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Contratto Bancari

Tutte le incerte fortune di Unicredit

Che cosa succede alla governance di Unicredit. Fatti, nomi e commenti L'articolo di Luca Gualtieri

A meno di sei mesi dalla presentazione del piano industriale Jean Pierre Mustier è concentrato nel disegnare la strategia futura della banca. Per il ceo di Unicredit la priorità sarà individuare una nuova storia da raccontare al mercato, una storia con forti elementi di discontinuità rispetto a quella illustrata nel dicembre del 2016.

Ad affiancare Mustier in questo ambizioso lavoro è la prima linea della banca, profondamente rivisata qualche mese fa. La novità più importante del nuovo organigramma è l’assenza del direttore generale, un incarico che era stato ricoperto prima da Roberto Nicastro e poi da Gianni Franco Papa ed è finora servito come punto di raccordo tra l’amministratore delegato e il top management.

CHE COSA CAMBIERA’ CON L’USCITA DI PAPA

Se Papa ha lasciato definitivamente piazza Gae Aulenti il 1° giugno dopo 39 anni di servizio e la sua carica è stata di fatto cancellata, il mercato si attende però che una nuova figura forte possa presto spuntare nell’organigramma della banca. Anche se formalmente l’assetto definito a febbraio non lascia spazio a un primus inter pares, si fa notare che la nuova divisione Finanza e Controllo è rimasta senza responsabile.

COME SONO RIDISEGNATI I RUOLI IN UNICREDIT

Non c’è dubbio che si tratti di una casella strategica che, oltre alle tradizionali attività di finanza (cfo), ingloba anche le funzioni pianificazione, contabilità e investor relation, includerà anche Group identity e communication, regulatory and institutional affairs, strategy and m&a e l’area del chief lending officer. Per il momento la carica è affidata ad interim a Mustier, ma è sensazione diffusa che la banca possa individuare un candidato a cavallo dell’estate e comunque in tempo per la presentazione del piano industriale. Una scelta che andrebbe comunque concordata con la Vigilanza Bce. Con l’uscita di Papa Mustier ha infatti a riporto diretto tutte le funzioni principali, dal commerciale all’operations.

ECCO IL RIASSETTO IN UNICREDIT

Nel dettaglio, il commercial banking sarà sdoppiato in area Western Europe e area Central Eastern Europe: la prima sarà guidata dall’attuale co-chief operating officer Francesco Giordano e da Olivier Khayat, ex collega di Mustier nell’area capital markets di Société Générale e in Unicredit e oggi al vertice del Cib con Gianfranco Bisagni. La modalità del tandem piace molto al ceo che non ha voluto rinunciarvi nella rivisitazione della prima linea. Anche perché lo schema consente di incoraggiare il lavoro di squadra e arginare ingombranti protagonismi.

COME CAMBIA L’ASSETTO DI UNICREDIT

L’area Central Eastern Europe è stata invece affidata a Bisagni e a Niccolò Ubertalli, deputy ceo di YapiKredi Group. A queste due divisioni riporterà invece il Cib che sarà affidato unicamente a Richard Burton, oggi responsabile dell’area Global Financing and Advisory, che include le funzioni di structured finance, capital markets, lending, advisory e portfolio management. Lo affiancheranno i top banker Alfredo De Falco, Jan Kupfer e Guy Laffineu. Completano l’organigramma i due co-chief operating officer Ranieri de Marchis e Carlo Vivaldi, oggi responsabile della divisione Europa Centro Orientale dove il suo lavoro è stato molto apprezzato. Sarà questa squadra a collaborare con l’amministratore delegato per mettere a punto il piano 2020-23.

LE INCOGNITE SUI PIANI DI UNICREDIT

Il precedente piano Transform 2019 ormai è agli sgoccioli e, anche se finora molte promesse sono state mantenute, non sono mancati gli imprevisti come le difficoltà di Yapi Kredi e le sanzioni americane. Se il mercato non dà eccessivo peso a queste ombre, a tenere banco nella City milanese è soprattutto un interrogativo: cosa farà adesso Unicredit? Il vecchio piano è stato soprattutto una storia di ristrutturazione e pulizia che il mercato ha apprezzato, come dimostra il successo dell’aumento di capitale da 13 miliardi del 2017, la più grande operazione di questo genere lanciata in Italia.

DOSSIER NPL PER UNICREDIT

La strategia è proseguita poi attraverso la drastica cessione dei non performing loans e l’attenzione per i costi (a fine 2018 il cost income era al 54,2%, ai minimi a livello europeo) che si è tradotta in riduzione di sportelli e personale. Non si è invece concretizzato nulla sul fronte dell’integrazione. Per mesi Mustier ha lavorato intensamente a un deal con Société Générale, ma l’incertezza politica ha rallentato la trattativa. Il deterioramento del quadro congiunturale, l’aggravarsi del rischio Italia e gli attriti tra Roma e Parigi hanno messo una pesante ipoteca sul progetto che, comunque, rimane la pista principale battuta da Unicredit.

ALLA RICERCA DI UN PIANO

In ogni caso la banca è alla ricerca di un piano di riserva, vagliando diverse alternative. Si è ad esempio ragionato su una scissione delle attività italiane da quelle estere che comprendono Germania, Austria, Centro Est Europa, Turchia e Russia. O su un blitz sulla tedesca Commerzbank, ipotesi che però appaiono assai più in salita della pista francese.

 

(Estratto di un articolo pubblicato su MF/Milano Finanza

 

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