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Fossili

Come la finanza influenza i prezzi del petrolio

Quali sono i fattori che condizionano i prezzi del petrolio? L'analisi tratta dalla rivista Energia

Quali sono i fattori che condizionano i prezzi del petrolio? L’analisi tratta dalla rivista Energia

Argomento molto difficile quello sulle oscillazioni del prezzo del petrolio, perché il lettore si aspetta di ricevere una notizia che, in modo semplice e diretto, leghi un avvenimento, una decisione politica, un fattore geopolitico ad una variazione dell’offerta e quindi alla conseguente variazione del prezzo dei carichi di petrolio che arrivano sulle raffinerie dei paesi consumatori. Manco a dirlo, a questi fattori si vorrebbe anche legare la variazione del prezzo della benzina alla pompa.

È un esercizio al quale in molti hanno giocato negli ultimi mesi, nel tentativo di scovare dei cattivi (l’OPEC, Trump, …) e le vittime che pagano il conto.

Proviamo ad esaminare il problema partendo dai cosiddetti fondamentali ed usiamo i dati pubblicati dall’IEA (International Energy Agency) in quanto fonte primaria che raccoglie le informazioni da tutti i paesi OCSE.

La domanda mondiale di petrolio da anni è in continua crescita. Nel 2018 si è registrata una crescita di 1,2 milioni di barili/giorno rispetto al 2017, raggiungendo il livello medio annuo di 99,1 mln di bbl/g. Il 2019 sta mostrando la continuazione di questo trend. Si è vista una crescita di 0,6 mln di bbl/g nel primo trimestre e di 1.6 mln di bbl/g nel secondo trimestre. La media del 2019 è stimata assestarsi su una crescita complessiva di 1.3 mln di bbl/g, con una domanda complessiva di 100,4 mln di bbl/g con un picco nel quarto trimestre di 101,1 mln di bbl/g.

Continua il trend di crescita della domanda petrolifera, che supera quota 100 ml, bbl/g, ma rallenta rispetto alle precedenti previsioni

Questa crescita costante ed inarrestabile registra però cambiamenti nella velocità di crescita, rispetto alle previsioni che la stessa Agenzia aveva pubblicato alla fine del 2018. Alcuni analisti hanno interpretato queste variazioni rispetto alle stime precedenti come una “diminuzione della domanda” e non già come una crescita netta, ma meno veloce del previsto.

Da notare che la crescita della domanda di prodotti finiti si sta concentrato su due prodotti chiave: le benzine di alta qualità ed il jet-fuel per gli aerei, prodotti sempre più difficili da approvvigionare sui mercati occidentali a causa delle crescenti strutturali limitazioni di capacità produttive.

Sempre i dati della IEA mostrano che, fra paesi OPEC e non-OPEC, l’offerta messa a disposizione dei mercati è stata dell’ordine di 100 mln di bbl/g nel 2018 con una riduzione nel primo trimestre 2019.

I dati si possono ritenere attendibili circa 9 mesi dopo il periodo cui fanno riferimento, al momento della pubblicazione possono contenere errori di approssimazione dell’ordine del 3-5%

Ovviamente questi dati, sia quelli della domanda che dell’offerta, soffrono della incertezza statistica dovuta ai ritardi con cui la IEA riesce a disporre dei valori definitivi. Una valutazione di tipo storico ha dimostrato che i dati cominciano ad avere validità significativa all’incirca dopo 9 mesi dal periodo cui fanno riferimento. Al momento della pubblicazione possono contenere errori di approssimazione dell’ordine del 5%. Il che vuol dire che differenze fra domanda ed offerta di poche migliaia di barili/giorno sono da ritenere trascurabili.

Ne è conferma che, a fronte di un apparente livello dell’offerta superiore, anche se di poco, alla domanda, il livello delle scorte mondiali di petrolio è diminuito di circa 3 miliardi di barili, ovvero il livello più basso da oltre un anno, in termini di giorni di copertura dei consumi correnti.

Questi sono i dati. Poi c’è l’evoluzione di quello che chiamiamo il prezzo del petrolio.

È fin troppo evidente che fra le due entità, fondamentali e prezzo, non c’è alcuna correlazione lineare basata sulle normali leggi dell’economia. E, infatti, nessun analista parte dalla visione complessiva del quadro generale degli equilibri di mercato. Per tentare di fornire spiegazioni che stiano in piedi, ci si attacca a spezzoncini di informazione. La domanda in qualche regione del mondo, la produzione in qualche altro paese, facendo prevalere nel commento un aspetto rispetto all’altro, ma mai combinandoli insieme in un quadro complessivo.

Tra fondamentali e prezzo del Brent non c’è alcuna correlazione lineare basata sulle normali leggi dell’economia

Si procede in un’ottica capovolta. Se il prezzo sale, si parla di riduzione della produzione dell’Iran e del Venezuela, se il prezzo scende si punta il dito sulla diminuzione della domanda stagionale in Europa.

Purtroppo, ciò che emerge costantemente è la determinazione con cui continuiamo a parlare del mercato petrolifero come se si trattasse di un unico mercato in cui il prezzo scaturisce dalla dinamica dei fondamentali. Questo è stato vero fino al dicembre 1988. Da allora sono stati generati tre tipi di mercati distinti:

Il mercato fisico del greggio, nel quale si scambiano quasi tutti i greggi prodotti nel mondo (30-40 milioni di barili/giorno): da questo mercato non viene generato alcun prezzo. Per finalizzare gli scambi si fa riferimento al prezzo del Brent Dated, ovvero agli scambi di merci diverse generati su altri mercati;

Il mercato fisico del Brent Dated (ormai divenuto un contenitore dei principali greggi del Mare del Nord, inglesi e norvegesi): per una serie di ragioni logistiche e di limitazione dei volumi in gioco, il prezzo del Brent Dated viene “stimato” sulla base degli scambi del terzo mercato petrolifero, quello finanziario;

Il mercato finanziario del Brent: questo mercato è stato creato nel 1988 con il preciso scopo di evitare di dover gestire i problemi legati alla presenza di barili fisici di greggio (con le problematiche delle consegne ai terminali, i trasporti…). E, infatti, si scambiano solo pezzi di carta ai quali non corrisponde nessun diritto o obbligo di consegna di greggio fisico. Puri titoli finanziari che si acquistano o vendono in borsa, come le azioni. Per renderlo fruibile dagli operatori del settore, si è usata una titolistica simile a quella petrolifera. Si parla di barili, di Brent, anche se nemmeno una goccia di liquidi è coinvolta.

Il mercato finanziario del Brent è quindi un gioco in cui si finge di “giocare al petrolio”

Poiché la caratteristica principale del mercato finanziario è la totale trasparenza delle transazioni, tutte riportate online o sugli schermi delle piazze borsistiche, è molto più semplice per le agenzie che fanno quotidianamente l’assessment dei prezzi del petrolio, prendere i valori del Brent finanziario ed “aggiustarlo” con stime “soggettive” di cosa si ritiene sia accaduto nel mercato fisico del Brent Dated.

Il mercato finanziario del Brent è quindi un gioco in cui si finge di “giocare al petrolio”, ma in cui vengono giocate tante partite completamente diverse. Poiché è diventato il più grande gioco finanziario del mondo, la liquidità supera i diversi trilioni di dollari/giorno e consente alle grandi istituzioni finanziarie globali di muovere masse monetarie enormi da questa ad altre commodities nel giro di ore. Se, ad esempio, si vuole cavalcare la tendenza al rialzo di un metallo, si spostano miliardi di dollari dal petrolio al rame o all’oro in poche ore, determinando il crollo del prezzo del petrolio ed il rialzo di quello del rame o dell’oro. E viceversa.

Voler collegare la variazione del prezzo del petrolio a inesistenti cambiamenti dei suoi fondamentali diventa un esercizio privo di senso. Esiste tuttavia un legame di natura psicologica fra i comportamenti e le aspettative dei traders finanziari del mercato del Brent e le notizie sui fondamentali, soprattutto nei momenti di “stanca” dei mercati.

L’industria petrolifera nel suo complesso non è oggi in grado di garantire “con continuità” un’offerta superiore i 100 mln di bbl/g e di trasformare questi barili nei prodotti finiti di cui si ha bisogno

Nei primi mesi di quest’anno, ha cominciato a emergere un problema molto serio nel mondo del petrolio, ovvero quello di garantire livelli di produzione sopra i 100 mln di bbl/g e di trasformare questi barili nei prodotti finiti di cui si ha bisogno. L’industria petrolifera nel suo complesso non è oggi in grado di garantire questi obiettivi con continuità. È sufficiente anche un contrattempo localizzato in una regione del mondo (uragano nel Golfo del Messico, difficoltà produttive in Venezuela con riduzione di greggi pesanti…) per determinare tensioni gravi nel mercato dei prodotti finiti.

L’eventuale riduzione, ad esempio, di benzine sui mercati americani con il conseguente rialzo del prezzo, verrebbe immediatamente tradotto dai traders finanziari come crisi del supply del petrolio (attribuito alle sanzioni all’Iran?) e metterebbe in moto un meccanismo di spostamento di masse monetarie da altre commodities verso il Brent finanziario, provocando un rialzo dei prezzi al di sopra di ogni equilibrio ragionevole.

La crisi del 2008 è stata però una lezione non dimenticata. I traders finanziari cavalcano le spinte al rialzo, ma sono pronti a fuggire al primo starnuto, che sia o no un vero raffreddore poco importa.

Visto il numero dei partecipanti e della dimensione dei capitali coinvolti, le oscillazioni dei prezzi saranno sempre dell’ordine di 10-20 doll./bbl e forse più

Fuori metafora, all’inizio del 2019, le limitazioni logistiche ed industriali del sistema petrolifero hanno innescato una genuina e stabile spinta al rialzo dei prezzi, cavalcata ed amplificata dalle forze finanziarie. Il passaggio attraverso la stagione intermedia aprile-giugno, con bassi consumi stagionali, ha allentato le tensioni strutturali e ha dato la sensazione di un cambiamento di trend, provocando la fuga dal Brent finanziario e la caduta del suo prezzo.

In realtà non è cambiato nulla. Occorre aspettare che, a fronte di nuovi picchi della domanda stagionale di alcuni prodotti (benzine, jet-fuel), il circo si rimetta in gioco. Visto il numero dei partecipanti e della dimensione dei capitali coinvolti, le oscillazioni dei prezzi saranno sempre dell’ordine di 10-20 doll./bbl e forse più.

(Articolo tratto dalla Rivista Energia, qui il link)

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