Tempi duri per la Vigilanza della Banca Centrale Europea.
Il Sole 24 Ore ha pubblicato il 19 e 20 dicembre due clamorosi articoli di Alessandro Plateroti che hanno svelato un interessante carteggio tra Danièle Nouy, capo della Vigilanza della Bce, e Wolfgang Schauble, che non ha bisogno di presentazioni.
Il quadro che emerge è sconfortante ed abbastanza noto: quando, tra Francoforte, Berlino e Bruxelles, si sono resi conto che un’unione monetaria senza unione bancaria non poteva stare in piedi, hanno dovuto correre frettolosamente ai ripari. Dei tre pilastri che costituiscono l’Unione Bancaria (supervisione bancaria, risoluzione delle crisi e garanzia dei depositi), la supervisione unica è l’unico che può dirsi completato.
L’organismo unico per la risoluzione delle crisi bancaria (Single Resolution Board) è costituito e funzionante ma dispone di risorse limitate; il terzo pilastro, la condivisione dei rischi, è tuttora in alto mare, perso nelle nebbie della diffidenza tedesca che vede come il fumo negli occhi la condivisione dei rischi delle banche italiane con quelle tedesche. C’è il fondato dubbio che, con i guai che affliggono Deutsche Bank, tra poco saranno gli italiani ad avere timore di condividere i rischi…
Quando si è trattato di costituire l’organismo di supervisione unica (operativo nel corso del 2014) bisognava fare in fretta, partendo purtroppo da zero. E di chi poteva avvalersi la Signora Nouy? Chi conosceva i bilanci delle banche e poteva fare i cosiddetti stress test (simulazioni sui bilanci bancari in presenza di particolari condizioni avverse, come rialzo dei tassi, caduta del Pil) in tempi rapidi? La risposta, ça va sans dire, era già nella domanda. Bastava rivolgersi a coloro che, per mestiere, studiano i conti delle banche per un unico motivo: ne comprano e vendono le azioni. Sinergia perfetta. Se non fosse per il clamoroso conflitto di interessi, per nulla attenuato dalla formale presenza di “chinese wall” adottati da chi fa consulenza/ricerca e chi fa trading di titoli. La credibilità ed affidabilità di tali strumenti di separazione è stata infatti fortemente messa in dubbio dagli scandali che hanno coinvolto numerose istituzioni finanziarie negli ultimi anni.
Nello stesso giornale Marco Onado ha correttamente sottolineato: ‘Va riconosciuto che alla Banca Centrale Europea è stato assegnato, nei giorni frenetici in cui ci si è accorti che un’unione monetaria senza unione bancaria non poteva funzionare, il compito tremendo di vigilare direttamente su oltre cento banche di rilievo sistemico e indirettamente su tutti i sistemi bancari dell’eurozona. Il tutto con tempi ristretti di rodaggio, a differenza di quanto era avvenuto per l’attività di politica monetaria e nel pieno della crisi finanziaria, globale ed europea’. Insomma, ancora una volta, bisognava ‘fare presto’ a scapito dell’efficacia dei risultati e della trasparenza delle attività.
Fin qui, nulla di nuovo rispetto a quanto pubblicato dal Sole e ripreso da molti organi di stampa.
Ma il 16 dicembre scorso il Financial Times aveva pubblicato un’interessante intervista alla stessa Nouy in cui ella candidamente confermava le condizioni in cui il suo organismo era partito e, soprattutto, le condizioni in cui era stato costretto ad operare. Giova commentarne di seguito alcuni dei passaggi più interessanti:
‘At that time, Mrs. Nouy had just four people in her team. By the end of that year she would need a further 1,000 to join her in a monumental challenge: to make the eurozone’s banks safe again’.
Fu costretta a partire con 4 persone, dicasi quattro. Per giungere in pochi mesi ad uno staff di oltre 1.000 addetti.
‘but first she had to find the right people to join her. “When I think back to that first day, it was like being part of a tiny start-up operating within this powerful incubator of the ECB. Everything was ready for us to begin recruiting” ’
Trovare rapidamente le persone che potessero costituire la squadra, fu il primo compito. Fu come avviare una piccola start-up. Da restare basiti. La vigilanza sulle 118 banche più grandi dell’eurozona costruita in pochi mesi, come se si trattasse di avviare una start-up.
“The early relationship between the SSM and national supervisors was far from smooth…Insiders and antipathy towards the SSM was particularly severe from middle and senior managers, often earning much less than Frankfurt-based counterparts”
I rapporti con la vigilanza nazionale non furono agevoli, anche perché spesso erano meno pagati dei loro colleghi di Francoforte. La Nouy racconta la sua versione, qui invece la versione dei regolatori italiani. Non si trattava di invidia per essere meno pagati, quanto di opporsi alla sistematica svalutazione delle sofferenze, che la Vigilanza BCE voleva eseguire secondo criteri non condivisi dai regolatori italiani, ben consapevoli dell’eccezionalità della situazione e della inopportunità di adottare criteri standard.
“If you want people to give you their best contribution, they need to see your face. I have to explain that there is no national bias and why we need to be European”
Nell’affermare l’assenza di pregiudizio basato sulla nazionalità, la Nouy afferma proprio il vizio strutturale del suo operato: affrontare, secondo regole uniformi, situazioni nazionali che presentano enormi difformità. Come puoi valutare allo stesso modo degli NPL di un Paese come l’Italia, scosso da una doppia recessione che li ha portati al 18% dei crediti, e della Germania o della Francia? La cosa drammatica è che la Vigilanza pretende di farlo. Allo stesso tempo, quando si trattava di essere ugualmente scrupolosi con La banca tedesca, nemmeno Padoan era così sicuro che ciò avvenisse.
Arriva quindi l’ammissione più interessante, che conferma, con incredibile candore, quanto rilevato da Plateroti.
“during an extensive health check of the region’s most important banks in 2014… the SSM turned outside for help. At first we tried to get the national authorities on board, but when that was not possible we used consultants. It would have been totally impossible to do the Comprehensive Assessment without them”
Furono costretti a rivolgersi all’esterno perché non ce la facevano, nemmeno facendosi affiancare dalla Vigilanza nazionale. Altrimenti non sarebbe stato possibile completare gli stress test.
Sono due le cose che lasciano senza parole:
Il fatto che sia avvenuto. Come è stato possibile far eseguire tali attività a chi, come BlackRock, era in palese conflitto di interessi? Per non voler parlare del potenziale problema dell’utilizzo di informazioni riservate.
La giustificazione della fretta. Da sempre cattiva consigliera. Ed i risultati sulle banche italiane, costrette a svendere decine di miliardi di sofferenze ad un oligopolio di pochi operatori internazionali, mentre il recupero diretto forniva percentuali ben superiori, sono proprio là a dimostrarlo.