Era solo una questione di tempo, prima che la crisi si facesse sentire anche sul mercato del lavoro tedesco. D’altronde, la ripresa economica tarda a farsi sentire e in Germania le aziende continuano a ridurre gradualmente il personale. Gli ultimi colpi sono arrivati dall’automotive, dove Bosch taglia 13 mila posti di lavoro in aggiunta ai 9 mila già programmati, e dal trasporto aereo, con Lufthansa che cala la scure su circa 3 mila addetti in amministrazione per ridurre i costi di gestione del 20%.
Secondo il nuovo barometro dell’occupazione elaborato dall’Istituto Ifo, l’indice a settembre è sceso a 92,5 punti, contro i 93,8 registrati ad agosto, toccando così il livello più basso dal giugno 2020. Un segnale che testimonia la prudenza con cui le imprese stanno affrontando il mercato del lavoro, frenando assunzioni, lasciando vacanti molti posti senza procedere a nuove selezioni, e ora anche licenziando.
LE IMPRESE FRENANO SULLE ASSUNZIONI (E LICENZIANO)
“Il clima resta cauto, perché all’orizzonte non si intravede ancora una ripresa significativa”, ha spiegato Klaus Wohlrabe, responsabile del sondaggio Ifo che ogni mese raccoglie le valutazioni di circa 9.000 aziende. Salvo casi eccezionali non si registrano ondate di licenziamenti, ha aggiunto, ma il trend di fondo resta quello di una riduzione lenta e costante degli organici.
Il calo non è uniforme in tutti i settori. L’industria nel complesso mostra un arretramento contenuto, ma comparti come l’automotive e la meccanica hanno annunciato tagli di personale. Anche i servizi soffrono: in particolare trasporti e logistica hanno visto emergere i primi licenziamenti. Diversa la situazione nell’edilizia, dove l’occupazione rimane sostanzialmente stabile, mentre nel commercio la tendenza è verso un ridimensionamento più marcato.
Secondo gli analisti, la difficoltà non riguarda soltanto la congiuntura immediata. I dati mostrano che il mercato del lavoro sta affrontando una fase strutturale di cambiamento, nella quale la demografia e le trasformazioni industriali pesano quanto il ciclo economico.
CAMBIAMENTI STRUTTURALI E DEMOGRAFIA: LA TEMPESTA PERFETTA
L’Istituto per la ricerca sul mercato del lavoro e professionale (IAB) dell’Agenzia federale per il lavoro prevede per il 2025 un incremento molto contenuto del numero di occupati, appena 10.000 unità. Nel 2026 si dovrebbe addirittura assistere a un calo di circa 20.000 persone. Nonostante i pacchetti fiscali approvati dal governo siano destinati a stimolare la crescita, l’effetto positivo verrà attenuato dall’invecchiamento della popolazione.
Le proiezioni indicano infatti che, dopo un lieve aumento della forza lavoro quest’anno (+60.000), nel 2026 il potenziale occupazionale del paese diminuirà per la prima volta di 40.000 unità. Anche una crescita del prodotto interno lordo stimata all’1,1% per il 2026, superiore allo 0,2% atteso per quest’anno, non sarà sufficiente a generare un significativo incremento dell’occupazione. “Lo spazio per la creazione di nuovi posti di lavoro è molto limitato”, ha dichiarato all’Handelsblatt Enzo Weber, responsabile delle previsioni macroeconomiche dell’IAB.
UNICA BOCCATA D’OSSIGENO, IL SETTORE PUBBLICO
Nel settore manifatturiero, il futuro si annuncia ancora più complesso. La trasformazione tecnologica, unita alla debolezza del commercio estero legata anche alla politica tariffaria degli Stati Uniti, porterà secondo le stime a una contrazione di 130.000 posti nel 2025 e di ulteriori 70.000 nel 2026.
A bilanciare parzialmente queste perdite, l’IAB intravede una crescita consistente dell’occupazione nei servizi legati al settore pubblico, all’istruzione e alla sanità: qui potrebbero crearsi 210.000 nuovi posti nel 2025 e altri 130.000 l’anno successivo. Nel frattempo, il numero dei disoccupati dovrebbe salire nel corso del 2025 di circa 160.000 unità, toccando quota 2,95 milioni. Solo nel 2026 i ricercatori ipotizzano una nuova flessione.