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Carbone

Perché l’Asia non molla il carbone?

In Asia si continua a utilizzare e a bruciare. Il ruolo della Cina

 

Malgrado il mondo abbia intrapreso da tempo una guerra al carbone per limitare le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e lottare contro i cambiamenti climatici, in Asia si continua a utilizzare e a bruciare questo tipo di combustibile. Ma se nei paesi soprattutto occidentali, è ormai ovvia la rottura con il carbone, quelle stesse ragioni sembrano non intaccare le condotte dei paesi del vasto continente asiatico.

IL REPORT DI ENERGY RESEARCH & SOCIAL SCIENCE

Per capirne i motivi basta leggere il report di Energy Research & Social Science condotto da studiosi della Tufts University che esplora i driver asiatici e il perché nuove centrali elettriche a carbone vengono finanziate e costruite nel sud e nel sud-est asiatico, nonostante la mancanza di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio siano incompatibili con l’obiettivo di contenere il riscaldamento entro gli 1,5 gradi.

LE PROIEZIONI AIE

A ciò si aggiungono le proiezioni dell’Agenzia internazionale dell’energia che mostrano una crescita della domanda di carbone in India e nel sud-est asiatico nel prossimo decennio, anche se al contempo dovrebbe verificarsi una stabilizzazione in Cina e un calo nel resto del mondo.

LA CINA LA MAGGIOR FONTE DI FINANZIAMENTO PER IL CARBONE DELLA REGIONE

Secondo lo studio condotto da studiosi della Tufts University – che si concentra su India, Indonesia, Vietnam e Bangladesh – la Cina rappresenta la maggior fonte di finanziamento disponibile della regione per il combustibile, anche se le banche multilaterali di sviluppo si sono allontanate dal carbone e la politica cinese non spinge gli investitori e le aziende ad andare oltre gli standard ambientali del paese ospitante.

Tuttavia, evidenzia il report, esistono una serie di relazioni tra finanzieri e fornitori cinesi da un lato e ministeri dell’energia e compagnie elettriche dei paesi. Senza considerare, si legge ancora, che “guardare solo alle decisioni cinesi fornisce un quadro molto incompleto, perché i paesi che ricevono finanziamenti tendono ad avere diverse caratteristiche che favoriscono il carbone”.

LE POLICY DEI PAESI ASIATICI CHE FAVORISCONO IL CARBONE

L’elenco include politiche di controllo delle emissioni assenti o limitate, adattate specificamente al settore energetico. Ci sono anche “strutture monopolistiche”, protezioni per i lavori legati al carbone e altro ancora. In alcuni casi i costi per le fonti di energia pulita sono “percepiti come una barriera”, sebbene la posizione dell’India stia cambiando.

L’analisi esplora anche forze socio-politiche più ampie. Ad esempio, i responsabili delle politiche nei paesi che costruiscono nuovi impianti, vengono visti agire secondo una mentalità “stop rule” in cui si prendono decisioni “non appena emerge un’opzione minimamente accettabile”. In questi casi, ciò significa finanziamenti cinesi prontamente disponibili e tecnologia economica che aiuta a fornire una soluzione alla domanda in rapida crescita.

LA BELT AND ROAD INITIATIVE POTREBBE SBLOCCARE I MERCATI DELL’ENERGIA PULITA

L’iniziativa cinese Belt & Road potrebbe fare di più per sbloccare i mercati delle tecnologie cinesi per l’energia pulita e al tempo stesso soddisfare le esigenze dei paesi in via di sviluppo in modo rispettoso del clima, evidenzia ancora il report, come si può leggere su Axios.

Ma questo accadrà solo se i paesi “eserciteranno più libertà di azione e/o se le politiche di investimento cinesi all’estero cambieranno”, sostiene il documento.

L’EFFETTO BIDEN

In questo contesto si prepara ad arrivare l’amministrazione Biden. Secondo il Financial Times, il Presidente eletto Joe Biden ha “indicato la Cina responsabile degli investimenti nel settore del carbone attraverso il suo programma Belt and Road”.

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