In Italia se la crisi sanitaria terminasse nella prima metà di maggio, il vuoto di domanda sarebbe di circa 80 miliardi di euro, a fronte del quale il Governo ha varato il primo pacchetto di misure che mette a disposizione dell’economia, attraverso voucher, crediti di imposta, garanzie e finanziamenti diretti la somma complessiva di 25 miliardi. Altri miliardi, ma si tratta soprattutto di crediti, saranno stanziati a breve.
“Tutto questo basterà?”, si chiede il direttore del Centro Einaudi, Giuseppe Russo: “Dopo la crisi il pessimismo e i danni economici saranno il vero freno della ripresa. E’, infatti, forte il dubbio che, ad emergenza finita, l’economia possa riprendersi sul sentiero di prima. Le attività economiche basate sul turnover e sul cash flow potrebbero non essere più in condizioni di riprendere le operazioni come se nulla fosse stato. Il vuoto di consumi interni, particolarmente concentrato in alcuni settori (turismo, cultura, sport, spettacolo, divertimenti, trasporti), sarà probabilmente affiancato da un vuoto di produzione e di redditi distribuiti, anche nei settori non direttamente colpiti da calo della domanda finale diretta, ma colpiti dal calo della domanda intermedia e finale di altre economie collegate, colpite progressivamente dal coronavirus“, spiega l’economista.
L’aumento dell’offerta di credito, quindi, anche se fosse sufficiente a tamponare i casi di vuoto di liquidità, potrebbe non rispondere al bisogno di creare la nuova domanda, sostitutiva di quella perduta. Da qui l’ipotesi che, a mali estremi, servano estremi rimedi. “La misura varata da Hong Kong in questa situazione rappresenta la prima applicazione concreta della helicopter money. Il governo della ex-colonia britannica invierà a tutti i suoi residenti maggiorenni un assegno da 10’000 HK$ (1’200 euro). Gli hanno fatto eco Macao, che ha optato per la distribuzione di shopping voucher (per essere sicuri che il sussidio venga speso e non risparmiato) e poi anche quello di Singapore. In Europa invece – sottolinea Russo – non se ne parla. Lo statuto della Bce non solo le impedisce di finanziare direttamente l’economia, ma pure di finanziare direttamente i governi. Figurarsi inviare un assegno a ogni residente, con una regola semplice, magari in funzione del grado di compromissione del suo reddito e delle tasse pagate negli ultimi tre anni: un modo di essere riconoscenti verso coloro che hanno sempre fatto il loro dovere di contribuenti”.
La helicopter money, letteralmente “soldi lanciati dall’elicottero”, nella storia è stata una politica adottata per aumentare la quantità di moneta in circolazione. “Con la helicopter money, meglio se da spendere entro il 31 dicembre, usciremmo dalla crisi più rapidamente – spiega l’economista del Centro Einaudi -. Qualora raggiungessimo il livello di attività precedente, saremmo comunque così lontani dalla frontiera produttiva che l’inflazione non si sarebbe fatta viva. Ma se anche ci avvicinassimo al punto di ritorno dell’inflazione, la Banca centrale avrebbe infinite opzioni a disposizione, come alzare i tassi di interesse e vendere i titoli acquistati attraverso il quantitativ easing. Paradossalmente, quando i tassi sono a zero i banchieri centrali hanno più spazi di manovra disinflazionistica che non spazi di manovra espansiva”.
E questo perché la ripresa “sarà irraggiungibile rimettendosi alle decisioni di spesa di consumatori impauriti e, in parte, impoveriti”. “La helicopter money è un’innovazione, realizzabile senza cambiare lo statuto della Bce, se concretizzata attraverso una misura fiscale, finanziata dal mercato delle obbligazioni e rifinanziata dal qe già deliberato. Si tratta di aprire una porta nuova, dietro alla quale alcuni pensano di incontrare la maschera dell’inflazione. Non aprendola, però, apparirà la recessione – conclude Russo – e durerà”.