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Elly Schlein

Vi racconto la bufala del Pnrr usato per le armi

Pnrr: soltanto in Italia si può dedicare più spazio a come – forse – impiegare lo 0,03% del più grande programma di investimenti pubblici invece che concentrarsi sul 99,97. Il commento di Stefano Feltri, dal suo blog Appunti   (tratto dal blog Appunti di Stefano Feltri) Stampa e politica italiane sono già passate alla fase…

 

(tratto dal blog Appunti di Stefano Feltri)

Stampa e politica italiane sono già passate alla fase due: la prima è quella della celebrazione del leader emergente, la seconda è quella del logoramento. La terza è quella del ballo sul cadavere caldo mentre commentatori ed ex scendiletto rivendicano di averlo sempre detto che lui o lei erano sopravvalutati.

Adesso tocca a Elly Schlein, segretaria del Pd da appena tre mesi, e lo spunto è l’Asap, l’Act in Support of Ammunition Production appena approvato dal Parlamento europeo. Il voto finale è previsto per luglio.

A leggere i giornali italiani la sintesi è questa: a Bruxelles il Pd vota in tre modi diversi sulla decisione di usare i fondi del Pnrr per finanziare armi da mandare all’Ucraina. “Campo largo armato: meno soldi al welfare per pagare munizioni”, è il titolo del Fatto Quotidiano, giornale che più di tutti ha insistito sul tema.

Le cose stanno diversamente e la vicenda completamente sproporzionata, gonfiata per trasformare una increspatura in un voto sostanzialmente compatto del Parlamento europeo in una frattura italiana che dovrebbe dimostrare la fragilità della leadership di Elly Schlein.

Cosa è e cosa fa l’Asap

L’unica parte vera è che la delegazione del Pd ha votato in tre modi diversi, nel senso che 10 europarlamentari si sono detti a favore, quattro si sono astenuti. Massimiliano Smeriglio (peraltro non iscritto al Pd) ha votato contro.

Dissenso irrilevante ai fini dell’approvazione, visto che l’Asap è passato con 446 voti favorevoli, 67 contrari e 112 astensioni. Quindi il tema è tutto di posizionamento interno al mondo del centrosinistra italiano.

Dunque, l’Asap toglie soldi ad asili e welfare per mandare missili? Non proprio. L’Asap è un regolamento europeo che si propone di fare una cosa molto semplice: rimpinguare gli arsenali dei paesi membri svuotati da un anno di supporto all’Ucraina. Neppure i pacifisti più ideologici possono sostenere che, dopo aver mandato armi a sostegno di Kiev, gli Stati dell’Ue debbano rimanere sguarniti da qui all’eternità.

Poiché la necessità di sostenere l’esercito di Volodomyr Zelensky potrebbe perdurare, il Consiglio (cioè i governi), la Commissione e il parlamento stanno cercando di accelerare questo ripristino degli arsenali, che si solito ha tempi lunghi, perché finora non c’era grande urgenza di produrre significative quantità di armamenti in breve tempo nel mercato europeo.

Come richiesto da molti, e perfino da alcuni pacifisti, c’è un tentativo europeo di coordinare questa nuova fase di gestione della difesa comune, per evitare sprechi e duplicazioni, cioè che l’Ue si ritrovi con 27 piccoli eserciti inefficaci ma costosissimi invece che con una struttura coerente e, se necessario, utile.

In parallelo all’Asap, il Parlamento europeo sta lavorando a incentivare gli acquisti comuni (joint procurement) di armi nell’Ue per salire dal 18% del 2021 al 35%. Fin qui tutto condivisibile. Quello che sembra turbare politica e commentatori italici è la dotazione finanziaria, cioè da dove arrivano i 500 milioni di euro necessari a pagare le spese previste dall’Asap. Metto qui sotto i due passaggi incriminati, in inglese. Il primo indica che le risorse devono arrivare dal bilancio comunitario 2021-2027, e da dove sennò? Anche qui difficile obiettare qualcosa.

The financial envelope for the implementation of the Regulation for the period from the date of its entry into force to 30 June 2025 shall be EUR 500 million in current prices. The impact on the multi-annual financial framework period in terms of required budget and human resources is detailed in the legislative financial statement annexed to the proposal and will be met from the available resources of the Multiannual Financial Framework 2021-2027“.

Poi il passaggio sul presunto scippo di risorse ad asili e sanità dal Pnrr: “When proposing amended or new Recovery and Resilience Plans, in accordance with Article 21 of Regulation (EU) 2021/241 of the European Parliament and of the Council4 , Member States should be able to propose measures which also contribute to the objectives of this instrument. To this end, measures linked to proposals submitted to a call for proposals under the Instrument, which were awarded a Seal of Excellence in accordance with the Instrument, should particularly be considered by Member States“.

Si dice semplicemente che se alcuni paesi – come è il caso dell’Italia – vogliono proporre revisioni ai Piani nazionali di ripresa e resilienza già concordati, possono usare anche quella sede per usare una parte di risorse per arrivare a quella soglia di 500 milioni.

Significa, in pratica, che se un paese pensa di non riuscire a spendere alcuni fondi Pnrr, può destinarli all’Asap, invece che vedersi ridurre le quote in arrivo da altre voci del bilancio comunitario. La scelta spetta al paese, è una facoltà e non un’imposizione, non c’è alcun vincolo per l’Italia, semmai una opportunità.

La battaglia per lo 0,03 per cento

Ma poi, di quanti soldi stiamo parlando? Il Pil dell’Italia vale l’11,3 per cento di quello dell’Ue a 27. Se la divisione dell’onere dell’Asap fosse proporzionale al peso delle economie, l’Italia dovrebbe contribuire per 56,5 milioni. Poiché il Pnrr vale nel complesso 205 miliardi, anche se tutta la quota italiana fosse defalcata da quella dotazione – che comunque non riusciremo mai a spendere per intero – si tratterebbe dello 0,03 per cento del totale.

Soltanto in Italia si può dedicare più spazio a come – forse – impiegare lo 0,03 per cento del più grande programma di investimenti pubblici invece che concentrarsi sul 99,97. Elly Schlein forse deve ancora provare di essere una grande leader del Pd, ma i suoi critici stanno ampiamente dimostrando di non sapere di cosa parlano.

(tratto dal blog Appunti di Stefano Feltri)

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