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Idrogeno

Chi sono le aziende che animano le Hydrogen Valley in Italia

Le Hydrogen Valley italiane: dalla Lombardia alla Puglia. Tutti i dettagli e i nomi delle aziende promotrici dei progetti

 

La transizione ecologica italiana ed europea passa anche dalla diffusione della tecnologia legata all’idrogeno. Nel 2020 la Commissione Europea ha pubblicato la strategia sull’idrogeno e ha reso la produzione sostenibile di H2 una priorità di investimento all’interno del piano Next Generation Europe. L’Italia nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR) ha stanziato 3,2 miliardi di euro per la ricerca, la sperimentazione, la produzione e l’utilizzo di H2.

Come si produce l’idrogeno

L’idrogeno è un vettore energetico, consente cioè di immagazzinare l’energia che può poi essere erogata in diverse forme, come l’elettricità o la combustione. L’idrogeno, però, non è presente in natura come elemento isolato ma va prodotto estraendolo dal gas naturale o dall’acqua. Nel primo caso si parlerà di steam reforming, nel secondo di elettrolisi.

Idrogeno da gas naturale: grigio o blu

Lo steam reforming è il processo più diffuso per la produzione di idrogeno a scopo industriale. Attraverso una particolare tecnologia si combina il gas naturale, le cui molecole contengono carbonio e idrogeno, con il vapore acqueo ad elevate temperature ottenendo idrogeno e anidride carbonica separati. L’idrogeno non genera gas serra, mentre la CO₂ generata nel processo produttivo o è liberata in aria oppure è catturata e stoccata. Nel primo caso l’idrogeno è detto “grey hydrogen” e le emissioni di anidride carbonica associate al processo produttivo sono pari sostanzialmente a quelle della combustione del gas naturale. Nel secondo caso l’idrogeno è detto “blue hydrogen” e le emissioni di anidride carbonica associate sono molto basse o nulle.

L’idrogeno verde dell’elettrolisi

L’idrogeno è prodotto anche dall’elettrolisi dell’acqua. In questo processo il passaggio di corrente elettrica nell’acqua (H₂O) causa la scomposizione della sua molecola in ossigeno e idrogeno allo stato gassoso. In questo caso non si genera anidride carbonica nel processo produttivo dell’idrogeno. Ma se l’energia elettrica utilizzata è generata dalla combustione di fonti fossili, l’emissione di CO₂ si sposta a monte e la filiera del processo che genera idrogeno non è a emissioni zero. Solo se l’anidride carbonica prodotta dalla generazione elettrica è catturata e stoccata o se l’energia elettrica utilizzata è prodotta da fonti rinnovabili come l’eolico o il solare, le emissioni complessive scendono a zero. In questo ultimo caso si parla di “green hydrogen”.

Il paradosso dell’idrogeno

Nel 95% dei casi per portare a termine un processo di elettrolisi viene utilizzata energia da fonti fossili. Abbiamo dunque solo il 5% di idrogeno verde, cioè prodotto utilizzando fonti rinnovabili. Così l’idrogeno vive del paradosso di essere una fonte green prodotta in maniera non ecologicamente sostenibile.

Grigio, blu e verde: i diversi costi dell’idrogeno

Il prezzo dell’idrogeno varia in base al suo impatto ambientale. Secondo una stima di BloombergNEF l’idrogeno grigio costa 1,5 dollari al chilo, contro i 2-2,5 dollari al chilo dell’idrogeno blu, mentre per il verde si arriva a 3,5-5 dollari. Entro il 2030 l’idrogeno “grigio” potrebbe diventare meno competitivo rispetto al “verde”, soprattutto nei paesi dove si sarà investito nella nuova tecnologia, perché i costi degli idrocarburi, a partire dal gas, diventeranno sempre più volatili. Entro il 2030 il costo per produrre un chilogrammo di idrogeno verde dovrebbe scendere al di sotto di 2 dollari e al di sotto di 1 dollaro entro il 2050.

Cosa sono le Hydrogen Valley

Per questa ragione stanno nascendo in tutta Europa le cosiddette “Hydrogen Valleys”, dei progetti per creare delle filiere dell’idrogeno che combinino produzione, infrastruttura e utilizzo in un’unica regione. In Europa ci sono poco più di 20 progetti di Hydrogen Valleys e altri due nel Regno Unito. Questi progetti, una volta maturati, mirano a formare piccoli incubatori di idrogeno che potrebbero fungere da trampolini di lancio verso un’economia dell’idrogeno a livello europeo. Sono progetti che hanno bisogno di tempo per essere sviluppati, ma potrebbero godere di un’accelerazione grazie ai fondi europei, a partire dal Next Generation Eu, a cui si aggiungono gli investimenti dei singoli governi e i fondi privati.

Strategia Nazione Idrogeno: entro il 2050 il 20% dell’energia arriverà dall’ idrogeno

Il Governo italiano assegna all’idrogeno un ruolo importante nei piani di transizione ecologica, e ha fissato obiettivi ambiziosi per lo sviluppo e l’applicazione di questo elemento entro il 2030. Il Governo italiano ha posto come obiettivo nella sua Strategia Nazionale Idrogeno, presentata dal ministero dello Sviluppo sostenibile, una penetrazione dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 e fino al 20% entro il 2050.

Le Hydrogen Valley italiane: dalla Lombardia alla Puglia

Anche in Italia sono presenti Hydrogen Valley. Un progetto già operativo si trova in Lombardia e riguarda i trasporti ferroviari. Il piano H2iseO lanciato da FerrovieNordMilano e Trenord (che vede la collaborazione di Enel Green Power, Snam e A2a) punta a riconvertire la ferrovia della Valcamonica. “Il progetto H2Iseo di Trenord e Gruppo FNM, che prevede già nel 2024 l’ingresso in servizio dei primi treni a idrogeno sui 100km non elettrificati della linea Brescia-Iseo-Edolo – ha detto Marco Piuri, amministratore delegato di Trenord e direttore generale di FNM -, farà della mobilità il traino del processo di transizione energetica ed ecologica dando vita a una filiera dell’idrogeno in questa che diventerà la prima Hydrogen Valley italiana”.

Il primo incubatore dell’Enea alle porte di Roma

Alle porte di Roma sarà realizzato il primo incubatore tecnologico per lo sviluppo della filiera nazionale dell’idrogeno. Il progetto sarà curato dall’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) presso il Centro ricerche di Casaccia.  L’obiettivo del piano, da 14 milioni di euro, prevede la realizzazione della prima Hydrogen Valley italiana da cui partirà la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi. Con il centro ricerche di Casaccia collaboreranno anche università, istituti di ricerca, associazioni e imprese. “Si tratta di una piattaforma polifunzionale, inclusiva – dice Giorgio Graditi, direttore del dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’Enea e rappresentante dell’agenzia di ricerca all’interno della European Clean Hydrogen Alliance -, in cui ci occuperemo di idrogeno a 360 gradi, per accelerare ricerca e innovazione e mettere a disposizione dell’industria infrastrutture hi-tech per arrivare a colmare il gap fra scala di laboratorio e industriale”. Il progetto è finanziato dai fondi Mission Innovation (iniziativa globale alla quale partecipano 24 paesi e la Commissione europea con l’obiettivo di accelerare l’innovazione nel campo dell’energia pulita, per affrontare i cambiamenti climatici) e prevede la realizzazione di un insieme di infrastrutture hi-tech per la ricerca e la sperimentazione lungo tutta la filiera dell’idrogeno.

Hydrogen Valley in Puglia e Sicilia

Anche il mezzogiorno d’Italia è interessato dalla transizione dall’idrogeno. In Puglia, saranno Edison e Snam, insieme a Saipem e Alboran a dare vita al progetto “Puglia Green Hydrogen Valley“ per la realizzazione di tre impianti di produzione di idrogeno (per complessivi 220 Mw) e alimentati da una generazione fotovoltaica per una potenza totale di 380 Mw nella aree di Brindisi, Taranto e Cerignola (FG). Secondo le prime stime a regime le tre strutture potranno creare fino a 300 milioni di metri cubi di idrogeno rinnovabile all’anno. L’idrogeno prodotto nei tre siti arriverà all’industria anche attraverso l’iniezione – o blending – dell’idrogeno nella rete gas locale di Snam e sarà anche impiegato per la mobilità sostenibile. Infine, in Sicilia, infine, la Regione punta alla creazione di un Centro nazionale di alta tecnologia dell’idrogeno, attraverso la collaborazione tra Regione siciliana, università e grandi player, quali i poli di Siracusa, Milazzo e Gela. 

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