Caro direttore,
come sai, seguo il settore delle tlc da anni e l’ultima presa di posizione di un capo sindacale di Tim mi pare degna di menzione, viste anche le sue passate esternazioni.
Siccome, però, non penso che il caso meriti un vero e proprio articolo, che quindi non ti propongo, vorrei comunque sottoporti il caso come esempio di degenerazione sindacale: evidentemente non solo politici e top manager hanno da tempo in corso un’involuzione. E’ il segno dei tempi.
Vengo al dunque.
Negli ultimi anni, il segretario generale della Uilcom-Uil, Salvo Ugliarolo, è intervenuto a più riprese sul percorso di trasformazione di Tim, contestando ogni tappa del piano industriale: dalla separazione della rete fino al progetto DNA di questi giorni.
Molte di queste previsioni – “bomba sociale”, “spezzatino” – non si sono mai concretizzate. Eppure, il tono resta invariato. Il confronto tra le parole e i risultati aiuta a capire quanto la narrazione del sindacalista si sia progressivamente allontanata dai fatti.
Le dichiarazioni
Agosto 2023: “Progetto senza nulla di industriale”
Nel comunicato stampa del 29 agosto 2023, Ugliarolo definiva la separazione della rete “un progetto che non ha nulla di industriale per il nostro Paese e per questa azienda”, accusando il governo di “strizzare l’occhio ai fondi stranieri” e prevedendo “una vera bomba sociale”.
I fatti successivi: l’operazione si è chiusa nel luglio 2024 per 18,8 miliardi di euro, riducendo il debito di Tim da 25,6 a 7,5 miliardi. Nessun licenziamento, continuità operativa, 20.000 persone trasferite regolarmente a FiberCop e una nuova Tim che marcia verso gli obiettivi prefissati.
Ottobre 2023: “Più si va avanti e più aumentano i dubbi”
Nel comunicato nazionale del 23 ottobre 2023, Uilcom parlava di “piano puramente finanziario”, “assenza di confronto” e “rischio di contenzioso legale”.
La realtà: l’operazione si è conclusa con il via libera di tutte le autorità competenti e l’apprezzamento unanime degli analisti per la chiarezza industriale e la sostenibilità della nuova struttura.
Novembre 2023: “Che fine ha fatto la grande TIM?”
La Uilcom lamentava “lo spezzatino dell’azienda”, “ripercussioni sulla transizione digitale del Paese” e paventava che “chi lavorerà nella ServCo dovrà competere con i call center”.
Un anno dopo, Tim resta l’operatore più infrastrutturato in Italia, con un piano industriale triennale fondato su connettività, cloud, AI e servizi alle imprese.
Il pasticcio Vivendi
Un altro ambito in cui il sindacalista si è messo in evidenza è il suo rapporto ambiguo con l’ex azionista Vivendi.
A marzo del 2022 Ugliarolo aveva definito la separazione della rete “un’operazione che serve soltanto per dare ristoro a Vivendi”, prevedendo “la privatizzazione degli utili a tutto vantaggio dell’attuale socio francese”.
Giugno 2023: Cambio di rotta improvviso. Commentando un articolo di Le Figaro, Ugliarolo dichiarò: “Ci fa piacere che anche i francesi abbiano capito come questo tipo di operazione non vada a essere risolutiva”.
I fatti: Vivendi ha perso circa 2 miliardi di euro, ritirato la causa contro Tim nel marzo 2025 e venduto la propria quota a Poste Italiane a 0,29 euro per azione (oggi Tim viaggia intorno ai 50 centesimi di euro). Esattamente il contrario di quanto previsto. Ugliarolo aveva sbagliato la previsione e anche la posizione da tenere, cambiandola a metà percorso. Poste, in pochi mesi, ha visto il proprio investimento apprezzarsi di quasi il 75%.
In ogni fase, le previsioni di collasso sono state smentite dai dati occupazionali, economici e industriali.
Un copione ripetuto
Già dal 2020 Ugliarolo aveva definito lo scorporo “macelleria sociale” e “fine di TIM”.
- Agosto 2020: “Togli il core business e fai macelleria sociale”
- Agosto 2022: “La vendita della rete sarebbe la fine di TIM”
- Marzo 2022: “Operazione per dare ristoro a Vivendi”
- Agosto 2023: “Bomba sociale”
- Febbraio 2025: Sei mesi dopo la vendita, ancora: “Siamo sempre stati contrari a qualunque ipotesi di spezzatino”
Mai un mea culpa, mai l’ammissione di aver sbagliato previsioni.
Il presente: dal post-NetCo al Progetto DNA
Oggi, Ugliarolo torna a puntare il dito contro Tim e utilizza la joint venture Telecontact-DNA per attaccare il colosso delle telecomunicazioni, bollando l’operazione “senza valore”. È la stessa logica usata per la rete: negare la dimensione industriale e prefigurare effetti negativi che non si verificano.
In realtà, secondo quanto è emerso dai colloqui che hanno avuto i sindacati con l’azienda, il progetto DNA consolida attività labour-intensive, tutela oltre 3.300 lavoratori – i livelli occupazionali sono garantiti per almeno 4 anni cosa che oggi non è affatto assicurata – e integra competenze in ambiti evolutivi. È la prima risposta vera al tavolo di crisi sui call center aperto presso il MIMIT e che punta a gestire la trasformazione e il reskilling delle persone. È un’iniziativa industriale che arriva da lontano, molti predecessori di Pietro Labriola avevano provato invano a realizzarla nell’ultimo decennio e adesso l’azienda non sembra affatto intenzionata a fare marcia indietro. E’ inoltre un accordo non finanziario, coerente con il piano del gruppo e con la traiettoria di crescita prevista.
Ma a chi giovano tutti questi Babau?
Salutoni, caro direttore.
Luigi Pereira






