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Salario Minimo Cnel

Sul salario minimo mancano i dati per una comparazione completa

Cosa c'è e cosa non c'è nel documento del Cnel sul salario minimo. L'intervento di Marco Pepe, consigliere nazionale di Unimpresa

Il documento di riflessione in materia di salario minimo approvato ieri dall’Assemblea del Cnel è molto articolato e puntuale. Esso affronta, ad avviso di Unimpresa che più volte ha denunciato la necessità di depurare l’articolata materia del lavoro da strumentalizzazioni politiche e da semplificazioni di “strada”, la materia complessa del lavoro povero legato al salario minimo e alla produttività tenendo conto di una visione d’insieme degli elementi che li compongono. Alcuni dati, tuttavia, emersi dal lodevole lavoro svolto dall’assemblea del Cnel, ad avviso di chi scrive, impongono una maggiore riflessione.

La direttiva Ue 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nella Unione europea, anche in ragione dei vincoli per l’Italia con riferimento alla sua trasposizione nel nostro ordinamento giuridico prevista entro il 15 novembre 2024, non impone alcun obbligo di fissare per legge un salario minimo. Quelle norme dell’Unione europea, al contrario, tendono a promuovere il diritto dei lavoratori a una tutela garantita dal salario minimo, preferendo la soluzione contrattuale a quella legislativa.

Come sottolinea il documento del Cnel: “A parere della Commissione e del Consiglio “il buon funzionamento della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari è uno strumento importante attraverso il quale garantire che i lavoratori siano tutelati da salari minimi adeguati che garantiscano quindi un tenore di vita dignitoso (…). Una contrattazione collettiva solida e ben funzionante, unita a un’elevata copertura dei contratti collettivi settoriali o intersettoriali, rafforza l’adeguatezza e la copertura dei salari minimi” (considerando 22 della direttiva).”

Voci retributive da prendere in considerazione per quantificare il salario minimo. “La direttiva europea – sottolinea il Cnel – è inequivocabile nel richiedere agli Stati nazionali di provvedere “affinché le informazioni relative ai salari minimi legali e alla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili, comprese le informazioni sui meccanismi di ricorso, siano accessibili al pubblico, ove necessario nella lingua più pertinente, come stabilito dallo Stato membro, in modo completo e facilmente accessibile” (art. 11).”  L’assemblea, quindi, auspica “di realizzare in forma istituzionale uno stretto collegamento tra condizioni di lavoro, salari e produttività che è niente altro che l’essenza più profonda della funzione della contrattazione collettiva”.

Questo significa che, in materia di retribuzioni, il dibattito sul salario minimo ha messo in evidenza come la pluralità di definizioni delle retribuzioni complica la lettura comparata dei testi contrattuali oltre alla parziale mancanza di dati comparativi. In pratica, emerge l’urgenza di creare un metodo condiviso e univoco di selezionare le voci che definiscono il minimo salariale adeguato a quanto previsto dalla direttiva.

Infatti, la struttura della retribuzione in Italia non è pensata in funzione di una “tariffa oraria” diversamente da altri Paesi europei, ma da diversi valori che hanno lo scopo di valorizzare la produttività, la flessibilità organizzativa, del welfare contrattuale e della bilateralità. Il documento afferma come “anche in assenza di condivisione sui criteri di calcolo delle voci retributive che concorrono a definire il salario minimo adeguato – pur con non trascurabili eccezioni, il sistema di contrattazione collettiva di livello nazionale di categoria supera più o meno ampiamente dette soglie retributive orarie.”

Unimpresa ha voluto sottolineare soltanto questi due aspetti rilevanti ai fini di una corretta strada da intraprendere, non trascurando certamente quanto indicato nel documento del Cnel circa il sommerso, le altre forme di lavoro, il sistema cooperativistico. Tutto questo rilevando che altre cause sono in gioco come, a esempio, il numero delle settimane lavorative, il lavoro temporaneo, il part-time, il sistema degli appalti su cui Unimpresa si è ampiamente soffermata in precedenti articoli. Il dibattito sul salario minimo ha il pregio di aver scoperto il “vaso di pandora” determinato da fattori che negli anni passati non sono stati ben gestiti ed oggi siamo in corsa per riorganizzare al meglio la mole di lavoro atteso e, in più, dobbiamo attendere dati freschi che mancano.

 

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