Sulla storia della italianità di Unicredit.
Quali sono i fattori che attribuiscono la nazionalità di una società?
Due rilevano almeno:
- la lex societatis, ossia la legge e l’ordinamento in cui è incorporata la società.
- la nazionalità dei soci che la controllano.
Lex societatis: suggerisce l’appartenenza (e subordinazione) della società ad una determinata giurisdizione, che ne può regolare gli aspetti organizzativi principali, sino a sancirne l’esistenza ontologica. Determina l’appartenenza ad un dato ordinamento giuridico, che la regola.
Nazionalità del controllo: qui si intende la detenzione da parte di persone fisiche o giuridiche di una partecipazione al capitale che consenta un controllo di diritto o di fatto. La nazionalità viene qui interpretata come maggioranza delle azioni detenuta da soggetti (es italiani).
Ho già provato ad argomentare come in una fase storica come quella attuale, segnata dal diritto dell’eccezione, ancora più rilevante della nazionalità del controllo è proprio la lex societatis, ossia l’appartenenza di una società ad un dato ordinamento.
Torniamo allora a Unicredit. È una banca straniera, come diversi esponenti della politica sostengono, o italiana? È senz’altro una banca con una forte proiezione internazionale. Ma il cuore giuridico e operativo rimane italiano. E non dovremmo essere contenti di questo?
La sede legale è in Italia. La legge che la regola è italiana. Il registro delle imprese in cui è costituita e registrata è italiano. In Italia vi è anche la sede amministrativa, ossia il centro operativo ove vengono prese le decisioni dal management e dai vari quadri più alti. Il consiglio di amministrazione, tra cui l’amministratore delegato e il presidente, sono a larga maggioranza italiana. Il presidente è peraltro un ex ministro italiano, non un ex segretario del Tesoro degli Usa. È peraltro quotata nella borsa italiana.
Insomma, il cuore è italiano: sede legale e sede amministrativa, legge che la regola, autorità di riferimento. Non si può trascurare la sua appartenenza alla giurisdizione italiana. Difatti, è anche sottoposta a controlli strategici come quello del golden power.
Per quanto attiene alla nazionalità del controllo, a ben vedere un controllo non c’è. Unicredit è quanto più vicino in Italia al concetto di public company. Ossia: azionariato diffuso, senza un socio che detenga una partecipazione di controllo (o patti parasociali rilevanti).
È vero, il primo azionista è il fondo statunitense Blackrock. Ma con il 7%, non con un 30%. Avrà la sua voce in capitolo, ma siamo nell’ambito di un azionariato diffuso, ove dunque a rilevare è soprattutto il management, che abbiamo visto avere base in Italia.
In definitiva, suggerire che Unicredit sia straniera sarà anche suggestivo, ma non coglie nel segno. E se iniziamo a definire straniera ogni nostra società con proiezione internazionale, allora siamo destinati a rimanere nella gabbia di un capitalismo familiare domestico.