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Vi spiego fantasie e complottismi sul debito pubblico italiano 

Le vendite dei titoli di Stato italiani, le iniziative del ministro Tria, il piano Savona sugli investimenti e non solo. L’analisi di Carlo Jean

Come Paolo Mieli ha magistralmente scritto ieri sul Corriere della Sera, il governo è giunto a un bivio riguardo alla sua politica economica. Può insistere sull’attuazione del programma giallo-verde, oppure ripiegare, nei confronti dei mercati finanziari e della Commissione Europea, su posizioni simili a quelle più accomodanti seguite dai precedenti governi, accettando però così l’inevitabile declino del nostro Paese. L’unica serie soluzione alternativa mi sembra quella proposta dal ministro Savona, di rilanciare cioè la crescita, con una quarantina di miliardi di euro d’investimenti, due terzi disponibili nei grandi gruppi in parte privatizzati, come Eni, Enel, Terna, ecc., e un terzo da recuperare in qualche modo con una maggiore flessibilità concordata con l’Ue, cioè con un aumento del debito.

L’Ue dovrebbe accettare tale proposta, dato che il grande piano d’investimento dovrebbe essere concentrato nei settori a elevato moltiplicatore. Il Pil dovrebbe così aumentare, rendendo sostenibile il servizio del debito e fugando i timori di una nuova crisi che colpirebbe duramente l’economia italiana, terza dell’eurozona. Se essa crollasse, collasserebbe anche l’intera Unione.

Il dibattito sulla sostenibilità del debito italiano è divenuto più “caldo” per il fatto che a giugno gli investitori esteri dei nostri titoli di stato se ne sono liberati in misura imprevista, superiore a quella già elevatissima verificatosi a maggio. Un terzo del nostro debito pubblico – circa 750 miliardi di euro – è in possesso di stranieri. A maggio, essi se ne sono liberati per 34 miliardi; a giugno per 38.

Il sistema bancario italiano ne ha assorbito 40 miliardi, ma non è pensabile che possa continuare così. Le prospettive sono rese più incerte per varie ragioni: la prossima fine dell’acquisto di titoli da parte della BCE; l’instabilità internazionale, conseguente alla guerra commerciale degli USA contro la Cina, la Russia e anche l’Europa, che colpirebbe soprattutto i paesi più deboli e quelli con economia più export-led come l’Italia; l’incertezza sulla politica finanziaria Usa, in cui la Fed potrebbe vincere l’attuale “braccio di ferro” con il presidente Trump. Quest’ultimo vorrebbe mantenere alta la crescita in vista delle elezioni di midterm, senza aumentare i tassi di interesse. In tal caso la finanza globale sarebbe, ancora più di oggi, drenata dall’acquisto di BOT USA.

Come suggerisce Mieli, esponenti dei partiti al governo, prevedendo difficoltà finanziarie, hanno avanzato il sospetto che sia in atto un complotto contro l’Italia, cioè la volontà di altri Stati o di loro parti politiche di evitare che un successo del governo giallo-verde provochi l’espansione del populismo in altri paesi europei. Il complotto avrebbe una “quinta colonna” interna, costituita dai partiti sconfitti nelle elezioni politiche del 4 marzo.

Certamente esistono nei confronti della politica del governo timori e perplessità, accresciute dal fatto che l’agenzia di rating Moody, ha rimandato la sua valutazione sull’affidabilità politico-economica dell’Italia e dalle dichiarazioni spesso bizzarre di esponenti della Lega e del M5S sui loro programmi effettivi. I ministri “laici” – Tria, Savona e Moavero – hanno fatto e fanno l’impossibile per calmare i mercati finanziari e mantenere la percezione dell’affidabilità italiana. Il prossimo viaggio in Cina del ministro dell’Economia ne costituisce un esempio.

Alcuni hanno suggerito soluzioni più fantasiose. In particolare che la Cina, gli Usa e la Russia possano cavare le “patate dal fuoco” all’Italia, acquistando i nostri Bot e Btp in misura tale da compensare la mancanza di fiducia degli investitori internazionali e la fine degli interventi della Bce.

Teoricamente il governo cinese potrebbe comprare titoli di stato italiani, dato che ha uno stretto controllo sulla sua banca centrale. Potrebbe farlo malgrado la necessità che ha di fronteggiare un debito pubblico pari al 300% del PIL (incluso quelli delle province e delle grandi industrie di Stato). Però, non lo farebbe per amore dell’Italia. Chiederebbe compensazioni politiche, economiche e tecnologiche, che ci porrebbero in difficoltà con i nostri alleati, in particolare con gli Usa.

Anche Washington potrebbe aiutarci, ma con molte maggiori difficoltà. L’acquisto di titoli sia americani che stranieri è deciso dai gruppi privati, non dallo Stato, a meno che non intervengano apposite leggi. E’ improbabile un prestito per l’Italia, dato anche il consistente attivo commerciale che essa ha nei riguardi degli Usa. Della Russia è meglio non parlare. Non è uscita dalla crisi economica e finanziaria. Rivolgersi a Mosca, malgrado l’interesse di Putin di indebolire la coesione dell’UE, è addirittura ridicolo.

Non vi è nulla da fare. L’unica uscita fattibile, quindi seria, è quella proposta dal Prof. Savona. Dobbiamo cavarcela da soli, ottenendo dall’UE quel minimo di ulteriore flessibilità necessaria per rilanciare l’economia italiana e salvare con essa anche l’Ue. Sarebbe quindi opportuno che i responsabili politici la finiscano di sparare smargiassate e di fare i bulli o i guappi, alla ricerca di un facile consenso. Non si dovrebbe cercare di giustificare il fallimento del “farlocco” programma di governo, ricorrendo a fantasiose teorie del complotto.

La Madonnina del Duomo di Milano, Padre Pio e San Gennaro non potranno di certo risolvere i problemi, in cui il nostro governo si è cacciato. Un’operazione verità mi sembra più che necessaria, anticipando eventualmente la legge di bilancio, per diminuire l’incertezza che pesa sull’Italia.

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