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Bcc

Che cosa (non) ha detto Visco su Bcc e gruppi bancari cooperativi

L'intervento di Marco Bindelli, vice presidente del Banco Marchigiano e consigliere delegato ai rapporti con il credito cooperativo e le capogruppo (Gruppo Ccb), sull'intervento del governatore della Banca d'Italia all'assemblea Abi

Nel corso dell’assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana (Abi), il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, trattando alcuni specifici profili tematici, è intervenuto sulla riforma del credito cooperativo varata nel 2016 e, in particolare, sullo stato delle Banche di credito cooperativo (Bcc) e sui Gruppi bancari cooperativi (Gbc).

Il massimo esponente dell’Autorità di regolamentazione bancaria nazionale ha così esordito: “La creazione dei gruppi, contrariamente a quanto da molti e in più occasioni lamentato, non è in contrasto né con la natura mutualistica delle banche aderenti, che viene preservata, né con la necessità di mantenere uno stretto contatto con le imprese finanziate e con il territorio di appartenenza. Essa è stata pensata, al contrario, proprio per consentire a queste importanti caratteristiche di continuare a farsi valere, in un mondo che cambia, inquadrandole però in una struttura in grado di affrontare le difficoltà che da tempo limitavano le potenzialità del settore, quali vincoli territoriali e operativi, bassa redditività, debolezze negli assetti del governo societario, difficile accesso al mercato dei capitali.”

Si è in presenza di considerazioni pienamente condivisibili, specie da chi si occupa di “direzione e coordinamento” sin dall’anno (2004) in cui è stata attuata la riforma del diritto societario e si è battuto per la creazione di due distinti Gbc e che dunque non può non apprezzare l’originalità della costituzione di gruppi bancari basati su contratti e finalizzati a mantenere la natura mutualistica delle Bcc e lo “stretto contatto con le imprese finanziate e con il territorio di appartenenza”.

Quello che, tuttavia, preoccupa studiosi ed operatori del credito cooperativo in questi primi due anni di attuazione della riforma delle Bcc è il rischio di snaturare i neocostituiti Gbc attraverso rilevanti operazioni di carattere lucrativo, mai formalmente osteggiate dal regolatore bancario, che, in assenza di una specifica normativa (in corso di attuazione), potrebbero attuare le capogruppo; significativo, al riguardo, è il caso del salvataggio di Banca Carige che solo recentemente è (fortunatamente) naufragato.

In aggiunta, bisogna poi considerare l’assenza, quanto meno formale, del necessario ausilio informativo ed esplicativo da parte della nostra Autorità di vigilanza per consentire alle Bcc di relazionarsi con la Bce sulle peculiarità di una riforma che non ha eguali in nessun’altra parte del mondo.

In tale contesto il settore del credito cooperativo ha temuto di vedere profondamente modificati i principi cardini di una riforma che, per quanto si dirà, pur avendo indubbiamente adempiuto alle prescrizioni richieste dalle Autorità, deve ancora palesare gli aspetti di maggiore interesse per le Bcc.

In effetti, continuando la disamina dell’intervento, Visco aggiunge che: “I due gruppi cooperativi che sono stati costituiti stanno perseguendo gli obiettivi posti dalla riforma: sono stati introdotti standard organizzativi e di gestione dei rischi più efficaci e omogenei, irrobustite le funzioni di controllo interno, migliorate le procedure di selezione degli esponenti, definite iniziative di riduzione della frammentazione interna e di aumento dell’efficienza. L’esercizio dei poteri di direzione e coordinamento previsti dal contratto di coesione ha già consentito in numerosi casi alle capogruppo di intervenire con rapidità nel caso di Bcc in difficoltà o interessate da fenomeni di illegalità, attraverso aggregazioni o sostegno patrimoniale, anche per mezzo di azioni di finanziamento. La regia delle capogruppo ha inoltre avuto un ruolo cruciale nelle strategie di riduzione dei crediti deteriorati, la cui incidenza sul totale dei prestiti, al netto delle rettifiche di valore, si è quasi dimezzata dal 6,9 al 3,6 per cento dal momento della costituzione dei gruppi, pur rimanendo ancora superiore alla media del sistema.”

In poche parole, il Governatore ha confermato che in breve tempo le due capogruppo sono riuscite ad assolvere a tutte quelle funzioni che la riforma aveva ad esse demandato e che potremmo riassumere nel loro subentrare nell’attività di vigilanza prudenziale e nel garantire la stabilità del sistema del credito cooperativo, oltre alla riduzione dei crediti deteriorati.

Per quanto concerne invece l’aumento di efficienza, l’unica iniziativa che Visco intravede, con esortazioni alle capogruppo, è la “riduzione della frammentazione interna”, ossia la riduzione del numero delle Bcc e Casse Rurali (Cr) trentine, compito anch’esso assolto egregiamente dalle capogruppo che stanno obbligando le banche virtuose ad aggregazioni a volte non gradite; restando da queste ultime, per loro fortuna, esonerate le Bcc della provincia di Bolzano – conosciute come Casse Raiffeisen, alle quali è stato riconosciuto il sistema di tutela istituzionale Ips (Institutional protection scheme) in luogo dei Gbc – non sottratte, peraltro, al timore di essere presto coinvolte anch’esse nella politica creditizia che, per ragioni in altra sede illustrate da alcuni studiosi, favorisce la “grande dimensione bancaria”.

Tale analisi, che evidenzia il corretto assolvimento delle funzioni che la Vigilanza ha affidato alle due capogruppo, viene ribadita e rafforzata nel prosieguo dell’intervento di Visco: “La Banca d’Italia non smetterà di seguire questi intermediari. Il passaggio alla vigilanza europea riflette il fatto che le Bcc italiane, unendo le loro forze, hanno dato vita a due grandi gruppi nazionali. Esso non significa affidare le sorti del movimento cooperativo a un supervisore “distante” e ignaro della sua storia e delle sue funzioni. Come parte integrante della nuova supervisione, la Banca d’Italia contribuisce ad assicurare che l’esercizio della vigilanza prudenziale sulle Bcc affiliate ai gruppi sia rispettosa delle specificità riconosciute a tali intermediari dalla normativa nazionale, preservando inoltre, per quanto possibile, criteri di continuità interpretativa e applicativa rispetto al passato. Abbiamo collaborato con il Ministero dell’Economia e delle finanze, i gruppi bancari cooperativi e Federcasse per meglio comprendere i problemi connessi con la riforma e agevolare l’adeguamento del sistema del credito cooperativo al nuovo regime. Quando è stato necessario, siamo intervenuti per semplificare le regole applicabili ai gruppi cooperativi e alle relative affiliate, nei limiti della normativa vigente; rimaniamo disponibili al dialogo. La costituzione dei gruppi è lo strumento scelto dal legislatore per consentire al movimento cooperativo nel settore bancario di affrontare i cambiamenti, nell’economia e nella società, con le spalle al sicuro. Quello che a volte è percepito come inasprimento dei criteri di vigilanza altro non è che la richiesta di fondare i nuovi gruppi su processi, strutture e regole interne adeguati alle sfide che tutte le banche, non solo quelle di credito cooperativo, si trovano a fronteggiare. Ciò richiede una maggiore capacità di stimare accuratamente i rischi e di gestirli in modo appropriato. Specie in questi primi anni di operatività le capogruppo sono dunque chiamate a svolgere un ruolo particolarmente incisivo.”

A parte il sotteso tentativo di giustificare la sostanziale abdicazione delle proprie funzioni di governo del settore a favore dell’Autorità di Francoforte, mentre in altri paesi dell’Unione analoghe banche cooperative sono rimaste sotto il controllo degli Organi di supervisione nazionali, ad avviso di chi scrive, ciò che Visco ha evitato di affrontare è la questione più rilevante e paradossale che ha investito le Bcc/Cr con l’avvio dei Gbc: essere classificate significant per il solo fatto di appartenere ad un grande gruppo bancario, con tutto quello che ne consegue in termini di maggiori costi, vincoli di operatività e, conseguentemente, effetti distorsivi della concorrenza bancaria a favore dei grandi enti creditizi e delle banche lucrative di minore dimensione.

Ne discende che i limitati vantaggi sul piano dell’efficienza, che le Bcc hanno potuto acquisire con la concentrazione (ammesso che il recupero di efficienza sia sempre avvenuto con le fusioni), è stato abbondantemente perso con l’incremento di costi registrati sia per assecondare – a tacer d’altro – la pressante e spesso burocratica richiesta di introdurre nuovi “standard organizzativi e di gestione dei rischi più efficaci e omogenei” e di irrobustite le funzioni di controllo interno, sia per rispettare norme regolamentari pensate per i grandi colossi bancari, giustamente classificati come enti significant.

Dopo avere favorito le richieste del Regolatore, è auspicabile che le capogruppo dei Gbc assolvano anche ai doveri ad esse imposti dal contatto di coesione nei confronti delle Bcc e, in special modo, quello di promuovere la competitività e l’efficienza delle stesse attraverso un’offerta di prodotti, servizi, soluzioni organizzative e tecnologiche adeguata alle esigenze di mercato. Questa era, forse, la ratio legis della riforma, rimasta peraltro inosservata sul piano delle concretezze, a fronte della parziale perdita di autonomia delle Bcc/Cr, condannate ad una sorta di eterogestione da parte delle capogruppo.

Nel contempo, la collaborazione enunciata da Visco con il Ministero dell’Economia e delle finanze, con i Gbc e Federcasse per “meglio comprendere i problemi connessi con la riforma e agevolare l’adeguamento del sistema del credito cooperativo al nuovo regime”, dovrebbe, da un lato, tentare di riportare le Bcc, pur operando nell’ambito dei Gbc, su livelli operativi assimilabili a quelli delle banche less significant (e, dunque, parificarle alle consorelle della provincia di Bolzano) e, dall’altro, far sì che il Ministero dello sviluppo economico emani il decreto scaduto a marzo 2019 che disciplina i controlli finalizzati a verificare che l’esercizio del ruolo e delle funzioni delle capogruppo risultino coerenti con le finalità mutualistiche delle Bcc (ci si riferisce alle disposizioni di vigilanza cooperativa sulle capogruppo introdotte con la Legge n. 136/2018 che ha convertito, con modificazioni, il DL 23 ottobre 2018 n. 119). In questo modo i dubbi e i timori patiti dalle Bcc/Cr nell’ultimo anno potrebbero restare relegati all’album dei (tristi) ricordi e la redditività non rappresentare più una variabile esogena.

 

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