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Che cosa può fare l’Italia per le sue Ferrari del settore industriale-energetico

Il post di Gianni Bessi Il Festival dell’energia di Milano è un’occasione unica di confronto su alcuni temi strategici del settore: nel mio intervento ho cercato di sintetizzare alcuni concetti che a mio parere vanno affrontati se si intende davvero parlare di sviluppo del nostro Paese. E ho iniziato tentando di spiegare che ogni nuovo e…

Il Festival dell’energia di Milano è un’occasione unica di confronto su alcuni temi strategici del settore: nel mio intervento ho cercato di sintetizzare alcuni concetti che a mio parere vanno affrontati se si intende davvero parlare di sviluppo del nostro Paese. E ho iniziato tentando di spiegare che ogni nuovo e originale slancio verso lo sviluppo, pur dovendo per forza misurarsi con la competizione globale, cioè con il nostro sistema economico di riferimento, deve però prevedere alcune differenze di approccio rispetto al passato. E la più importante è che non va solo costruito sulle performance o sulle competenze generate dai sistemi paese, ma anche sulla loro credibilità e sulla creazione di consenso diffuso, universale, su questa credibilità. Insomma, il consenso sulla credibilità è parte del processo per progettare il futuro di ogni territorio.

La domanda su cui mi sono confrontato con altri relatori, e alla quale ho cercato di rispondere partendo dal concetto che ho appena espresso, era questa: ‘Cambia il modo con cui cittadini e imprese si rapporteranno per progettare il futuro del territorio: nuove regole, nuove consapevolezze, nuovo slancio allo sviluppo?’ Riprendendo il tema, ho insistito sul fatto che il concetto di costruire consenso universale sulla credibilità diventa un fattore competitivo insostituibile, in grado di qualificare qualsiasi brand, che sia un Paese, un territorio o un’azienda. E che non basta sostenerlo con le sole nuove regole, con l’analisi di clima interno o con gli investimenti che producono lavoro, perché serve innanzitutto un riconoscimento reciproco dell’azienda e del Paese/territorio: insomma, l’azienda deve riconoscersi nel proprio Paese-territorio e il Paese-territorio deve identificarsi nelle proprie aziende.

Per chiarire l’idea ho utilizzato un esempio prestigioso e di successo, la Ferrari. La rossa di Maranello non solo commercializza un prodotto di eccellenza, non è solo un prodotto della capacità di lavorare in un settore ma è l’essenza stessa dei saperi sedimentati nella nostra storia e dell’intelligenza per trasformarli in prodotti unici. Parlare della Ferrari mi ha richiamato alla mente una delle frasi che si trovano in un intervento di Raul Gardini su un numero di “Mondo Economico” del 1989. È uno dei pensieri di Gardini che preferisco e si collegava a quello che stavo cercando di approfondire: «I problemi sempre più complessi che il mondo di oggi presenta non possono essere più risolti solo attraverso uno sviluppo settoriale delle risorse scientifiche e tecnologiche. Cresce l’esigenza di soluzioni globali, di risposte ai bisogni dell’uomo che non siano esse stesse causa di ulteriori squilibri economici, sociali o ambientali, ma sappiamo fondere il patrimonio di esperienze e conoscenze proprio di ogni particolare ambito produttivo».

Alla fine, ho sottolineato che forse non c’è  niente da scoprire, ma solo da recuperare le idee che sanno resistere al tempo. Il consenso della credibilità, la Ferrari, Gardini in fondo sono esempi di quanto sia fondamentale il concetto di competenza. E proprio le competenze che possediamo, e che dovremmo valorizzare e perfezionare, sono state uno degli spunti che mi hanno convinto a scrivere un libro, Gas naturale, l’energia di domani in cui tento di mettere in fila i temi che stanno alla base dello sviluppo di un settore, quello industriale-energetico, che per noi è cruciale e su cui dovremo costruire il nostro futuro.

Per questo nel mio intervento ho insistito perché il consenso sulla credibilità diventi l’elemento intangibile fondamentale delle scelte strategiche per il nuovo slancio allo sviluppo di ogni territorio e, in generale, del nostro sistema Paese. E questo deve avvenire con una presa di coscienza che riguardi tutti i soggetti politici, sociali, economici, ecc. la mia conclusione è stata che il passo successivo dovrebbe condurre tutto il Paese a condividere questo patrimonio in senso totale, olistico appunto. Andando oltre il numero dei lavoratori, gli investimenti in Italia, il dividendo, l’indotto, ecc. di uno specifico settore economico. La domanda che ci dobbiamo porre, finalmente, è cosa l’Italia può fare per le sue Ferrari del settore industriale-energetico e, reciprocamente, cosa queste Ferrari possono fare per il Paese.

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