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Auto Elettrica Jato

Auto elettrica: la Germania ha buoni propositi, ma servono fatti

In Germania, l’auto elettrica resta cosa limitata agli annunci. La maggior parte delle novità presentate a Francoforte riguardano motori a combustione   Il rapido salto verso l’elettromobilità “resta l’obiettivo centrale dell’industria automobilistica tedesca”, ma la politica deve stare al passo con questa ambizione e il nuovo governo che uscirà dalle trattative in corso a Berlino…

In Germania, l’auto elettrica resta cosa limitata agli annunci. La maggior parte delle novità presentate a Francoforte riguardano motori a combustione

 

Il rapido salto verso l’elettromobilità “resta l’obiettivo centrale dell’industria automobilistica tedesca”, ma la politica deve stare al passo con questa ambizione e il nuovo governo che uscirà dalle trattative in corso a Berlino “deve mettere mano alla realizzazione delle infrastrutture necessarie”, magari centralizzando le scelte in un apposito “ministero per il futuro”. È l’appello lanciato in questi giorni dai top manager dell’auto – Dieter Zetsche della Daimler, Matthias Müller della Volkswagen e Harald Krüger della Bmw – gli uomini che guidano il settore più importante dell’industria tedesca, con circa 800 mila addetti e un fatturato vicino ai 450 miliardi. A Stoccarda, nel corso di un vertice organizzato dal quotidiano economico-finanziario Handelsblatt, addetti ed esperti hanno fatto il punto sullo stato e soprattutto sulle prospettive del mondo dell’auto, a due anni dallo scoppio del dieselgate.

auto elettricaLa svolta elettrica, lo scatto verso l’auto a emissioni zero, è infatti la risposta delle tre grandi aziende al dieselgate, lo scandalo della manomissione dei livelli di gas di scarico che ha travolto Volkswagen e lambito altri costruttori, in verità non solo tedeschi. Ma su questi ultimi il ciclone si è abbattuto con più violenza e su di essi al momento pende anche un’indagine della Commissione europea, che sospetta un cartello messo in piedi all’inizio degli anni Novanta fra gli allora cinque grandi gruppi tedeschi (c’erano anche Audi e Porsche, poi acquisiti da Vw): secondo l’accusa, le aziende si sarebbero coordinate almeno dal 1990 ad oggi in molti ambiti riguardanti lo sviluppo di veicoli, i costi, i fornitori, i mercati. Il sospetto è che abbiano concordato anche le tecniche di aggiramento dei limiti per le emissioni di gas di scarico. Di fronte a uno scandalo che non sembra avere fine la necessità di voltare pagina è dunque esiziale. E l’auto elettrica si offre come la nuova frontiera.

A Stoccarda i ceo di Daimler e Volkswagen hanno ribadito i rispettivi piani sull’elettromobilità. Entro il 2025 Zetsche promette di portare sul mercato 25 nuove auto elettriche o ibride con il marchio Daimler, che dovrebbero spaziare dalla piccola city-car Smart per i percorsi urbani a un modello della Mercedes Benz nel segmento delle compatte, nonché un veicolo di punta ibrido, la “S560”.

Più articolata la strategia di Volskwagen: il colosso di Wolfsburg, protagonista del dieselgate, ha bisogno di ricostruire immagine e credibilità internazionale. Il piano, realizzato con il contributo del sindacato interno, si chiama “patto per il futuro” e, a fronte di una serie di licenziamenti che toccheranno 30.000 addetti in tutti gli stabilimenti del mondo, prevede anche investimenti per 3,5 miliardi di euro in elettromobilità e digitalizzazione, i due pilastri su cui Wolfsburg vuol costruire la riscossa. Si parte da 9.000 nuove assunzioni nel settore del software e da una profonda ristrutturazione degli stabilimenti in Germania, nei quali è prevista la produzione delle auto elettriche: 80 nuovi modelli sono l’obiettivo dei prossimi anni. “Siamo decisi a guidare il mercato, non a inseguirlo”, ha detto Müller in un’intervista all’Handelsblatt, “è il più grande programma di riforma della storia di Volkswagen” che renderà l’azienda “più efficiente, produttiva e competitiva”.

Nel frattempo, leader tedesco nell’auto elettrica è la Bmw, che già oggi può vantare nove modelli esclusivamente elettrici tra cui quello di punta “i3”, e che promette entro il 2025 di produrre 25 modelli elettrificati, di cui 12 completamente a batteria.

Ma come notava alla vigilia della fiera IAA svoltasi a settembre a Francoforte il magazine specializzato “Energie und Management”, “la mobilità elettrica resta anche quest’anno limitata agli annunci e la maggior parte delle 363 innovazioni presentate dai costruttori riguarda motori a combustione”. Gli ostacoli per un rapido passaggio all’utilizzo su vasta scala dell’auto elettrica restano molti: fisici e psicologici. I primi riguardano i costi e la carenza di un’adeguata infrastruttura per i rifornimenti. Gli imprenditori chiamano in causa la politica, chiedono al governo un piano fattivo per la realizzazione di una rete di stazioni di ricarico. Dall’esecutivo hanno già ottenuto lo scorso anno il bonus di 4.000 euro (metà del quale a carico dello Stato) per l’acquisto di auto elettriche o a idrogeno: incentivo che, secondo le prime stime, non ha prodotto finora il risultato sperato di aumentare sensibilmente le vendite. Per la creazione della rete di stazioni di ricarico il governo ha previsto il coinvolgimento delle case automobilistiche. BMW, Daimler, Ford Europa e Porsche (in nome dell’intero gruppo VW) hanno appena stipulato una joint venture con sede a Monaco di Baviera, l’European High Power Charging, con l’obiettivo di costruire 400 stazioni di ricarico in tutta Europa. Le prime stazioni sperimentali dovrebbero vedere la luce in pochi mesi.

auto elettricaLa Germania e l’Europa cercano di recuperare il ritardo sull’Asia nella produzione di batterie elettriche, settore che il commissario europeo all’Energia Maros Sefcovic ha definito “il cuore della rivoluzione industriale attuale”. Ma anche questa joint venture tedesco-europea potrebbe essere arrivata troppo tardi. La Süddeutsche Zeitung ha evidenziato come nella produzione di batterie gli asiatici abbiano già realizzato fatti concreti: “Se gruppi come BMW, Daimler o Volkswagen hanno le conoscenze teoriche sufficienti, il vantaggio degli asiatici nel know-how su materiale e produzione è ormai enorme”. E forse incolmabile.

Lo Spiegel ha pubblicato nell’ultimo numero una di quelle storie che spiegano, meglio di ogni discussione, la difficoltà di mettere in pratica i buoni propositi. Il settimanale ha raccontato l’Odissea vissuta dal manager di una famosa casa automobilistica tedesca nel tentativo di allacciare alla rete una presa del proprio garage in grado di ricaricare le batterie della propria auto. La vicenda si è conclusa con la decisione del manager di abbandonare l’impresa.

Il divario fra ambizioni e realtà resta dunque ancora troppo ampio, anche in un Paese come la Germania dove gli annunci di governo e imprese lascerebbero immaginare scenari più ottimistici. E condiziona anche l’opinione degli automobilisti, gli attori che decreteranno alla fine il successo o il fallimento dell’avventura elettrica. Due sondaggi, eseguiti quasi in contemporanea, rendono plasticamente l’idea di un’opinione lacerata: se secondo quello dell’Ufficio federale di statistica il 55% dei tedeschi può immaginarsi di acquistare oggi un auto elettrica, secondo una ricerca del GfK (il maggior istituto di analisi di mercato) solo il 5% ha davvero preso in considerazione l’ipotesi di acquistarla come prossima automobile. Nonostante gli incentivi.

Pierluigi Mennitti

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