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Tim: la retromarcia di Vivendi, l’esultanza di Elliott, le parole di Gubitosi e il siluro sulle remunerazioni

Che cosa è successo venerdì 29 marzo nell'assemblea di Tim. Fatti, numeri, commenti e approfondimenti

 

Dopo mesi di tensioni tra Vivendi ed Elliott, ieri nell’assemblea di Tim si è evitato lo scontro frontale e la conta dei voti sulla proposta di revoca di cinque consiglieri Elliott, avanzata dal socio francese, che ha ritirato la sua mozione. Un passo indietro strategico, quello del gruppo parigino, sullo sfondo anche dei rumour che lo davano decisamente perdente nella sua richiesta: erano sotto di 12 punti, quindi si sono ritirati per evitare una disfatta, dicono ambienti del fondo americano di Paul Singer.

Ma non è una pace tra i duellanti, è piuttosto una tregua (armata). A Parigi si resta in attesa degli sviluppi, mandando segnali che danno ai fatti di ieri il sapore più di un armistizio.

CHI C’ERA ALL’ASSEMBLEA DI TELECOM ITALIA

I soci hanno risposto all’invito fatto dal management durante il roadshow e sono intervenuti in maniera massiccia (oltre il 67%). Vivendi era presente con il suo 23,94%, Elliott con il 9,55%, Cdp con il 9,89%, il Canada Pension Plan è l’unico fondo segnalato con una quota rilevante al 3,24% ma i fondi sono intervenuti in massa con chiare indicazioni di voto.

LE PAROLE DI VIVENDI

Vivendi, come detto, a sorpresa ha ritirato la sua richiesta di revoca e sostituzione di 5 consiglieri, tra cui lo stesso presidente Fulvio Conti. Dopo aver ricordato il suo impegno come azionista di lungo termine e l’investimento di 4 miliardi (ha una quota del 23,9%) un rappresentante del gruppo capeggiato da Vincent Bolloré ha fatto notare che proprio per questo Vivendi “è più interessata di ogni altro azionista a ristabilire una governance collegiale e normale”.

IL COMMENTO DI GUBITOSI

“Un gesto coraggioso – ha commentato l’amministratore di Tim, Luigi Gubitosi – il primo passo di una lunga marcia che faremo insieme”. Il 2019, ha aggiunto Gubitosi, “è un anno importante e deve rappresentare una discontinuità con il passato, deve portare la società a concentrarsi sull’execution del suo piano industriale portarla a creare valore”. “Siamo sicuri avrà successo” ha aggiunto e “stabilizzerà i ricavi e taglierà i costi”. “E ora che abbiamo messo da parte assemblea e bilancio ci dedicheremo a Open Fiber su cui stiamo continuando il lavoro e che può’ creare valore”.

LA REAZIONE DI ELLIOTT

“E’ una vittoria per la società e prepara la strada per la stabilità e la duratura creazione di valore per tutti gli stakeholder”, ha commentato Elliott, leggendo nella mossa di Vivendi “un chiaro segnale del fatto che si rende conto che c’è un ampio supporto per l’attuale cda indipendente di Tim”.

IL FUOCO SOTTO LA CENERE

“Vigileremo da oggi che ogni membro del board agisca nell’interesse di tutti gli azionisti”, ha detto un portavoce di Vivendi. Resta l’ombra, infatti, dell’astensione nel momento di votare il bilancio e il nuovo revisore per il periodo 2019-2027 a Ernst & Young.

CHE COSA SI DICE IN CDP ED ELLIOTT

Per questo, anche se Cdp e Elliott alla fine hanno acconsentito a «revocare la richiesta di revoca», da Cassa e fondo Usa si mostra una certa irritazione per il comportamento del primo socio transalpino che ha fatto mancare il suo assenso su tutti i punti all’ordine del giorno, astenendosi su bilancio (votato da tutti nel cda), dividendo alle azioni di risparmio, politica di remunerazione, modifica nel meccanismo di incentivazione del management (che così è stato bocciato), e persino sulla nomina della società di revisione.

IL RUOLO DEI FONDI

I fondi, infatti, come preannunciato dalle indicazioni di voto dei proxy advisor, hanno bocciato la politica di remunerazione e respinto l’aggiornamento del Long-Term Incentive Plan 2018. Il voto non è vincolante ma è un segnale del dissenso da non sottovalutare, si mormora tra molti gestori.

NEL MIRINO LE POLITICHE DI REMUNERAZIONI E INCENTIVI

I proxy advisor che valutano le proposte all’assemblea per suggerire il comportamento di voto dei fondi avevano dato indicazioni differenti: Glass Lewis è a favore, Iss e Frontis contro. Il proxy advisor Frontis nella sua relazione preparatoria all’assemblea si era schierata contro la proposta di remunerazione, considerata ancora eccessiva. Il proxy advisor apprezza la trasparenza nella relazione sulla remunerazione “poiché tutte le condizioni sono divulgate e gli obiettivi a lungo termine sono quantificati”.

LE CRITICHE ALLE REMUNERAZIONI

Il suggerimento di Frontis è stato di opporsi perché “deploriamo con forza che il Consiglio non abbia proposto alcuna modifica alla politica approvata nel 2018, nonostante l’altissima opposizione degli azionisti di minoranza”. Il motivo del no? “La remunerazione variabile del CEO Gubitosi supera significativamente il limite di politica di voto del 300% del stipendio base: il bonus annuale in contanti e’ limitato al 150% e l’incentivo a lungo termine al 350% su una base media annuale. Inoltre, ci rammarichiamo che il conferimento dell’incentivo incentivo a lungo termine di Gubitosi dipenda da un periodo di prestazioni di soli 2 anni”.

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