Vittoria di Pirro della Commissione europea a Bruxelles. In settimana la riunione del Consiglio europeo dei ministri dell’energia è riuscita a trovare un accordo sulla proposta della Commissione (Save gas for a safe winter) che mirava a rendere obbligatorio il taglio del 15% dei consumi di gas.
Al di là dei consueti toni trionfalistici dell’Unione, che nelle dichiarazioni ufficiali e nei comunicati stampa tiene molto a mostrarsi “forte e unita”, il compromesso è stato trovato su un testo assai indebolito rispetto alla proposta iniziale della Commissione.
In questi giorni è andata in scena una vera e propria lotta di potere tra la Commissione di Bruxelles, ispirata dalla Germania e sempre più spinta da tentazioni accentratrici, e i singoli Stati membri dell’Unione, molto attenti, in questa occasione, a preservare la propria autonomia sul tema. Un caso a parte è l’Ungheria, che non ha votato il documento ed anzi nei giorni scorsi ha fatto sapere di volere intavolare una trattativa con la Russia per un contratto di fornitura di gas. L’ennesimo strappo dei 26 con il governo di Budapest, che sta innervosendo parecchio Francia e Germania.
Il compromesso scaturito dal Consiglio Affari Energia prevede che gli Stati membri riducano la domanda di gas del 15% rispetto al consumo medio degli ultimi cinque anni, tra il 1° agosto 2022 e il 31 marzo 2023, con misure di iniziativa propria. La Commissione può proporre (di sua iniziativa o su richiesta di almeno cinque stati) di attivare il livello di allerta più alto, che fa scattare l’obiettivo obbligatorio, ma i paesi membri devono confermarlo con un voto a livello di Consiglio.
Una volta approvato lo stato di emergenza a livello di Unione, esistono però alcune esenzioni e deroghe, che valgono per i paesi non connessi con infrastrutture gas e per quelli che hanno reti elettriche non sincronizzate con il sistema elettrico europeo e dipendono fortemente dal gas per la produzione di elettricità.
Gli Stati membri possono richiedere una deroga se hanno interconnessioni limitate con altri Stati membri e possono dimostrare che la loro capacità di esportazione o le loro infrastrutture nazionali di LNG sono utilizzate per reindirizzare al meglio il gas verso altri Stati membri.
Questi possono anche richiedere una deroga se hanno superato i loro obiettivi di riempimento degli stoccaggi gas, se sono molto dipendenti dal gas come materia prima per le industrie o se il loro consumo di gas è aumentato di almeno l’8% nell’ultimo anno rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Come si vede, la platea delle esenzioni è piuttosto ampia e sufficientemente generica da poter permettere una quota molto alta di opt-out.
Soddisfatto il ministro dell’economia tedesco, il verde Robert Habeck, che ha tenuto a rimarcare che diversi stati, tra cui il suo, molto probabilmente dovranno ridurre i consumi di più del 15%. Prosegue dunque l’incertezza sui volumi di gas realmente in gioco, anche se il Commissario per l’Energia Kadri Simson ha specificato che in caso di interruzione delle forniture dalla Russia, l’Europa si troverebbe in inverno con un buco di 30 miliardi di metri cubi di gas (45 miliardi se si trattasse di un inverno molto freddo).
Ricordiamo che questo nuovo provvedimento è da inquadrare nell’ambito della solidarietà europea, per cui se la Germania restasse senza gas dalla Russia potrebbe chiedere all’Italia di attivare l’accordo di solidarietà siglato nel marzo scorso, che prevede una fornitura di emergenza a condizioni prestabilite negli accordi stessi. La Germania ha stipulato accordi simili anche con Danimarca e Austria.
Soddisfatto anche il Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, presente all’incontro: “Con i numeri e le regole stabilite” a livello Ue, “noi dovremmo risparmiare circa il 7% rispetto alla media annuale degli ultimi cinque anni”, ha affermato il ministro al termine dell’incontro. “Quando abbiamo fatto il piano di differenziazione spostando i 30 miliardi di metri cubi russi su altri fornitori abbiamo già previsto un risparmio che è uguale o superiore a questo numero. Le nostre azioni sono già compatibili con questo piano, per cui ci riteniamo soddisfatti”.
(Estratto da un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità)