rinomati al mondo, e Johnson gli ha reso omaggio l’altra sera al ricevimento presso la Kelvingrove Art Gallery di Glasgow affermando che “per anni è stato un profeta senza che gliene venisse riconosciuto il merito”. Anche la Regina Elisabetta si è espressa sul cambiamento climatico auspicando che le parole non restino lettera morta al termine del vertice.

Vi è poi il rapporto con gli Usa. Build Back Better e Build Back Greener sono slogan che prima Johnson e poi Biden hanno adottato. Il premier britannico si è avvicinato al Presidente Usa – smarcandosi da una, per lui, fastidiosa identificazione con Trump – proprio sulle tematiche ambientaliste. Gli americani considerano la transizione ecologica e quella energetica fattori geopoliticamente determinanti nella lotta all’ascesa cinese. E su questo punto Londra vuole essere accanto a Washington.

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