skip to Main Content

Volatilità

Vi racconto cosa succederà ai mercati fra recessione e inflazione

L'economia e i mercati fra buone e cattive notizie. L'analisi di Alessandro Fugnoli, capo strategist dei fondi Kairos

 

Sembrerà strano, ma in questi giorni capita di leggere anche qualche buona notizia. Ne riportiamo una piccola selezione.

La prima, geopolitica, è che l’apertura di un secondo fronte di conflitto tra Russia e Occidente verrà probabilmente evitata. Nei giorni scorsi la Lituania aveva annunciato, con il probabile consenso americano, il blocco quasi completo dei trasporti ferroviari tra la Russia e la sua exclave di Kaliningrad, una lingua di terra che si insinua tra la Polonia e la Lituania. Chi ha memoria storica del blocco aereo di Berlino del 1948 sa cosa significano queste cose, tanto più in un’area del Baltico piena di testate nucleari. Il blocco di Kaliningrad avrebbe offerto alla Russia una ragione per tagliare il gas all’Europa. Il fatto che la Germania abbia indotto la Lituania, a quanto sembra, a tornare sui suoi passi dimostra che una regola finora rispettata della guerra in Ucraina, quella per cui non devono essere coinvolti paesi terzi, rimane in vigore.

La seconda, anche questa relativa alla guerra, è il ritiro russo dall’Isola dei Serpenti, un punto strategico alla foce del Danubio. Questo rende ancora più improbabile che la Russia attacchi Odessa e circoscriverà verosimilmente il conflitto, per i prossimi mesi, all’Ucraina orientale.

Passando ai mercati, un altro elemento positivo, non di poco conto, è che la Bce si prepara a limitare la frammentazione dell’eurozona e a contenere gli spread anche nella prossima difficile fase di aumento dei tassi in un contesto di recessione.

È anche importante che i mercati scontino a questo punto un ciclo piuttosto breve di rialzi dei tassi in America. Per la fine dell’anno, nelle attese di consenso, dovremmo avere finito, mentre per il 2023 si attendono ben tre ribassi di 25 punti base.

Queste notizie, cui potremmo aggiungere le misure di rilancio cinesi e il miniboom globale in alcuni settori dei servizi come il turismo, non bastano a trasformare il quadro generale dei prossimi mesi, che resta carico di incognite e di rischi, ma limitano se non altro l’allargamento a macchia d’olio della crisi e il suo andare fuori controllo.

Siamo ora in un momento delicato in cui l’inflazione sta ancora salendo mentre l’economia, in particolare il settore manifatturiero, sta rallentando vistosamente. Sul fronte dei prezzi il dato confortante è che l’ampiezza dei settori che vedono ancora un’inflazione marcata sta restringendosi. Rimane ancora, tuttavia, il nodo intricato dell’energia.

Il problema dell’energia è quello di volere troppe cose in una volta. Applicare sanzioni dure contro la Russia, mantenere l’opposizione al nucleare, boicottare gli investimenti nei fossili e cercare al tempo stesso di accelerare la transizione energetica (come fa il parlamento europeo con la sua decisione di produrre solo auto elettriche a partire dal 2035) è un’operazione straordinariamente complessa se si vuole evitare un rialzo generalizzato dei prezzi dell’energia.

La persistenza strutturale degli alti costi dell’energia limiterà nei prossimi anni la riaccelerazione dell’economia globale nel momento in cui, sgonfiatasi l’inflazione negli altri settori, le banche centrali torneranno ad allentare la politica monetaria. L’Europa, dal canto suo, rischia anche una perdita di competitività del suo settore industriale e una dipendenza crescente dalla Cina per il fotovoltaico e dall’Arabia Saudita per la raffinazione del petrolio.

Per i mercati la recessione è ormai una certezza ed è quindi, almeno in teoria, già incorporata nei prezzi. Per chi è molto liquido comincia quindi a porsi la questione se stia arrivando il momento di investire.

La risposta è che quel momento si avvicina, ma anche che questa volta andrà affrontato con particolare cautela, con la massima selettività e con aspettative più modeste di quelle a cui ci hanno abituato i mercati nel lungo rialzo quarantennale che ci siamo lasciati alle spalle.

La cautela è dovuta al fatto che non conosciamo la profondità che avrà la recessione e nemmeno la sua durata. C’è un certo ottimismo per il fatto che si tratterà di una recessione programmata a tavolino dalle banche centrali e non dovuta a fattori esogeni fuori controllo. Le banche centrali, si pensa, non permetteranno che l’economia si avviti come accadde nel 2008-2009 e staranno attente a evitare che il sistema finanziario globale si degradi fino a porre seri rischi di stabilità. In questo c’è indubbiamente del vero, ma le banche centrali sono le prime a sottolineare che molte variabili, a partire da quelle geopolitiche, sfuggono al loro controllo. Quanto alla durata della recessione, le ipotesi sui mercati vanno da pochi mesi a due anni. Per alcuni è già iniziata, per altri sarà l’anno prossimo.

Quanto alle aspettative, è usuale, quando si entra in un bear market, sentire che la ripresa, quando verrà, sarà lenta, modesta e faticosa. In realtà l’uso generoso degli stimoli monetari ha reso le riprese, negli ultimi decenni, forti e durature. Ora però l’impressione è che si sia rotto qualcosa in questo meccanismo e che le banche centrali, disorientate e confuse, saranno più caute nel reflazionare e nel tollerare bolle degli asset finanziari.

Tempo al tempo, in ogni caso. In autunno, verosimilmente, vedremo fiorire i primi germogli di disinflazione, ma perché i mercati ne traggano davvero una spinta non effimera bisognerà che la discesa dell’inflazione non sia accompagnata da una frenata troppo pesante del ciclo economico.

Back To Top