Skip to content

dazi

Tutti i nuovi subbugli negli Usa sui dazi di Trump

Ecco le ultime novità sul fronte dei dazi. Fatti, numeri e approfondimenti

Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, la politica commerciale americana ha subito una svolta protezionista senza precedenti: quasi la metà di tutti i beni importati negli Stati Uniti è ora soggetta a dazi, un livello non visto da un secolo, con tariffe che colpiscono oltre 300 miliardi di dollari di importazioni.

Questa agenda, che ha ribaltato le regole del commercio mondiale, si è scontrata ieri con la Corte Suprema, che ha esaminato la legalità dell’uso di poteri d’emergenza per imporre tali misure.

Durante un’udienza di oltre due ore e mezza, i giudici – inclusi diversi conservatori nominati da Trump – hanno mostrato un forte scetticismo verso l’autorità presidenziale, mettendo a rischio un pilastro della sua strategia economica.

Una sentenza contraria potrebbe invalidare il 29% delle importazioni tassate, con implicazioni da trilioni di dollari per l’economia globale, i consumatori americani e i mercati internazionali.

COME GLI USA CON TRUMP HANNO RIVOLUZIONATO IL COMMERCIO MONDIALE

Secondo un’analisi del New York Times basata sui dati del Censura Bureau,, quasi il 50% dei beni che entrano nel Paese è ora soggetto a tariffe, un cambiamento che ha invertito le norme consolidate della WTO.

Prima del secondo mandato di Trump, la maggior parte delle importazioni avveniva in regime di libero scambio; oggi, oltre il 90% è influenzato da dazi annunciati quest’anno o nel primo mandato, o da esenzioni temporanee.

Come scrive il Nyt, Trump ha emesso “onda dopo onda” di dazi, colpendo praticamente ogni nazione al mondo con livelli non visti da circa un secolo.

Queste misure hanno trasformato la politica commerciale in favore di un protezionismo aggressivo, con tariffe d’emergenza che hanno colpito importazioni per oltre 300 miliardi di dollari solo nel 2025.

L’amministrazione ha utilizzato una vasta gamma di poteri presidenziali, tra cui la Sezione 232 per motivi di sicurezza nazionale su acciaio, automobili e legname, che non sono contestati in tribunale.

Anche se la Corte Suprema dovesse invalidare i dazi d’emergenza, circa il 16% delle importazioni rimarrebbe gravato da tariffe settoriali.

IL MECCANISMO LEGALE CONTESTATO

Al centro della disputa c’è l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977, una legge che permette al presidente di “regolare” le importazioni durante emergenze nazionali.

Trump l’ha invocata per imporre dazi su circa il 29% di tutte le importazioni americane, dichiarando “emergenze” legate al traffico di fentanyl e squilibri commerciali.

Come riporta l’Associated Press, l’amministrazione sostiene che questi dazi siano una forma di regolazione del commercio estero, non una tassa, e che generino entrate “incidentali” per centinaia di miliardi di dollari, aiutando a ridurre il deficit.

Tuttavia, i ricorrenti – tra cui una dozzina di stati a guida democratica e una serie di piccole imprese – contestano questa interpretazione, argomentando che la Costituzione assegna al Congresso il potere di imporre dazi, e che l’IEEPA non menziona esplicitamente le tariffe.

I tribunali inferiori hanno già bocciato queste misure come illegali, permettendo però che restino in vigore in attesa della sentenza suprema.

La CNN sottolinea che si tratta della prima volta in 50 anni che un presidente usa l’IEEPA per dazi, e che la dottrina delle “major questions” – usata dalla Corte per bloccare politiche di Biden come il perdono dei prestiti studenteschi – potrebbe applicarsi qui, richiedendo un’autorizzazione congressuale esplicita per questioni di vasta portata economica.

L’UDIENZA DELLA CORTE SUPREMA

Ieri la Corte Suprema ha ascoltato argomenti orali in un caso che potrebbe ridefinire i poteri presidenziali, con implicazioni da trilioni di dollari per l’economia globale.

Come riporta l’Associated Press, una maggioranza di giudici – inclusi conservatori come Neil Gorsuch, John Roberts e AmyConey Barrett – ha espresso dubbi sull’uso unilaterale dell’IEEPA da parte di Trump, temendo che conceda un “potere illimitato” al presidente per tassare importazioni “da qualsiasi prodotto, da qualsiasi paese, in qualsiasi quantità, per qualsiasi durata”.

Gorsuch ha evocato lo spirito della Rivoluzione Americana, avvertendo di un “accumulo graduale di potere nell’esecutivo a scapito dei rappresentanti eletti”.

La CNN descrive un’udienza intensa, durata oltre due ore e mezza, in cui il giudice Roberts ha definito “sproporzionata” l’interpretazione dell’amministrazione, notando che il Congresso ha autorizzato dazi in altre leggi ma non nell’IEEPA.

Barrett ha interrogato il Solicitor General D. John Sauer sulla vastità della misura, chiedendo spiegazioni su perché colpisca nazioni come Spagna e Francia.

Anche il suo collega Brett Kavanaugh, pur sensibile agli argomenti di politica estera, ha insistito sul precedente di Nixon del 1971, ma i liberali – Elena Kagan, Sonia Sotomayor e Ketanji Brown Jackson – hanno attaccato duramente, con Jackson che ha definito l’IEEPA un tentativo del Congresso di “limitare”, non espandere, i poteri presidenziali.

Sotomayor ha ribattuto che “si tratta di una tassa, non di affari esteri”.

VINCITORI E PERDENTI

Gli effetti dei dazi di Trump variano enormemente da Paese a Paese, creando un mosaico di conseguenze.

Come scrive il New York Times, la Cina – già colpita da tariffe del primo mandato Trump e ampliate da Biden – affronta un tasso medio ponderato superiore al 40%, il più alto al mondo, con i nuovi dazi d’emergenza sovrapposti a quelli esistenti.

L’Unione Europea, invece, vede il 60% delle sue esportazioni ora tassate, rispetto al 25% pre-Trump, con molte misure soggette al verdetto della Corte.

Paesi come Canada e Messico hanno evitato il peggio grazie all’USMCA, l’accordo di libero scambio firmato da Trump nel primo mandato: la maggior parte delle importazioni entra duty-free, e la quota di beni esenti dal Canada è persino aumentata nonostante le tensioni.

Esenzioni strategiche proteggono prodotti vitali, come i farmaci irlandesi (fissati al 15%) o l’elettronica taiwanese.

Settori chiave come l’auto colpiscono duramente Giappone e Corea del Sud, con tariffe al 25% ridotte al 15% da accordi recenti.

Se la Corte limitasse i poteri d’emergenza, l’amministrazione potrebbe espandere i dazi settoriali, colpendo economie esportatrici.

Torna su