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Abbandono Rifiuti

Rifiuti abbandonati, quali sono le sanzioni?

L'intervento dell'Avv. Stefano Palmisano

 

Capita che vai a camminare in collina, su un percorso che fai da anni.

Proprio per questo sai già che tipo di paesaggio rurale incontrerai sulla tua strada; che ampiezza di biodiversità devi aspettarti che scorra ai tuoi lati: colline boscose e sacchi formato body bag di spazzatura mista; muretti a secco sotto cui giacciono televisori vintage; fragni maestosi che danno ombra a divani scassati; vallate verdeggianti impreziosite da carcasse di auto bruciate.

Sono quasi quarant’anni che questo ambiente ti rapisce con la sua ricchezza ogni volta che ci torni: in passato per correre, oggi per camminarci.

Lo conosci bene, molto bene; ciononostante, non riesci a non tornarci. O, forse, ci torni proprio per questo.

Ma quello che stavolta ti trovi di fronte sullo sterrato, subito dopo esser uscito da una curva, ti lascia comunque senza fiato: un’autentica barricata di monnezza, di ogni misura e natura, lunga più di tre metri, che ti sbarra letteralmente il cammino e – per proseguire nella rigenerante camminata – ti costringe ad aggirarla entrando nel fondo che costeggia la strada.

Calcinacci e tessuti, elettronica e organico, amianto e plastica: un microcosmo (neanche tanto micro, in verità) di rifiuti. A simboleggiare non tanto la società dello scarto quanto l’analfabetismo diffuso di civiltà; dato che non ci sono particolari ragioni per pensare che spettacoli di questo genere possano essere ammirati solo nelle campagne pugliesi.

LA REPRESSIONE DELLA MICROCRIMINALITÀ AMBIENTALE E I LACCI E LACCIUOLI DEL “TOTEM PRIVACY”

Tutto questo, mentre l’apposita Autorità Garante sanziona con 20mila euro di multa un Comune per aver installato le fototrappole senza rispettare i requisiti di legge. Anche se le fototrappole erano state montate «a solo scopo di dissuasione», in quanto erano prive di scheda e batteria, e perciò non erano effettivamente funzionanti; ossia, senza che lo stesso Comune avesse assunto “atti o provvedimenti prodromici all’avvio delle attività preventive e repressive”.

Provvedimenti amministrativi – come quello in esame – che non possono non far sorgere qualche serio interrogativo sulle conseguenze sociali e ambientali, per non dire sul senso stesso, di quella specie di nuovo feticcio normativo – di derivazione essenzialmente comunitaria – che è la legislazione di tutela della privacy e dintorni.

Un approccio interpretativo – quello in questione – che può finire per configurare la privacy come una sorta di “diritto tiranno”, sottratto a qualsiasi serio bilanciamento con altri diritti; anche quando si tratta di diritti che godono ormai di una espressa e diretta tutela costituzionale, come l’ambiente.

Approccio, peraltro, difficilmente compatibile con lo stesso GDPR che, in un suo “considerando”, sancisce che “il trattamento dei dati personali dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità.”

Insomma, un caso di scuola della degenerazione del concetto di diritto nel fenomeno del “dirittismo”.

ABBANDONO RIFIUTI: L’APPARATO SANZIONATORIO VIRTUALE E LA (MANCATA) TUTELA PENALE

In questo scenario esaltante, in fatto e in diritto, forse è comunque il caso di rammentare a quali sanzioni draconiane, per così dire, va incontro (o almeno potrebbe andare incontro: il condizionale è più che mai d’obbligo, per quanto si evidenziava prima) chi si diverte a ornare il territorio scaricandovi quintali di porcherie d’ogni tipo: sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

In pratica, l’abbandono o il deposito di rifiuti o la loro immissione nelle acque superficiali o sotterranee di regola non è un illecito penale, ma solo amministrativo.

L’abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti diventa reato solo se l’autore – oltre che quella di inquinatore – rivesta la qualità di titolare di impresa o responsabile di enti: in quest’ultimo caso, e solo in questo, scatta la pena: a) dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

Sanzioni sostanzialmente virtuali, che assai raramente comporteranno qualche conseguenza seria per i delinquenti ambientali; anche quelle penali, a causa di una lunga serie di istituti e norme, vecchie o nuove – a partire dall’ovvia prescrizione del reato – che hanno l’effetto concreto di deprivare di fatto la norma penale di qualsiasi effettività e, quindi, di qualsiasi effetto deterrente.

UNA RIFORMA COSTITUZIONALE ANCORA DA ATTUARE

Qualche mese fa è stata introdotta nella Costituzione l’obbligo per la Repubblica – ossia per tutte le articolazioni dello Stato – di tutelare l’ambiente.

Ma questo, evidentemente, non è ancora un Paese per l’ambiente.

Stefano Palmisano, avvocato ambientale

Articolo pubblicato su avvstefanopalmisano.it

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