Cop25, tutto rimandato. È questa la sintesi della Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, che si è conclusa a Madrid il 15 dicembre 2019: le decisioni più spinose verranno prese al prossimo vertice di Glasgow, nel novembre 2020. Andiamo per gradi.
IL COMMENTO DI MATTEO VILLA
“Chi si aspettava un ‘effetto Greta’ alla Cop25 di Madrid è rimasto deluso. Il vertice Onu non è stato all’altezza delle aspettative di una società civile sempre più consapevole dei rischi dei cambiamenti climatici”, dice Matteo Villa, Research Fellow, Osservatorio Europa e Governance Globale di Ispi: “La speranza di invertire la rotta è affidata ora all’incontro di Lipsia, tra Unione Europea e Cina, a settembre prossimo. In fondo nel 2015, il successo degli Accordi di Parigi, fu anche frutto dell’asse Washington-Pechino, creato da Barack Obama e Xi Jinping: oggi Bruxelles, con il suo ‘Green Deal’, sembra voler raccogliere il testimone abbandonato dagli Stati Uniti di Trump e proiettarsi verso una virtuosa leadership per l’ambiente”.
LE CONCLUSIONI
Le conclusioni sono poche e vane. Alla conferenza, infatti, si è stabilito che nel 2020 i paesi dovranno indicare, obbligatoriamente, di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas ad effetto serra. Dunque, Cop25 ha rinviato tutto di un anno, al prossimo vertice di Glasgow, nel novembre 2020.
CARBON MARKET: MANCATA INTESA
Uno dei compiti principali di Cop25 era quello di stabilire i meccanismi di calcolo dei crediti per il futuro mercato globale del carbonio (un paese che produce troppa anidride carbonica può acquistare crediti da un altro paese che invece si mantiene al di sotto dei limiti consentiti), come previsto nell’articolo l’articolo 6 degli Accordi di Parigi del 2015, relativo al cosiddetto ‘Carbon market’. A Madrid non è stato raggiunto, però, nessun accordo.
LO SCOGLIO DEI GRANDI INQUINATORI
Se tutto è stato posticipato è perché, spiega Ispi, “nella spaccatura tra paesi vulnerabili e cosiddetti ‘grandi inquinatori’ che, ancora una volta, hanno bloccato ogni progresso nelle trattative. La Cop più lunga di sempre – era iniziata il 2 dicembre e la sua chiusura è stata prorogata di 42 ore – si è conclusa con un’intesa vaga che esprime “la necessità urgente” di ridurre le emissioni climalteranti. Troppo poco e troppo tardi, per un’esortazione ben lontana dal calendario di impegni precisi che ci si aspettava dai delegati.”
CHI OSTACOLA LA LOTTA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il grande ostacolo agli accordi di Cop 25, spiega Ispi, sono stati “paesi come Brasile, Arabia Saudita, Australia, Russia, India, Cina e Sudafrica”.
POTERI FOSSILI ALLA GUIDA
Secondo l’Italian Climate Network, a “schierarsi contro misure solide rispetto al futuro mercato globale del carbonio e a favore di un sistema debole o eufemisticamente più flessibile, i soliti «poteri fossili» (Arabia Saudita e Gruppo Arabo, Stati Uniti) da un anno sostenuti vigorosamente dal Brasile e dall’Australia. Un ulteriore punto di frizione è stata la possibilità di riconoscere sotto il nuovo regime dell’Accordo di Parigi i crediti derivanti da progetti di riduzioni delle emissioni approvati nell’ambito del Protocollo di Kyoto. Una possibilità che avrebbe indebolito i già insufficienti impegni presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi”.