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Tutti i porti europei nelle mani della Cina. Report

I tentacoli della Cina sui porti europei (e, quindi anche italiani) secondo uno studio del Parlamento Ue, che parla di "problema per la sicurezza nazionale". Rischi e nomi delle società cinesi che hanno invaso il settore marittimo (e non solo). L'articolo di Maria Scopece per Policy Maker

 

Sempre più Cina nei porti europei. È questa l’informazione, preoccupante, che arriva dallo studio Chinese Investments in European Maritime Infrastructure pubblicato dal Parlamento europeo. L’Europa negli ultimi anni ha assistito a una crescente presenza della Cina nei suoi porti, se da un lato tale sviluppo offre opportunità economiche significative, dall’altro solleva anche preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale e alla sovranità economica.

QUALI SONO I RISCHI DELLA PRESENZA DELLA CINA NEI PORTI EUROPEI

Il Parlamento europeo è preoccupato da una serie di rischi legati alla pervasività del gigante orientale nelle infrastrutture marittime europee:

  • il rischio di dipendenza a livello dell’UE;
  • il rischio di dipendenza individuale;
  • il rischio di coercizione/influenza;
  • il rischio cibernetico/dati e rischio di sicurezza fisica.

Secondo l’analisi del Parlamento i rischi della presenza cinese nel nostro continente non sono sufficientemente compresi dagli Stati membri, in particolare per quelli legati alla coercizione economica e alla sicurezza cibernetica/dati. Ma non solo. Si riscontrano problemi in termini di influenza sulla strategia portuale e di rischi informatici “se le aziende cinesi possono accedere ai sistemi di comunicazione e alle reti locali”. Da questo derivano “rischi più ampi per l’Europa, soprattutto per quanto riguarda le forze armate degli Stati membri e la NATO”.

LO STRAPOTERE DELLA CINA NEL SETTORE MARITTIMO

Il 90% delle merci globali transita attraverso le rotte di navigazione: secondo il WTO nel 2020 il settore marittimo rappresentava il 53% del valore totale del commercio cinese. All’interno dei suoi confini, la Cina vanta la più alta concentrazione di porti marittimi in un singolo paese, con sette di questi porti tra i più trafficati al mondo.

I NOMI DELLE AZIENDE CINESI CHE DOMINANO NEI PORTI EUROPEI

Il Gigante orientale ha esteso la sua rete di investimenti al di fuori dei confini nazionali e l’acquisizione, o la penetrazione, nei porti costituisce un aspetto significativo dell’ambiziosa Nuova Via della Seta del Presidente Xi Jinping. A gestire gli investimenti marittimi cinesi sono state prevalentemente le imprese statali China Ocean Shipping Company (COSCO), che si occupa soprattutto di container, e China Merchants Group (CMG), e CK Hutchison Holdings, un’azienda privata con sede a Hong Kong. Ma non solo.

Anche altre società hanno giocato un ruolo nel portare la Cina nei porti europei (e italiani). Tra queste c’è lo Shanghai International Port Group (SIPG) e le autorità portuali come il Porto di Qingdao. La Cina, attraverso le sue imprese, è presente in dieci porti di stati membri dell’Ue: Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia.

DOVE HA MESSO LE MANI LA CINA

Ma quali sono i porti europei nelle mani della Cina? Alcuni tra i più importanti del Vecchio Continente. Nel periodo 2004-2021, il dragone ha contabilizzato 24 accordi di acquisizione e 13 progetti di investimento attraverso la China Ocean Shipping Company (COSCO) e China Merchants. Il valore di queste operazioni supera la cifra record di 9,1 miliardi di euro.  COSCO controlla il porto di Atene (l’importante porto del Pireo), il 24,9% del porto di Amburgo e il 40% del porto di Vado ligure. Inizialmente l’investimento nel porto di Amburgo era pianificato per 100 milioni di euro, successivamente è stato ridotto.

La Cina, attraverso le sue aziende statali, è entrata nel porto di Anversa, Constanta, Zeebrugge, Rotterdam, Riga, Marsiglia. Ma è il porto ellenico a preoccupare le analisti europei. “La presenza di COSCO accanto a infrastrutture civili e militari critiche è altamente problematica, in termini di rischi informatici e potenziali fughe di dati sensibili”, alla luce di questo “è ragionevole supporre che i servizi segreti cinesi siano interessati a raccogliere dati sulle tecnologie militari avanzate degli Stati Uniti”.

LA RETE TEN-T

Lo studio sottolinea che molti dei porti europei finiti nell’orbita cinese fanno parte della rete di trasporto trans-europea core (TEN-T) dell’UE. Lo scopo del TEN-T è sviluppare “un’infrastruttura di trasporto coerente, efficiente, multimodale e di alta qualità in tutta l’UE” collegando diversi mezzi di trasporto in una rete unica. La presenza cinese in questi porti genera “importanti implicazioni per la rete, che vanno da piccoli disagi in un nodo (ad esempio, in un piccolo terminal come il terminal Tollerort nel porto di Amburgo) a interruzioni nell’intera rete centrale (ad esempio, se tutti gli investimenti cinesi nei porti dell’UE vengono sfruttati e/o sospesi contemporaneamente)”.

QUALI SONO I PORTI ITALIANI NELLE MANI DELLA CINA

Tra i porti italiani in mano cinese va ricordato il porto di Trieste, finito nella rete della Via della Seta Marittima. Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla) è diventato il socio di maggioranza con il 50,01% del terminal multipurpose “Piattaforma Logistica Trieste” (PIt). Hhla, è di proprietà, per il 24,9%, di Cosco, il colosso cinese delle spedizioni marittime. La Cosco, nel 2016, ha comprato il 40% del porto di Vado Ligure per 53 milioni di euro.

L’operazione ha coinvolto, oltre a Cosco, la Qingdao port internationl Development di Hong Kong che ha acquistato un altro 9,9% del nuovo terminal container il cui 50,1% è della danese Apm Terminals-Maersk. Anche il porto di Taranto è finito nel mirino della Cina. Il forlivese Ferretti Group, gruppo del made in Italy controllato dal colosso pubblico cinese Weichai, ha ampliato il suo investimento nel porto pugliese, circa 200 milioni, aumentando l’area gestita all’interno del porto.

NON SOLO PORTI…

Ma non c’è solo l’acquisizione delle infrastrutture. La Cina è il principale produttore di attrezzature impiegate nelle attività marittime: il 96% della produzione di container per il trasporto marittimo è cinese e l’80% delle gru da nave a terra. Nel 2022, il paese ha acquisito il 48% degli ordini mondiali per la costruzione di navi. E non finisce qui. Le imprese cinesi forniscono servizi essenziali per il funzionamento dei porti.

La Shanghai Zhenhua Heavy Industries Company Limited (ZPMC), per esempio, è il principale fornitore di gru da nave a terra ed ha uffici in alcune delle città europee che ospitano investimenti di COSCO, Rotterdam, Valencia, Amburgo e Savona, ma è attiva nella maggior parte dei porti europei, compresi Belgio, Grecia e Francia. Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo secondo il quale la tecnologia delle gru ZPMC consentiva all’attrezzatura di raccogliere dati sull’origine e la destinazione dei container.

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