Bufera sui paletti del governo con il golden power sull’Offerta pubblica di scambio (Ops) di Unicredit su Banco Bpm. Visti i caveat impegnativi al limite della normativa, secondo molti addetti ai lavori, gli osservatori si attendono ora che Bce e di Bankitalia, che avevano dato il via libera all’operazione, si faranno sentire con Palazzo Chigi. Per non parlare della Commissione europea che aveva eccepito nulla sull’Ops e anzi aveva chiesto delucidazioni al governo sul ricorso al golden power. Mentre ci si chiede: che ruolo avrà l’Antitrust se con i paletti il governo evoca addirittura la sicurezza nazionale?
Ecco fatti, dettagli e commenti.
LA NOTA DI UNICREDIT SUL GOLDEN POWER DEL GOVERNO
«L’Offerta è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro. Unicredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti». È quello che si legge nel comunicato stampa che la banca guidata da Andrea Orcel, venerdì sera, ha replicato agli obblighi imposti dal governo sull’operazione di Unicredit su Banco Bpm nel caso andasse in porto l’operazione del gruppo capeggiato da Orcel da 14 miliardi di euro.
IL CASO RUSSIA
«Cessare tutte le attività in Russia (raccolta, impieghi, collocamento fondi prestiti transfrontalieri) entro nove mesi dalla data del presente provvedimento», ovvero entro il 18 gennaio 2026. Il consiglio dei ministri, nella versione finale del dispositivo, ha accolto alcune mitigazioni rispetto alle proposte iniziali del Mef dopo le sollecitazioni dei ministri di Forza Italia, compreso il vicepremier Antonio Tajani. Il ministero retto da Giancarlo Giorgetti (Lega) aveva prescritto a Unicredit di «cessare tutte le attività in Russia (raccolta, impieghi, collocamento fondi prestiti transfrontalieri) entro la data di acquisizione del controllo di Banco Bpm», vale a dire al termine dell’Ops, cioè alla fine di giugno. In pratica, il Mef chiedeva uno smobilizzo immediato.
Sulla Russia, peraltro, il gruppo Unicredit ha avviato da tempo un disimpegno: l’esposizione cross border «andrà a zero a settembre», aveva promesso Orcel in assemblea. Si tratta di attività per 8 miliardi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, calate a 300 milioni e che hanno generato perdite per l’11% del valore. Più nel dettaglio l’attività crossborder è scesa del 94% in due anni mentre i depositi locali sono calati dell’89%, nello stesso periodo, i prestiti locali netti dell’86%, ricorda il Corriere della sera.
IL PUNTO DI REPUBBLICA
Chiosa il quotidiano Repubblica: “Da un lato la prescrizione ha ben poco a che fare con un’operazione tutta incentrata sull’Italia e dall’altro che ogni uscita di società occidentali da quel mercato deve essere autorizzata da un apposito comitato russo. Difficile, quindi, chiedere a Unicredit di adempiere a un obbligo tramite un’azione che non è nella sua disponibilità”.
DOSSIER SPORTELLI PER UNICREDIT E BANCO BPM
Ma c’è ben altro oltre il caso Russia. Quanto agli sportelli da cedere dopo le nozze, nell’ordine di 183, pare che si chieda un impegno a non vendere le filiali del Banco in Lombardia, oggi pari a 492, rivela il Corriere della sera: “Si dovrà lavorare su regioni dove la quota mercato delle due banche assieme eccede il 20%: Sicilia, Lazio, Piemonte, Veneto, Val d’Aosta e Molise”.
I PALETTI DEL GOVERNO CONTRO UNICREDIT SU BANCO BPM
Non solo, il governo si chiede di «non ridurre per un periodo di cinque anni il rapporto impieghi-depositi praticato da Banco Bpm e Unicredit in Italia, con l’obiettivo di incrementare gli impieghi verso famiglie e Pmi nazionali». In secondo luogo di «non ridurre il livello del portafoglio attuale di project finance di Banco Bpm e Unicredit in Italia con l’obiettivo di incrementare gli impieghi verso famiglie e Pmi nazionali». Dal confronto tra le due banche emerge che i depositi e i conti correnti del Banco nel 2024 sono stati pari a 102,2 miliardi, contro i 183,9 miliardi di Unicredit in Italia, sottolinea il Corriere della sera. Tra le considerazioni che portano alle conclusioni finali del documento c’è che «Unicredit applica in Italia un rapporto depositi/impieghi sensibilmente più basso di quello praticato da Banco Bpm; l’ammontare degli impieghi destinati da Unicredit al mercato italiano si è sensibilmente ridotto negli ultimi cinque anni». E infine Unicredit «concentrerebbe il proprio supporto creditizio sulle grandi imprese».
DOSSIER ANIMA
Un altro punto inaspettato riguarda Anima, rilevata con un’Opa dall’ex popolare: a Unicredit si prescrive «per un periodo di almeno cinque anni non ridurre il peso attuale degli investimenti di Anima Holding in titoli di emittenti italiani e supportare lo sviluppo della società». Ha commentato su X l’ex giornalista del Sole 24 ore esperto di finanza, Marco Liera: “Io non so con quale entusiasmo i clienti di Anima manterranno i loro risparmi con la società di gestione appena comprata da Banco BPM qualora dovesse andare in porto l’Ops di UniCredit su Banco Bpm. Tra le limitazioni imposte dal Governo all’operazione nell’esercizio del Golden Power sta anche il divieto di vendere BTP e altri titoli italiani per almeno cinque anni. Quindi, se ad esempio peggiorassero le aspettative sul debito pubblico italiano, ai gestori di Anima sarebbe impedito di ridurre prudentemente l’esposizione ai BTP nei portafogli dei loro clienti, come invece farebbero quasi tutti i concorrenti. Se fosse confermata in questi termini, una previsione del genere sarebbe talmente assurda da sembrare fatta apposta per far saltare l’operazione”. Dubbi e critiche sul punto anche da parte dell’ex direttore del quotidiano Sole 24 ore, Guido Gentili.
I RILIEVI DEL QUOTIDIANO REPUBBLICA
Il quotidiano Repubblica è problematico sulla natura dell’intervento dell’esecutivo: “La sfera naturale di applicazione del golden power è quella del pregiudizio alla sicurezza e all’ordine pubblico, che sembrano tuttavia mancare almeno nei primi tre punti indicati dal provvedimento su Unicredit. È però vero che altri Paesi hanno cercato di allargare le maglie dei possibili interventi adducendo “motivi imperativi di interessi generali» per uno Stato. In pratica, in questo modo si può infilare di tutto, dalla sanità alla stabilità finanziaria. Ma la Corte di giustizia Ue, a sua volta, ha fissato dei limiti sostenendo che l’interesse generale deve essere interpretato “restrittivamente”, tenendo presente il limite della “ragionevolezza” e della “proporzionalità”. E, soprattutto, non deve avere come oggetto interessi economici”.
I PARERI DI AVVOCATI E ANALISTI
“In caso di denuncia alla Commissione europea questa, se non è convinta della proporzionalità delle condizioni, potrebbe avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano per uso distorto del golden power”, ha avvertito l’avvocato Francesco Mazzocchi dello studio Advant Nctm. Ha commentato su X l’avvocato Luca Picotti, esperto di golden power: “Se da un lato può sembrare un epilogo tutto sommato irrisorio rispetto alle aspettative, dall’altro rappresenta un precedente non da poco: l’esercizio dei poteri speciali in una operazione domestica nel settore creditizio non si era mai visto”. Picotti solleva dubbi anche sull’intervento del governo riguardo gli sportelli: “Classico oggetto (eventuale) della competenza di Agcm in materia di concorrenza”. Commenta Mario Seminerio, economista e curatore del blog Phastidio: “Se il governo invoca la “sicurezza nazionale”, l’Antitrust si accuccia. Interessante espediente. Ma qui bisognerà attendere i pareri di Banca d’Italia e Bce. Che erano già positivamente arrivati ma che ora dovranno essere aggiornati alla luce di questi vincoli sovrani”.