L’amministrazione Trump ha provocato un terremoto nei mercati globali dell’oro con l’imposizione di dazi del 39% sui lingotti da un chilogrammo e 100 once.
La notizia, emersa il 31 luglio da una lettera dell’U.S. Customs and Border Protection (CBP) e riportata dal Financial Times, ha colto di sorpresa operatori e analisti, che presumevano l’oro fosse esente dai dazi “reciproci” di Trump.
Come riferisce Bloomberg, la classificazione dei lingotti sotto il codice doganale 7108.13.5500, anziché il codice esente 7108.12.10, li ha resi soggetti a tariffe, generando caos nei mercati.
I futures dell’oro a New York hanno raggiunto un record intraday di 3.534 dollari l’oncia sul Comex, il più grande mercato di futures sull’oro, prima di stabilizzarsi a 3.457 dollari, secondo la quotazione riportata da Reuters.
IMPATTI SULLA SVIZZERA E SUL COMMERCIO GLOBALE
Come osserva Bloomberg, la Svizzera, che ha esportato oro per 61,5 miliardi di dollari verso gli Stati Uniti nell’ultimo anno, si trova in una posizione critica. I lingotti da un chilo, i più scambiati sul Comex, costituiscono la maggior parte delle esportazioni svizzere, e i dazi rischiano di compromettere il flusso globale del metallo prezioso.
Christoph Wild, presidente dell’Associazione Svizzera dei Produttori e Commercianti di Metalli Preziosi (ASFCMP), ha dichiarato a Reuters che i dazi potrebbero bloccare completamente le esportazioni verso gli USA, un mercato storico per la Svizzera.
Secondo quanto riportato da The Hill, la presidente svizzera Karin Keller-Sutter ha tentato di negoziare a Washington, ma è tornata senza risultati, alimentando tensioni diplomatiche.
REAZIONI DEL MERCATO E INCERTEZZE
L’assenza di un annuncio formale ha amplificato il caos, con la decisione CBP emersa solo dopo una richiesta di una raffineria svizzera. Raffinerie in Svizzera e Asia hanno sospeso le spedizioni verso gli Usa in attesa di chiarezza.
Joni Teves di UBS AG ha avvertito attraverso Bloomberg che i dazi sollevano interrogativi sul ruolo del trading di futures negli Usa, con i mercati dei metalli preziosi che resteranno “molto nervosi”.
Il premio dei futures rispetto ai prezzi spot di Londra è sceso a 61 dollari dopo l’annuncio di un ordine esecutivo della Casa Bianca per chiarire la “disinformazione”.
L’oro, bene rifugio, si distingue da altre materie prime come il rame, colpito da dazi del 50% ad agosto.
PROSPETTIVE E SFIDE
Non è chiaro se i lingotti da 400 once, standard a Londra, saranno soggetti a dazi, né quali altri paesi produttori, come Canada o Sudafrica, saranno colpiti.
Ross Norman, analista indipendente, ha definito a Reuters i dazi “sabbia in un motore ben funzionante”, ipotizzando un possibile errore amministrativo. Speculazioni su sfide legali circolano, con l’industria che attende l’ordine esecutivo promesso.
Le scorte d’oro nei magazzini Comex, pari all’86% dell’open interest, garantiscono temporaneamente liquidità, secondo Rhona O’Connell di StoneX. Tuttavia, i dazi potrebbero aumentare i costi di spedizione e finanziamento, riducendo i margini delle raffinerie.
Un manager asiatico ha suggerito a Bloomberg che rifondere lingotti da 400 once in lingotti da un chilo potrebbe aggirare i dazi, ma ciò comprometterebbe il contratto CME a causa della limitata capacità di raffinazione Usa.
MERCATO IN ATTESA
L’ordine esecutivo atteso potrebbe esentare l’oro dai dazi, ma l’incertezza continua a pesare sul mercato. I dazi di Trump hanno generato volatilità, con impatti potenziali sul commercio globale e sul ruolo degli Usa nei futures dell’oro.
La Svizzera, al centro della crisi, attende una risoluzione, mentre il mercato rimane in tensione, con il rischio che i costi crescenti e le incertezze ridisegnino le dinamiche del settore.