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Vi racconto gli ultimi sogni sul debito comune europeo

Che cosa ha scritto e che cosa non ha scritto Federico Fubini del Corriere della Sera sul debito comune Ue. Il commento di Liturri

 

Immaginavamo e temevamo che le parole del governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, sul “debito comune” (della Ue) avrebbero mandato in delirio tutti gli eurosognatori, ma la lettura dei quotidiani di domenica ha superato ogni aspettativa.

Ci riferiamo all’articolo di Federico Fubini, alfiere di un ben assortito corteo, sul Corriere della Sera. Il titolo «ecco il piano per l’eurobond» è di quelli che attirano l’attenzione, non foss’altro per l’impossibilità del suo oggetto. Il Nostro prende le mosse dalle erratiche (a suo dire) mosse della politica economica di Trump. Di conseguenza «L’Europa, semplicemente, oggi non può più contare sul rapporto con l’America. Non importa quali saranno gli esiti del negoziato aperto ormai da due mesi. Nelle capitali del continente cresce la convinzione che l’Europa deve rafforzare se stessa, invece di sperare in una tregua con Washington. Non può dipendere da nessun tipo di accordo con gli Stati Uniti».

E quale sarebbe lo strumento di questo rafforzamento? La proposta avanzata da due economisti come Olivier Blanchard e Angel Ubide che ricalca sotto molti aspetti quella di Panetta. Cioè «formare un grande bacino di debito pubblico europeo. La destabilizzazione innescata da Trump presenta anche un’opportunità per l’Europa di affermare di più il proprio ruolo come mercato finanziario e detentrice di una valuta di riserva internazionale. Per cogliere l’occasione, dicono, occorre che si formi debito comune europeo per varie migliaia di miliardi di euro».

Nessuna riflessione su alcune cosine fondamentali: quali garanzie fornirebbe l’emittente dei titoli (cioè la Commissione)? Non avendo la Ue una significativa e autonoma capacità impositiva e quindi entrate fiscali proprie, la garanzia dovrebbe essere quella delle entrate fiscali degli Stati membri. Con la Commissione a fare solo da intermediario con i mercati. Insomma, allo stato, nulla di nuovo rispetto alle emissioni di titoli da parte di Mes, Commissione e Banca Europea degli Investimenti. Che non sono esattamente in cima ai desideri degli investitori, per la scarsa liquidità e profondità dei rispettivi mercati. Si vuole forse ripetere un esperimento già mal riuscito?

Inoltre, ammesso e non concesso che ci siano degli investitori disposti a comprare quei titoli (sorvoliamo sul caso dell’acquisto da parte della Bce e di altre banche centrali, che aprirebbe le porte ad un nuovo Quantitative Easing, da cui la Bce invece sta ancora lentamente uscendo), chi sarebbe il soggetto incaricato di spendere quelle “migliaia di miliardi” di proventi derivanti dalle emissioni di titoli? Forse la Commissione? Fubini dovrebbe ricordare che il NextGenerationUe in 4 anni di funzionamento e ad 1 anno dal suo termine, non è riuscito ad erogare agli Stati nemmeno metà dei fondi inizialmente promessi (315 su 750).

Infine, come può un soggetto privo di entrate fiscali proprie pensare di essere attrattivo per gli investitori?

Ma sognare non costa nulla e Fubini sostiene che «La creazione di un mercato per gli eurobond liquido e profondo», cioè in cui è facile compiere le transazioni e con grandi quantità di titoli, «fornirebbe agli investitori l’attivo sicuro alternativo che cercano». In sostanza, per Blanchard e Ubide, un eurobond potrebbe rosicchiare parte del ruolo di valuta di riserva e di riferimento per i pagamenti internazionali che oggi detiene quasi solo il dollaro».

Affermazione che contrasta con la posizione dell’Eurozona di esportatori netto di capitali, come naturale contropartita dell’avanzo delle partite correnti. In altre parole, chi è esportatore netto si trova necessariamente nelle condizioni di detenere attività finanziarie sull’estero (Giappone, Cina e Eurozona, sono un esempio). Perdurando questa situazione, l’attività finanziaria “sicura” c’è già, è quella emessa dagli Usa ed è quella che serve. Com’è anche solo possibile pensare che ci possa essere una significativa fuga dal mercato dei capitali più grande del mondo, al punto da ribilanciare una situazione così squilibrata a favore delle attività finanziarie Usa e a sfavore di quelle della UE? Mistero. Quello che doveva accadere, in termini di riequilibrio dei mercati finanziari, è già accaduto. I mercati hanno già ampiamente metabolizzato questo scenario di incertezza, spesso montata ad arte. Per cui sembra davvero un pio desiderio quello che l’Eurobond « creerebbe domanda dalle grandi banche centrali di tutto il mondo per questi titoli in euro, quindi un costo del debito in area euro più basso di come sarebbe altrimenti.

Una manovra di politica economica di ampia gittata e orizzonte temporale medio/lungo, a prescindere dall’efficacia che potrà essere valutata su tempi altrettanto lunghi, porta Fubini a concludere che «Trump sta facendo vacillare alcune certezze quanto alla sua solidità».

Sarebbe come valutare il cambio di rotta di un transatlantico qualche secondo dopo che è partito il comando dalla plancia. Manca proprio la visione prospettica. E si guarda col microscopio ciò che andrebbe osservato col grandangolo. La conclusione è un vero e proprio volo pindarico: «Blanchard e Ubide propongono che il 25% del debito pubblico dei Paesi dell’area euro sia convertito in debito comune europeo — circa tremila miliardi di euro — con alcune forme di garanzie congiunte fra Stati. Il diavolo naturalmente è nei dettagli. Ma il dibattito è lanciato, non solo nel mondo accademico.»

Vorremmo rassicurare Fubini. Il dibattito su tali improponibili emissioni comuni è stato già chiuso dalla Corte Costituzionale tedesca con la sentenza del 6 dicembre 2022. In quell’occasione, la Corte ha ritenuto che la Decisione sulle Risorse Proprie del 2020 (che consentiva alla Commissione di emettere titoli per finanziare il NgEU) non violasse il diritto interno tedesco. Ma lo ha fatto basando sull’essenziale e decisiva premessa che il NgEU fosse limitato nel tempo, nell’importo e nello scopo e, pertanto, non comprometteva la sovranità di bilancio del Bundestag.

Quello che viene derubricato come “il diavolo nei dettagli”, alla stessa stregua di un aspetto tecnico di secondo piano, è un macigno enorme sulla strada di tutta l’assortita congrega degli euro sognatori in servizio permanente effettivo. Ma sognare non costa nulla. Però continua a spingere l’Eurozona sulla strada sbagliata.

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