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Acciaio Ucraina

Ecco perché le politiche della Ue sul clima faranno impennare l’acciaio

Estratto dal libro "Materia rara. Come la pandemia e il green deal hanno stravolto il mercato delle materie prime" (Guerini e Associati, 2021) di Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity.

 

Due sono gli elementi cardine su cui ruota la proposta della Commissione di Bruxelles: da un lato lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 e dall’altro la riforma del sistema ETS (Emission Trade System), il sistema europeo di scambio dei permessi di emissione. Oltre a prevederne l’estensione della sua applicazione a nuovi settori (aviazione civile, settore marittimo, trasporti stradali ed edilizia), l’ambizione di Bruxelles è quella di istituire una carbon import tax, battezzata CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism): una «tassa», dunque, sul contenuto di CO2 dei prodotti importati appartenenti ai settori a più alte emissioni per tutelare l’industria europea dalla concorrenza di economie con norme sul clima meno stringenti.

Il meccanismo dovrebbe essere operativo dal 2026 e riguardare settori come ferro e acciaio, cemento, elettricità, alluminio e fertilizzanti. L’intento è quello di garantire che le riduzioni delle emissioni europee contribuiscano a un calo delle emissioni globali, invece di spingere la produzione ad alta intensità di carbonio al di fuori dell’Europa (carbon leakage), nonché a incoraggiare l’industria al di fuori della UE e i partner internazionali a compiere passi nella stessa direzione.

L’introduzione della CBAM andrà di pari passo con la graduale riduzione a partire dal 2026 delle quote di emissione gratuite ricevute dai settori fino alla totale cancellazione nel 2035. La proposta della UE abbassa il limite di emissione dei certificati di CO2, porta la riduzione annuale dal 2,2% al 4,2% ed estende il piano al comparto della logistica. La dinamica rappresenta un driver rialzista di lungo termine per i costi dell’acciaio nel mercato europeo. Non godendo più delle quote gratuite di allocazione, le acciaierie scaricheranno infatti sui clienti l’incremento dei costi produttivi che a un prezzo attuale di 50 euro la tonnellata delle emissioni sul mercato ETS corrisponde oggi a incremento strutturale di 100 euro la tonnellata, tenendo conto che per produrre 1 tonnellata di acciaio sono necessarie 2 tonnellate di CO2.

Tuttavia, come abbiamo già evidenziato, il fine ultimo della UE è quello di portare il prezzo della CO2 intorno ai 100 euro per incentivare il passaggio dalla produzione di acciaio legata al carbone e gas naturale verso quella a idrogeno. Pertanto è lecito ipotizzare un incremento strutturale medio dei prezzi degli acciai di 200 euro la tonnellata. Il che equivale a circa il 20% di incremento rispetto al prezzo attuale dell’HRC a 1100 euro la tonnellata.

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