Indebolita dalla crisi che sta attraversando il settore del lusso, la filiera tradizionale dei diamanti è minacciata nelle sue fondamenta dalle pietre artificiali, molto più economiche e non dipendenti dall’economia mineraria e dai suoi effetti negativi sul piano sociale e ambientale – scrive Le Monde.
IL DIAMANTE GIGANTE DEL BOTSWANA
Mokgweetsi Masisi, all’epoca presidente del Botswana, sfoggia un grande sorriso il 22 agosto 2024. L’enorme diamante recentemente estratto dalla miniera di Karowe, che riesce a malapena a tenere in mano, è il secondo più grande al mondo, con ben 2.492 carati, dietro al Cullinan, le cui pietre adornano i famosi gioielli della Corona britannica. Al di là di questo titolo di gloria, questa pietra straordinaria ha ridato speranza agli attori del mercato dei diamanti naturali. L’ottimismo è stato di breve durata, poiché il Botswana, secondo produttore mondiale di diamanti dopo la Russia, ha visto il suo rating di debito declassato il 12 settembre a “BBB” dall’agenzia americana S&P, che ha sottolineato il “calo dei ricavi derivanti dai diamanti”.
IL RALLENTAMENTO DELLA DOMANDA GLOBALE
Il rallentamento della domanda in Cina e negli Stati Uniti, i dazi doganali americani, una maggiore propensione per i gioielli in oro e la debolezza della spesa mondiale in prodotti di lusso pesano sul mercato, spiega l’agenzia di rating.
LA CONCORRENZA DEI DIAMANTI COLTIVATI IN LABORATORIO
Oltre a questa congiuntura sfavorevole, il Botswana, il cui quarto del prodotto interno lordo è legato all’industria dei diamanti, deve affrontare, come gli altri produttori, la concorrenza sempre più agguerrita dei diamanti sintetici. Prodotti in fabbrica o in laboratorio secondo diversi processi, questi “lab-grown diamonds” (diamanti coltivati in laboratorio, LGD) sono composti da carbonio puro. Presentano le stesse caratteristiche fisiche e ottiche dei diamanti naturali, dai quali possono essere distinti solo con l’aiuto di uno spettrometro. Tuttavia, venduti a un prezzo che varia a seconda delle dimensioni tra il 10% e il 50% del prezzo di una pietra estratta da una miniera, stanno ormai conquistando il mercato della gioielleria.
LA CRESCITA DEL MERCATO DEI DIAMANTI SINTETICI
Lo slogan «A diamond is forever» («un diamante è per sempre»), lanciato dalla società De Beers nel 1947 per promuovere questa pietra preziosa come simbolo duraturo dei grandi momenti della vita, a cominciare dalla proposta di matrimonio, avrebbe fatto il suo tempo? […]
In un mercato che dovrebbe continuare a crescere – secondo uno studio di Business Research Insights pubblicato a giugno, dovrebbe passare da 97 miliardi di dollari (82,6 miliardi di euro) nel 2024 a 138 miliardi di dollari nel 2032 – il peso dei diamanti sintetici aumenterà da 2,18 miliardi a 8,14 miliardi di dollari nello stesso periodo. E la loro quota in volume dovrebbe essere molto più significativa, poiché il loro prezzo continua a diminuire. Già nel 2025 rappresentano “circa il 20% del mercato mondiale in termini di valore e fino al 50% in termini di volume nel settore degli anelli di fidanzamento negli Stati Uniti”, sottolinea l’agenzia S&P.
DAI LABORATORI ALLA GIOIELLERIA
I diamanti sintetici, che esistono dagli anni ’50, sono utilizzati nell’industria per le loro proprietà meccaniche, la loro durezza, la loro stabilità ottica, la loro conduttività, ecc. La leggenda narra che sono entrati nel settore della gioielleria una decina di anni fa, quando alcuni di essi furono introdotti in un lotto destinato a un diamantaio per ingannarlo.
Molti imprenditori hanno ripreso i codici dell’alta gioielleria – saloni privati in Place Vendôme, a Parigi, clienti ricevuti su appuntamento… – per proporre pietre tagliate e lucidate come i diamanti naturali e creare gioielli personalizzati a prezzi inferiori. […]
Il circuito dal produttore al cliente conta meno intermediari, il che riduce anche il prezzo. Un altro argomento addotto è che il prezzo dei diamanti naturali aumenta in modo esponenziale in funzione del numero di carati, mentre l’aumento è lineare per i diamanti sintetici. Ciò consente di avere “un bellissimo diamante da 2 carati per 9.000-10.000 euro, mentre uno naturale costerebbe tra i 30.000 e i 40.000 euro”, spiega Manuel Mallen, specialista in diamanti sintetici.
SINTETICO È ETICO
I gioiellieri convertiti al sintetico, come la maison parigina Unsaid, fondata nel 2022, o Jean Dousset, pronipote di Louis Cartier, fanno leva sulla “buona coscienza” dei loro clienti. Tutti puntano sull’aspetto ambientale e citano le stesse cifre: le emissioni di CO2 sono di 17 chili per 1 carato sintetico contro i 160 chili di un diamante estratto dalla “migliore” miniera. Il tutto senza partecipare allo sfruttamento delle miniere, le cui condizioni di lavoro sono regolarmente denunciate.
LA REAZIONE DEI PRODUTTORI DI DIAMANTI NATURALI
Sentendo il vento cambiare, i sostenitori dei diamanti naturali cercano di reagire. “La parola ‘laboratorio’ evoca l’immagine di camici bianchi, mentre oltre il 70% dei diamanti sintetici è prodotto in serie in fabbriche in Cina e in India, dove il carbone è ampiamente utilizzato come fonte di energia”, sottolinea Mina El Hadraoui, direttrice per la Francia del Natural Diamond Council, che riunisce i sette maggiori produttori di diamanti naturali.
ANCHE I DIAMANTI SINTETICI SOFFRONO
Il continuo calo del prezzo delle pietre sintetiche – del 90% dal 2018, secondo la società Tenoris – frena l’affermazione dei diamanti di laboratorio nel segmento dell’alta gioielleria. Ne è testimonianza l’annuncio fatto da De Beers, a maggio, della chiusura dei suoi negozi Lightbox, riservati ai diamanti sintetici dal 2018. Durante l’estate, Courbet, gioielliere sostenuto da Chanel e che vendeva solo diamanti sintetici, ha cessato la sua attività. Quanto al gioielliere Vever, che aveva recentemente scelto di utilizzare solo diamanti sintetici, ha annunciato il ritorno alle gemme naturali riciclate.
(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)







