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Azionario

Vi spiego perché Trump e Powell hanno provocato baldoria a Wall Street

Il commento giornaliero ai mercati finanziari di Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr

La notizia shock che Powell sembra sul punto di togliere il pilota automatico alla normalizzazione dei tassi Usa ha prodotto una seduta di baldoria ieri a Wall Street, con l’S&P 500 a mostrare il progresso più ampio (+2.3%) da marzo scorso.

Sfrondato il campo dal superfluo, quello che resta dell’intervento di ieri è che:

i) i tassi, che erano “assai lontani dal livello di neutralità” ad inizio ottobre (sic) ora sono “appena sotto” la neutralità e ii) i dati economici e finanziari saranno attentamente monitorati, quindi l’azione Fed sarà più “data dependant”.

In altre parole, Powell giudica la politica monetaria sufficientemente “normalizzata”, e non sente più la necessità di sfruttare ogni finestra per rimuovere stimolo, un ansia che aveva portato la Yellen a effettuare il primo rialzo in maniera forse un po’ avventata (col senno di poi) nel dicembre 2015.
Come già detto ieri, l’impatto sul mercato azionario Usa di questa modifica è stato forse esaltato da un sentiment generalmente pessimista e un posizionamento difensivo, comprensibili vista la serie di sfide ed eventi previsti nelle prossime settimane (Xi-Trump, Opec, Bce, Fomc). E comunque il tightening della Fed costituiva una delle preoccupazioni degli investitori (3 rialzi previsti per l’anno prossimo in base alle projections della Dot Plot).

Onestamente, ho trovato deludente la reazione dell’Asia al balzo di Wall Street, e alla prospettiva di una Fed più dovish. Dei principali indici, solo Mumbai ha mostrato un progresso superiore all’1%, mentre gli altri hanno prodotto variazioni marginali, e il “China complex” è addirittura sceso significativamente.

Il fatto è che il newsflow sul trade si è nuovamente deteriorato. Il South China Morning Post ha riportato che il presidente Xi offrirà agli Americani un deal comprendente maggiore accesso ai mercati cinesi e inferiori sussidi alle aziende locali, ma, se questo verrà rigettato, la Cina potrebbe abbandonare il tavolo, e adottare una strategia da guerra di trincea. Da parte Usa, il capo del Us Trade Representative Robert Lighthizer ha dichiarato che sta cercando il modo di equiparare i dazi sulle auto cinesi al livello applicato a quelle Usa in Cina (40%). Pur considerando queste news, che altro non sono, a mio parere, che schermaglie pre meeting, la reazione delle borse cinesi mi pare deludente. Vedremo domani se la musica cambia, o resteremo depressi fino al meeting. Un po’ meglio Tokyo, che ha dilapidato il grosso dei progressi iniziali, ma ha comunque segnato la quinta salita a fila. Buone le retail sales giapponesi di ottobre (+1.2% da prec +0.1% e vs attese per +0.4%).

Parlando di reazioni deludenti, nemmeno gli indici eurozone hanno incantato, onestamente. Il tentativo di fattorizzare il balzo c’è stato, inizialmente. Ma l’azionario continentale ha poi passato la mattinata a dilapidare i progressi, terminando poco sopra la parità. I dati di inflazione dei vari stati tedeschi hanno preso ad uscire moderatamente sotto attese, il che ha aggiunto pressione ribassista ai rendimenti già compressi dalle news Fed di ieri sera. Infine ci si è messo anche il petrolio, col Wti terminato sotto 50 $ al barile senza particolari motivi se non il triggering delle stops sotto quel livello psicologico. La cosa ha, al solito, pesato su un settore bancario già infastidito dall’ispezione della polizia Giudiziaria tedesca agli uffici di Deutsche Bank.

L’asta BTP (5 e 10 anni e 2 CCT per importo fino a 5.5 bln) alle 11.00, ha visto una domanda non troppo convinta, anche se, smaltita la pressione causata dalla difficoltà degli specialist nel raccogliere gli ordini, il mercato si è prontamente risollevato.
Tra gli altri dati macro spicca un GDP francese del terzo trimestre leggermente sotto attese, spesa per consumi francese di ottobre in linea, se si considerano le revisioni, e dati di confidence europei di novembre sorprendentemente positivi in aggregato, che però non hanno granché impressionato gli investitori per il momento.

 

 

 

Infine, alle 14 è giunta la conferma che il CPI tedesco preliminare di novembre è più basso delle attese (0.1% vs attese per 0.2%, e dato anno su anno in calo di 0.2% a 2.2% vs attese per 2.3%). Se non altro, a metà giornata il Petrolio si è bruscamente girato, su indiscrezioni che la Russia, finora riluttante, potrebbe accordarsi con l’Arabia per un taglio alla produzione a Dicembre.

*RUSSIA ACCEPTS NEED FOR OIL CUTS IN LINE WITH OPEC: REUTERS

Parecchi dati anche in Usa:
** Personal income & spending di ottobre sopra attese
** PCE deflator core sotto attese (a 1.8% anno su anno, vs 2% atteso, e con il dato di settembre rivisto a 1.9% da 2%). Dopo i profeti della deflazione dell’estate del 2017, anche quelli dell’inflazione fuori controllo di quest’autunno possono darsi una calmata, per ora.
** piccolo rialzo dei sussidi settimanali a 234.000, sempre bassi ma un po’ sopra i dati di qualche settimana fa.
** Ancora un brutto dati sull’immobiliare, con le pending home sales in calo del 2.6% vs attese per +0.5%.

Ma le ricadute di Powell ieri e l’incessante tambureggiare delle news sulla trade war hanno continuato a tenere banco molto più dei dati macro. Davvero incredibile il ping pong di headlines:

1) Trump possibilista : ** TRUMP SAYS HE IS CLOSE TO DOING SOMETHING WITH CHINA
2) Trump cauto : ** TRUMP SAYS CLOSE TO DOING SOMETHING WITH CHINA ON TRADE, BUT HE DOESN’T KNOW IF HE WANTS TO DO IT
3) Trump incontentabile : REUTERS :Trump will bring up the issue of Americans held in China at his meeting with Xi
4) Contrordine di Trump : *NAVARRO BACK ON GUEST LIST FOR TRUMP-XI DINNER MEETING: SCMP

L’ultima headline ha instillato un po’ di malumore: Navarro, autore di un libro assai denigratorio della Cina, era inizialmente stato escluso dal meeting. Così Wall Street ha accumulato un discreto passivo (-0.8%) finendo di cancellare i guadagni dell’Eurostoxx. In Questo contesto, l’€ ha fatto tanto movimento ma ha terminato la seduta europea praticamente invariato. In ulteriore calo i tassi tedeschi, ma lo spread col BTP si è ulteriormente chiuso, grazie principalmente a motivi tecnici. Apparentemente, il livello di corto sul future è tale che il roll (passaggio da contratto future di dicembre a marzo) sta facendo squeezare la scadenza più prossima, che viene ricoperta. La mossa ha fatto presumibilmente scattare anche delle stops.

Il tempo della chiusura dei mercati europei, e il newsflow sul trade ha nuovamente cambiato direzione. Alcune fonti, tra cui il WSJ, rivelano che le parti starebbero puntando ad un accordo che sospenda l’imposizione di ulteriori dazi per 6 mesi in cambio di nuovi colloqui volti a robuste modifiche delle politiche cinesi (oppure cambi nelle restrizioni a prodotti agricoli e energetici secondo altre fonti). Così Wall Street si è risollevata un po’.

L’Europa non ha fatto in tempo a beneficiare delle news (attendibili o meno che siano) ma la verità è che, coeteris paribus, nelle ultime sedute l’azionario europeo ha significativamente sottoperformato quello Usa. Come già osservato i giorni scorsi, l’impressione personale è che il mercato stia mangiando la foglia sul fatto che Trump chiuderà temporaneamente il fronte cinese, che sta cominciando a costargli un po’. Infatti parecchie aziende Usa hanno indicato che i dazi stanno cominciando a impattare la loro struttura di costi, mentre agli agricoltori stanno marcendo i raccolti nei campi. Ma il Presidente ha bisogno di un obiettivo per i suo strali e i recenti rumoreggiamenti via Twitter indicano che l’Eurozone potrebbe essere il nuovo candidato.

Dovesse quest’ipotesi avverarsi, si tratta sicuramente dell’ennesima tegola per l’economia del vecchio continente. Ma vi sono anche delle considerazioni positive. Le rivendicazioni commerciali Usa con l’Europa non hanno lo spessore di quelle nei confronti della Cina. Inoltre, l’economia Eurozone ha forse un impatto meno violento di quella cinese sul ciclo globale (diciamo che lo subisce più di quanto lo influenzi). Se l’allentarsi della pressione sulla Cina permettesse a quest’ultima di produrre il rimbalzo congiunturale che sta cercando di ottenere, probabilmente la domanda globale se ne gioverebbe, e attraverso di essa, l’Europa riuscirebbe a bilanciare l’impatto negativo delle frizioni con gli Usa. Al netto, sarebbe un outcome positivo.

Certo, se Trump opta per la guerra totale, oppure l’economia cinese non rimbalza nonostante la tregua, abbiamo solo gli effetti negativi.

Sul fronte tecnico gli sviluppi di ieri vedono l’S&P 500 riportarsi sopra 2700, e sopra la media mobile a 20 giorni. Comincia a configurarsi un doppio minimo simile a quello di febbraio marzo (ovvero col secondo minimo su un livello lievemente superiore al primo). Lo scenario è quindi costruttivo, con prima resistenza a 2760 (MM200g) e la seconda a 2815, massimo di novembre. Il livello di 2635-40 diventa il supporto sotto il quale si torna a guardare in basso.

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