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Unicredit Conti

Unicredit spacchettata in due, ecco il piano suggerito a Mustier

Chi ha consigliato Unicredit di spacchettarsi in due per evitare che la “zavorra” Italia piombi le ali al resto del gruppo bancario? E’ quello che si chiedono investitori e analisti dopo la notizia pubblicata oggi dal Sole 24 Ore su un piano consegnato ai vertici del gruppo capitanato da Jean-Pierre Mustier per dividere in due…

Chi ha consigliato Unicredit di spacchettarsi in due per evitare che la “zavorra” Italia piombi le ali al resto del gruppo bancario?

E’ quello che si chiedono investitori e analisti dopo la notizia pubblicata oggi dal Sole 24 Ore su un piano consegnato ai vertici del gruppo capitanato da Jean-Pierre Mustier per dividere in due Unicredit: da una parte le attività italiane di UniCredit, dall’altra quelle estere che comprendono Germania, Austria, Centro Est Europa, Turchia, Russia.

Ma sarebbe davvero un buon affare per gli azionisti di Unicredit?

Ecco brevi stralci dell’articolo di Alessandro Graziani pubblicato oggi dal Sole 24 Ore:

Da qualche settimana circola un piano riservato, probabilmente elaborato da una banca d’affari, che secondo fonti de Il Sole 24 Ore è stato esaminato dei vertici di UniCredit.

L’IPOTESI SUGGERITA A UNICREDIT

L’ipotesi è quella di procedere in futuro a una vera e propria scissione in due del gruppo: da una parte le attività italiane di UniCredit, dall’altra quelle estere che comprendono Germania, Austria, Centro Est Europa, Turchia, Russia. La divisione corporate & investment banking (Cib) sarebbe frazionata, confluendo in maggior misura nella UniCredit estera che con ogni probabilità avrebbe sede in Germania.

GLI EFFETTI PER GLI AZIONISTI DI UN GRUPPO DIVISO IN DUE

L’operazione sarebbe inizialmente neutrale per gli azionisti, che al momento della scissione si vedrebbero assegnate azioni delle due nuove entità. Ma secondo gli analisti serie incertezze riguarderebbero l’attribuzione pro-quota dell’equity e delle obbligazioni al passivo. Dal quartier generale della banca, le fonti ufficiali rispondono con un «no comment» e ricordano che l’orizzonte del piano strategico è all’insegna di “One Bank”. Aggiungendo che con i conti del terzo trimestre 2018 UniCredit ha annunciato che ogni società del gruppo dovrà diventare autofinanziata.

CHE COSA SI DICE IN UNICREDIT

Per il momento, stando alle indiscrezioni che trapelano, l’ipotesi allo studio sarebbe una sorta di piano B che il vertice di UniCredit è impegnato a valutare nell’interesse degli azionisti, per oltre l’80% ormai investitori istituzionali (in gran parte esteri).

LE RAGIONI DELLO SPACCHETTAMENTO IPOTIZZATO PER UNICREDIT

Se si escludono le recenti svalutazioni delle attività in Turchia, per una crisi che viene giudicata transitoria, tutto il recente “downside” del valore di mercato di UniCredit è attribuito dagli investitori al rischio Italia, che rischia di appesantire anche in prospettiva la valutazione di un gruppo che invece ha oltre la metà dell’attivo fuori dai confini italiani.

QUALI SONO LE ZAVORRE SECONDO IL SOLE

Le “zavorre” italiane sono sostanzialmente tre: il portafoglio dei crediti deteriorati, lo spread Btp-Bund stabilmente oltre 300 punti che brucia capitale di vigilanza, il rating della holding italiana che, in caso di declassamento del Paese nei primi mesi del 2019, potrebbe peggiorare il merito di credito dell’intero gruppo. Inutile dire che una eventuale UniCredit solo estera e basata in Germania avrebbe un rating molto più elevato di quello attuale, con tutte le conseguenze del caso nel costo del funding.

COME SAREBBE UNICREDIT ITALIA

Ma che sorte avrebbe la nuova ipotetica UniCredit Italia? Con 2.516 filiali bancarie e 143 miliardi di prestiti alla clientela (dati dei nove mesi della commercial bank Italy), il gruppo si posizionerebbe come dimensione alle spalle di Intesa Sanpaolo ma con una maggiore esposizione alle dinamiche del Pil italiano, non avendo proprie società prodotto nell’asset management e nelle assicurazioni. Con la sua dose di Npl e di Btp, sarebbe certo più esposta di ora al rischio-Italia. Ma non avendo azionisti di riferimento potrebbe facilmente diventare epicentro di nuove aggregazioni che, in assenza di appetiti dall’estero, riguarderebbero altre banche italiane.

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