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Golfo

Come l’Arabia Saudita si prepara all’era post-petrolio

Più rinnovabili e prodotti petrolchimici, meno Saudi Aramco e più servizi logistici per attirare investimenti esteri: ecco come il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, vuole trasformare Riad. Articolo di Giusy Caretto Ogni anno, dal porto di Ras Tanura, sulle acque del Golfo Persico, partono migliaia di navi che trasportano quello che fino ad oggi…

Ogni anno, dal porto di Ras Tanura, sulle acque del Golfo Persico, partono migliaia di navi che trasportano quello che fino ad oggi ha rappresentato la ricchezza dell’Arabia Saudita: il petrolio. Il regno rappresenta quasi un sesto delle esportazioni mondiali di greggio e Saudi Aramco, gigante petrolifero statale, ha trasformato l’Arabia Saudita in una potenza regionale, costruendo scuole, strade, ospedali e molte altre infrastrutture che cingono la società.

Con i prezzi del petrolio che non sono più quelli di una volta e un mercato che cambia a causa delle numerose scorte di greggio, il regno è costretto ad arrendersi ad una prossima evoluzione, che non vede più nel petrolio la ricchezza principale. Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, ha svelato Vision 2030, un piano che dovrebbe liberare l’economia dell’Arabia dalla sua dipendenza dal greggio.

VISION 2030

Con “Arabia vision 2030” è prevista la concentrazione dei vari fondi di investimento sauditi in un unico Fondo sovrano con un capitale di 2.500 miliardi di dollari, il cui obiettivo sarà quello di possedere il 3 per cento di partecipazioni dei principali Fondi di investimento internazionali. Il provvedimento prevede una lunga serie di progetti per “ boom economico”, “società vitale” e “il paese e le sue ambizioni” (questi i tre capitoli principali su cui si basa Vision 2030) per svezzare il paese dal petrolio.

In campo energetico Riad investirà sulle fonti alternative e rinnovabili, sviluppando anche risorse minerarie presenti sul territorio come oro, fosfato e uranio. Tra gli altri obiettivi: aumentare le esportazioni di prodotti non petroliferi, sviluppare anche i servizi logistici per attirare investimenti esteri per diventare hub regionale, modernizzazione delle istituzioni, con un alto impiego della tecnologia digitale per rendere maggiormente efficienti la burocrazia

LA QUOTAZIONE DI SAUDI ARAMCO

Gran parte delle risorse per vision 2030 verranno tratte dalla vendita del 5 per cento della Compagnia statale petrolifera Aramco, la più importante azienda energetica al mondo, ad oggi di fatto di totale proprietà della Corona. L’offerta pubblica di Saudi Aramco è quella più attesa dei prossimi mesi e, secondo le stime del principe, la società può valere 2 trilioni di dollari.

Se è vero che una quotazione porterebbe nelle casse dello Stato un bel gruzzoletto, è anche vero che questo passo, esporrebbe la società a forze esterne, una posizione compromettente, scrive il New York Times, per una bestia politica con un’influenza potente sui prezzi alla pompa.

SI PUNTA SU PRODUZIONE PETROLCHIMICI

Se meno greggio dovrà essere la parola d’ordine, Aramco si sta già adattando: la società, infatti, sta costruendo vaste nuove strutture che trasformeranno il greggio in prodotti petrolchimici più redditizi, mentre punta anche sul gas.

Non solo. Aramco ha avviato una collaborazione con Google per far nascere nel Regno diversi centri dati per sviluppare funzionalità di analisi dei dati e cloud computing.

ARAMCO PERDE DOMINIO?

Certo, la questione non è semplice. L’offerta pubblica iniziale attirerà l’attenzione su una società i cui meccanismi interni sono stati a lungo tenuti nascosti. La pressione degli investitori, unita a un Principe che ha fretta di trasformare il suo paese, potrebbe mettere a repentaglio l’approccio a lungo termine che ha reso Aramco una forza dominante.

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