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Multe Antitrust Meta Siae

Perché Eni e Antitrust bisticciano

Tutti i dettagli sul botta e risposta tra Antitrust ed Eni per la pubblicità del gasolio Diesel+

Pubblicità ingannevole. É con questa accusa che Eni finisce sul banco degli imputati dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il colosso dell’Oil&gas, nella campagna promozionale che ha riguardato il carburante Eni Diesel+, ha utilizzato termini che hanno ingannato l’utente sull’impatto ambientale connesso all’utilizzo del carburante e sulle caratteristiche di questo in termini di risparmio dei consumi e di riduzioni delle emissioni gassose, secondo l’Antitrust sulla base del Codice del consumo (Uui il testo del provvedimento Agcm). Ma Eni ribatte: il gruppo ritiene che “nel caso del prodotto Eni Diesel + l’Autorità abbia chiaramente sbagliato obiettivo”, riservandosi “di valutare le motivazioni del provvedimento ai fini della sua impugnativa al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio”.

Ecco i dettagli del botta e risposta emerso pubblicamente oggi tra l’authority e il gruppo capitanato dall’amministratore delegato, Claudio Descalzi dopo il provvedimento comunicato dal Garante.

LA SEGNALAZIONE

Partiamo dal principio. A segnalare le pratiche commerciali scorrette della società attiva nella produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione dei derivati del petrolio e gas naturale (fatturato nel 2018 di circa 32 miliardi di euro e un utile di circa 3 miliardi di euro) sono state le associazioni Movimento Difesa del Cittadino e Legambiente e la federazione European Federation for Transport and Environment AISBL.

IL GREEN DIESEL

Come spiega l’Agcm, la pratica riguarda la diffusione di “messaggi pubblicitari e materiale informativo per la promozione del proprio carburante “Eni Diesel+”” che non corrispondo al vero, traendo in inganno il l’utente finale sul prodotto acquistato e le sue potenzialità.

LA MULTA

A Eni è stata comminata una sanzione di 5 milioni di euro, perché la “pratica commerciale scorretta è da considerarsi grave, anche in quanto la campagna pubblicitaria riguardante Eni Diesel+ si è articolata nella diffusione di messaggi, con una spesa di alcuni milioni di euro, attraverso stampa quotidiana e periodica, TV, internet, cinema, radio, affissioni fisse e mobili, allestimento delle stazioni di rifornimento Eni Station e brochure distribuite presso le stesse stazioni di rifornimento”.

I MESSAGGI DI ENI

Nei messaggi diffusi in Tv, sul proprio sito e sulle piattaforme social, come Youtube, la società di Oil&Gas ha utilizzato, secondo l’Antitrust, “in maniera suggestiva la denominazione “Green Diesel”, le qualifiche “componente green” e “componente rinnovabile”, e altri claim di tutela dell’ambiente, quali “aiuta a proteggere l’ambiente. E usandolo lo fai anche tu, grazie a una significativa riduzione delle emissioni”, sebbene il prodotto sia un gasolio per autotrazione che per sua natura è altamente inquinante e non può essere considerato “green””.

LA VIOLAZIONE

Tali messaggi pubblicitari violerebbero, secondo la segnalazione, gli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, dal momento che l’ingannevolezza del messaggio era duplice e riguardava:

  • l’affermazione secondo cui il combustibile Eni Diesel+, senza distinzione derivante dalla categoria di veicoli in cui lo stesso venga utilizzato, assicurerebbe “fino a1 40%” di riduzione delle emissioni gassose e in media del 5% di CO2;
  • l’affermazione secondo cui il combustibile Eni Diesel+ assicurerebbe “fino al 14%” di riduzione dei consumi;
  • i claims “green/componente green”, “rinnovabile” “aiuta a proteggere l’ambiente”;
  • l’attribuzione in maniera significativa delle caratteristiche positive vantate per il prodotto alla componente definita “green” dello stesso

IL GASOLIO DI ENI

Oggetto dell’inchiesta è Eni Diesel+, un gasolio ottenuto miscelando un 85% di gasolio minerale (o petrodiesel) con un 15% di gasolio di origine vegetale, che Eni definisce “Green Diesel” e che è ottenuto da olio di palma e da olii esausti lavorati da grassi vegetali attraverso un processo di “idrogenazione” nella raffineria di Venezia (“HVO – Hydrotreated Vegetable Oil”).

“La denominazione “Green Diesel” è utilizzata come marchio registrato “Green DieselTM” dal gruppo Honeywell, insieme al quale Eni ha brevettato la tecnologia EcofiningTM, relativa ad un processo di “idrogenazione” con cui è possibile lavorare anche materiali di scarto con la medesima resa delle materie prime vergini”, spiega anche l’Antitrust.

LE DIFFERENZE CON GLI ALTRI GASOLI

Una percentuale di olii vegetali maggiori alla norma in Eni Diesel+ c’è. Gli altri gasoli in commercio, come evidenzia la stessa Autorità, “sono ottenuti miscelando un 93% di gasolio minerale (o petrodiesel) con un 7% di gasoli di origine vegetale (o biodiesel) ottenuti anch’essi da grassi vegetali, ma con il diverso processo di “transesterificazione” e perciò identificabili con la sigla di uso comune nel settore “FAME – Fatty Acid Methyl Ester”.”

COSA NON VA

Quello che si rimprovera ad Eni, su questo fronte, è la materia utilizzata, ovvero l’olio di palma, un prodotto, che specifica l’Antitrust “risulta essere stato oggetto di preoccupazione sotto il punto di vista dell’effetto che lo stesso ha in termini di cambiamento della destinazione dei terreni”.

“A tale riguardo – aggiunge l’Autorità – le associazioni segnalanti hanno prodotto la relazione della Corte dei conti dell’Unione europea n. 18/201618 sul sistema per la certificazione dei biocarburanti sostenibili dell’Unione europea, con la quale la stessa Corte ha concluso che il riconoscimento dei sistemi volontari di certificazione da parte della Commissione, limitato ai requisiti di verifica obbligatoria stabiliti dalla direttiva sulle energie rinnovabili, non garantisce la sostenibilità dei biocarburanti certificati e che il sistema dell’UNIONE EUROPEA per la certificazione della sostenibilità dei biocarburanti non è pienamente affidabile, fra l’altro, in quanto la valutazione non riguarda l’impatto dei cambiamenti indiretti di destinazione dei terreni (ILUC) sulla sostenibilità dei biocarburanti.”

LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI

Eni, associazioni e Antitrust non si trovano d’accordo nemmeno sulla questione della riduzione delle emissioni che porterebbe l’utilizzo di questo gasolio green. La società di Oil&Gas pubblicizza il raggiungimento del 40% di minori emissioni, in base a test condotti, presso i propri laboratori con la supervisione del CNR, o presso le sale prova di quest’ultimo, secondo la metodologia NEDC19, volti a misurare le tre emissioni gassose tipiche dei motori a combustione, HC (idrocarburi incombusti), CO (monossido di carbonio) e NOx (ossido di azoto), con rilevazioni effettuate allo scarico.

Per i test il Cane a sei zampe avrebbe selezionato, d’intesa con il CNR, un campione di veicoli composto da vetture Euro 4, Euro 5 ed Euro 6, considerando che tali tre classi coprono la maggior parte – quasi il 75% nel 2018 – del parco auto circolante.

LE EVIDENZE DI AGCM

Le percentuali vantate, però, si discostano dalle risultanze effettive. “Dal documento del CNR Istituto Motori depositato da ENI – si legge nel Testo del provvedimento Agcm – si evince che, confrontando le emissioni di Eni Diesel+ con quelle di altri gasoli commerciali, non si sono ottenuti significativi risultati per le emissioni di NOx, e che anche i risultati relativi alle variazioni di CO e HC indicati nella seguente tabella, che il CNR considera significativi, sono molto differenti fra i quattro modelli di vettura utilizzati”.

LA RIDUZIONE DEI CONSUMI

Per Eni, la riduzione dei consumi (fino al 4% delle lunghe percorrenze) si deve all’effetto combinato degli additivi detergenti e della componente HVO. A sostegno di queste affermazioni, Eni ha presentato all’Antitrust un documento del laboratorio spagnolo indipendente IDIADA, datato 7 gennaio 2009, che riporta i dettagli e i risultati delle prove di percorrenza svolte sul proprio prodotto Eni BluDiesel Tech. Stessi risultati, sostiene Eni, si otterrebbero con Eni Diesel+, poiché la natura chimico fisica del gasolio è la stessa. Solo una percentuale delle riduzioni vantate sarebbe stata confermata dal CNR.

LA CONCLUSIONE DELL’AUTORITA’

L’Antitrust, con parere pervenuto in data 18 dicembre 2019, ha rilevato che, “con riferimento al caso di specie, il consumatore medio potrebbe essere stato condizionato all’acquisto dei prodotti dalla presenza di messaggi pubblicitari e l’efficacia di tali messaggi potrebbe essere stata amplificata dalla contemporanea diffusione sulla rete radiofonica e televisiva, sui quotidiani, nonché in Rete, per loro natura mezzi di comunicazione di immediata percezione e impatto”, ritenendo che “pertanto, allo stato della documentazione in atti, nel caso di specie i mezzi di comunicazione utilizzati siano strumenti idonei a influenzare significativamente la realizzazione della pratica commerciale rispetto alla quale è stato richiesto il parere”.

LA REPLICA DELL’ENI

Eni non ci sta, però, e ritiene che “nel caso del prodotto Eni Diesel + l’Autorità abbia chiaramente sbagliato obiettivo”, riservandosi “di valutare le motivazioni del provvedimento ai fini della sua impugnativa al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio”.

LA SORPRESA DI ENI

La società si dice sorpresa della decisione dell’Autorità, dal momento che “ritiene infatti di aver illustrato nel corso del procedimento le ragioni per cui le contestazioni mosse dagli Uffici dell’Autorità devono considerarsi infondate e di aver presentato alcune decisive evidenze che confermano la correttezza metodologica e informativa della propria comunicazione commerciale”.

COME ENI RIBATTE AL GARANTE

“In primo luogo, quanto ai rilievi sollevati circa la caratterizzazione del prodotto Diesel+ come “Green”, Eni ribadisce che il tratto distintivo del prodotto Diesel+ è la sua componente HVO (Hydrotreated vegetable oil) che, grazie a un rivoluzionario processo di idrogenazione degli oli vegetali, frutto degli sforzi di ricerca e della capacità innovativa dei laboratori Eni, attribuisce al combustibile Diesel+ proprietà assolutamente uniche sotto il profilo ambientale”, spiega la società in una nota.

I DETTAGLI DELLA NOTA ENI

“Le caratteristiche chimico-fisiche del bio-componente HVO – aggiunge la società -ne aumentano la compatibilità con il gasolio fossile e consentono al carburante Eni Diesel+ di essere l’unico prodotto disponibile a livello nazionale contenente il 15% di componenti rinnovabili, a fronte del limite tecnico di miscelazione del 7% (c.d. blending wall), che caratterizza gli altri carburanti, e che, ove superato, potrebbe compromettere lo stesso funzionamento dei veicoli. Peraltro, per la produzione della componente HVO, Eni utilizza solo basi rinnovabili certificate come “sostenibili” dai più autorevoli schemi di certificazione riconosciuti a livello europeo. E una componente rinnovabile è definita “sostenibile” dalla normativa solo se garantisce una riduzione delle emissioni climalteranti (CO2) almeno pari al 50% rispetto alla componente fossile. È di intuitiva evidenza come la possibilità di sostituire la componente fossile con una maggiore percentuale di componente rinnovabile sia di per sé una soluzione in grado di abbattere l’impatto ambientale del carburante”.

E ancora: “Quanto ai rilievi sulle descrizioni prestazionali del Diesel+ di Eni – continua la società di Oil&gas – i test di performance in sede di utilizzo dei veicoli sono stati condotti dal centro di rilevazione più accreditato a livello nazionale, ossia il CNR – Istituto Nazionale Motori, e tali test hanno confermato come l’Eni Diesel +, anche in fase di utilizzo da parte dei consumatori, comporti una significativa riduzione dei consumi e delle emissioni gassose inquinanti misurate allo scarico, a conferma che tutti i benefici rivendicati sono effettivi e documentati”.

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