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Nord Stream

Attentato al gasdotto Nord Stream 2, i tedeschi sono quasi certi della traccia ucraina

Il punto sulle indagini sull'attentato al Nord Stream 2: i tedeschi sono ormai quasi certi della traccia ucraina. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

Tutte le tracce portano a Kiev. Uno dei misteri collaterali alla guerra in ucraina, quello dell’attentato ai tubi dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, comincia ad avere qualche contorno più chiaro. Almeno stando a quello che è trapelato negli ultimi giorni sulla stampa tedesca.

L’ultimo tassello riguarda una perquisizione effettuata dalla polizia a Francoforte sull’Oder, la cittadina nel Brandeburgo orientale al confine con la Polonia. Secondo quanto riportato da diversi quotidiani, l’Ufficio federale di polizia criminale ha identificato una donna come testimone e ha perquisito il suo appartamento nella città brandeburghese poco prima del 25 maggio. Dopo la pubblicazione dell’indiscrezione, il procuratore generale federale è stato costretto a confermare la notizia.

La donna sarebbe l’ex compagna di un ucraino, ora sospettato di essere coinvolto nell’attacco ai gasdotti russo-tedeschi. Gli agenti hanno sequestrato il telefono cellulare della donna prelevato un campione di DNA dal figlio che la donna ha avuto assieme all’ex compagno ucraino. Sull’età del figlio non si hanno informazioni. Il campione prelevato sarà ora confrontato con una traccia di DNA trovata sulla barca a vela “Andromeda”. Il sospettato sarebbe un membro delle forze armate ucraine e starebbe partecipando a operazioni di combattimento in loco.
Secondo i sospetti dei servizi tedeschi, naturalmente ancora al vaglio degli investigatori, l’ucraino coinvolto avrebbe fatto parte di un gruppo di sei persone che ha affittato con passaporti falsi la barca “Andromeda” e ha piazzato inosservato ordigni esplosivi in acqua, alla profondità di 80 metri all’altezza dei tubi del gasdotto.

Il settimanale Spiegel aveva pubblicato la scorsa settimana una sua ricostruzione attingendo a fonti investigative, sottolineando come “nelle indagini sugli attentati con esplosivi ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico, ci sono sempre più indicazioni che gli autori siano ucraini”.

I metadati di un’e-mail inviata al momento del noleggio della barca a vela “Andromeda”, presumibilmente utilizzata per trasportare gli esplosivi, porterebbero all’Ucraina, scriveva lo Spiegel, aggiungendo che i resti di un esplosivo subacqueo erano stati trovati sparsi su un’ampia superficie nella cabina della nave. Si tratterebbe di octogene, un esplosivo ampiamente utilizzato sia in Occidente che nell’ex blocco orientale.

“Le tracce trovate dall’Ufficio federale di polizia criminale coincidono con le stime di diversi servizi di intelligence, secondo i quali gli autori sarebbero da localizzare in Ucraina”, proseguiva l’articolo del settimanale amburghese, “e nel frattempo, ci si chiede se il crimine possa essere stato compiuto da un commando incontrollato o dai servizi segreti ucraini, e in che misura parti dell’apparato governativo ucraino possano essere state coinvolte”.

Ulteriori indizi che puntano in direzione dell’Ucraina sarebbero i proprietari ucraini di una società polacca che sarebbe stata coinvolta nel noleggio della nave. Inoltre, c’è una foto su documenti presumibilmente falsificati che porta a un profilo ucraino sui social media. Persone che hanno familiarità con la questione hanno recentemente espresso dubbi interni sul fatto che questa prova debba essere considerata una pista calda. La Procura federale non ha voluto commentare, facendo riferimento alle indagini in corso.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da parte sua, ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento dell’Ucraina negli attacchi. Le esplosioni ai gasdotti erano avvenute alla fine di settembre dello scorso anno nei pressi dell’isola di Bornholm. Erano state interrotte due stringhe di Nord Stream 1 e una di Nord Stream 2, bloccando forse anche in maniera definitiva qualsiasi legame energetico fra la Russia e la Germania. Le indagini sono apparse da subito complicate per la fitta rete di mistero che ha avvolto l’operazione e le varie parti si sono rigettate reciprocamente la responsabilità dell’attentato. A novembre le autorità di sicurezza svedesi avevano stabilito ufficialmente che si trattava di un caso di grave sabotaggio, senza tuttavia indicare alcuna traccia sui responsabili.

La questione resta tuttavia calda nei rapporti diplomatici fra i paesi coinvolti, direttamente o indirettamente, e lo sfondo della guerra russo-ucraina tende ad accentuare le tensioni. Pochi giorni fa il ministero degli Esteri russo ha convocato gli ambasciatori di Germania, Danimarca e Svezia, rispettivamente Geza Andreas von Geyr, Jakob Henningsen e Malena Mard, per protesta verso il rifiuto dei loro paesi di presentare i risultati delle indagini sui sabotaggi dei gasdotti Nord Stream.

La parte russa ha evidenziato la mancanza di interesse di Germania, Danimarca e Svezia nello stabilire le vere circostanze dell’accaduto. “Al contrario, le loro azioni fanno chiaramente perdere del tempo nel tentativo di nascondere le tracce e i veri autori del crimine”, ha sottolineato il ministero russo con una nota, ribadendo che Mosca continuerà a esortare le autorità di questi paesi a condurre una “indagine oggettiva e completa sui sabotaggi”, coinvolgendo anche la Russia che finora è stata volutamente esclusa da una cooperazione sulle indagini.

Espulsioni di personale diplomatico sono ormai divenute una costante nei rapporti fra Berlino e Mosca: tra azioni e reazioni nelle ultime settimane tra i due paesi il traffico di rientro è stato piuttosto affollato, anche se spesso tenuto dietro una cortina di riservatezza.

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