A Singapore, nelle strade di Geylang – l’unico quartiere vagamente minaccioso di una città-stato dove gettare una sigaretta a terra costa multe salatissime e lo spaccio di droga è punito con la pena di morte – gli schermi tv di bar, chioschi e locali all’aperto trasmettono eventi sportivi da tutto il mondo, senza sosta, 24 ore su 24, ma è solo nelle ore piccole che questa zona mostra il suo vero volto di snodo globale delle scommesse clandestine.
A seconda della stagione, quando nel Sudest asiatico sono le due o le tre di notte in Europa possono essere le otto o le nove di sera: è proprio a quest’ora che – mentre i giocatori dei campionati europei si scaldano per scendere in campo – gli allibratori di strada si scatenano: parlano in mandarino, in malaysiano o in tamil, sgomitano nelbuio afoso per passare tra i tavoli a raccogliere banconote, pegni o semplici pezzi di carta che valgono come pagherò, poi si mescolano al tifo, strepitano, urlano, ma non perdono mai di vista i clienti, perché qui si può scommettere su ogni aspetto immaginabile di una partita di qualsiasi sport.
Ho piazzato una scommessa illegale riprendendola con una telecamera nascosta mentre stavo girando un documentario per la tv francese, ormai tredici anni fa: il mio bookie si faceva chiamare Sinner, aveva passato i sessanta ed era capace di tenere d’occhio almeno cinque fronti contemporaneamente, ma sembrava consapevole di esercitare una professione al tramonto, poco più di un intrattenimento notturno per turisti in cerca di brividi e scommettitori locali al confine della ludopatia.
Anche nel 2012 – quando il Bitcoin è nato da poco più di tre anni e la diffusione delle altre criptovalute è ancora lontana – Singapore è già la capitale delle scommesse illecite online e la sede «della più aggressiva gang del mondo nel settore delle partite truccate»: la banda – che non ha mai avuto un vero nome – sta attirando indagini e rogatorie internazionali, anche dall’Italia, dove nell’inchiesta Last Bet la Procura di Cremona indaga su decine e decine di match, perfino in Serie A.
Il capo della gang è Tan Seet Eng, detto “Dan ah Blur” o “Dan Tan”, un 47enne singaporiano di etnia cinese che conduce una vita apparentemente ordinaria ma in realtà invia i suoi uomini in Europa, in Africa, in Medio Oriente e in America Latina sotto la copertura di false società di promozione di eventi sportivi, e stabilisce a tavolino i risultati delle partite dal salotto di casa sua, in un condominio della classe medio-alta nel nord della città. In malaysiano questo affare sporco viene detto kelonge Tan Seet Eng è il Kelong King.
Tan Seet Eng sarà arrestato insieme a diversi esponenti della banda nel 2013, al culmine di una serie di indagini che vanno dall’Italia all’Ungheria fino alla Finlandia, ed è uscito di prigione solo nel 2020.
Ma da allora, quando ciclicamente emergono notizie su calciatori professionisti risucchiati nel mondo delle scommesse, drizzo immediatamente le orecchie perché visto dall’interno il meccanismo è molto più complesso di quanto potrebbe apparire in superficie.
Scommesse illimitate
Un punto deve essere chiaro; non sto accusando Nicolò Fagioli o altri di essersi prestati a eventuali combine, di cui peraltro al momento non c’è alcuna traccia nelle indagini di questi giorni: il caso Fagioli è già stato analizzato in lungo e in largo sul piano umano e psicologico e non penso che sia necessario aggiungere nient’altro.
Ma il piano economico è tutt’un’altra questione, perché la gang di Singapore e altri gruppi simili attivi nel Sudest asiatico hanno sempre trattato ogni partita da truccare come se fosse un titolo quotato in Borsa, e molti degli uomini del Kelong King non sono stati toccati dalle inchieste e secondo diverse fonti non hanno mai interrotto le loro attività.
Nei mesi trascorsi a Singapore per indagare sulla gang di Tan Seet Eng sotto le continue indicazioni del compianto collega Gianluca Ferraris ho incontrato personaggi stravaganti come Simon Megadiamond, un singaporiano di etnia tamil tutto abiti firmati e diamanti incastonati nei denti che aveva viaggiato in mezza Europa per truccare diverse partite delle serie minori, e Ken J., un giocatore con forti contatti nel sottobosco dei siti illeciti di scommesse.
Da loro ho imparato che nello schema finanziario del Kelong basta corrompere un solo calciatore per ottenere un risultato moderatamente soddisfacente sul piano economico a scapito dei compagni di squadra ignari, ma che per fare davvero molti soldi su un’unica partita bisogna comprarsi un numero ideale di tre giocatori di entrambi i team.
Ho scoperto che per evitare l’attenzione di tutti i meccanismi di sorveglianza del calcio globale – che ovviamente tendono a sospettare di flussi anomali di scommesse concentrati su singole partite, magari all’ultimo momento – la maggior parte delle puntate si piazza su siti clandestini, alimentati da un fattore tanto semplice quanto inamovibile: in Cina il gioco d’azzardo è proibito su tutto il territorio (con l’eccezione della Regione Amministrativa Speciale di Macao), ma neanche Xi Jinping in persona può proibire completamente le scommesse alla seconda nazione più popolosa del mondo.
Ken J mi ha mostrato che sui siti illeciti è possibile scommettere praticamente su tutto: sugli schermi si vedono scorrere torrenti di cifre e combinazioni che riportano match improbabili come partite della seconda divisione norvegese o tornei cui partecipano le nazionali under 19 di Emirati Arabi Uniti e Kuwait.
Inoltre, la tipologia di scommessa è virtualmente illimitata: «Molte di queste partite vengono spacchettate in micro-tempi di 5 minuti ciascuno e puoi puntare su quale squadra riceverà un calcio di rigore, sul numero di calci d’angolo e di falli assegnati, e con il livebetting puoi farlo fino all’85simo minuto e anche durante i tempi supplementari, mentre osservi le quote cambiare in tempo reale sullo schermo».
In questo contesto frenetico alcuni degli uomini di Tan Seet Eng sono riusciti a piazzare partite truccate ormai entrate nella leggenda, ai limiti del dadaismo, come l’amichevole tra le nazionali del Bahrain e del Togo in cui l’intera squadra del Togo era composta da figuranti, finti giocatori accreditati con i tesserini dei veri titolari.
Soprattutto, ho imparato che lo schema del Kelong è un reato fluido, inafferrabile ed estremamente redditizio.
Un rapporto elaborato nel 2011 dall’Istituto francese di relazioni internazionali e strategiche (IRIS) assieme all’Università di Salford Manchester, al China Center forLottery Studies e allo studio legale Praxes, specializzato nell’analisi criminale del fenomeno della corruzione, riferiva di oltre 200 miliardi di dollari l’anno di raccolta per gli scommettitori del Far East, almeno la metà dei quali appannaggio del circuito illegale.
Secondo l’ESSA, l’organismo antifrode a cui aderiscono i principali operatori europei del circuito legale, si va leggermente oltre. Altri due studi (uno, più datato, della School of Government Affairs di Harvard e l’altro, più recente, della rivista Foreign Policy) parlano rispettivamente di 325 e 460 miliardi, mantenendo inalterata la stima di una divisione alla pari tra proventi legittimi e non.
In ogni caso il margine di guadagno netto stimato per le organizzazioni criminali non è inferiore ai 10 miliardi l’anno, la liquidità accumulata è almeno a quota 90 miliardi. All’epoca, tutti questi soldi sarebbero finiti nelle tasche della gang di Singapore e dei suoi finanziatori, le Triadi di Hong Kong, Macao e le altre organizzazioni criminali del Sudest asiatico, per le quali le combine si sono rivelate un affare più redditizio e assai meno rischioso di traffici come la droga, le armi, la prostituzione e la contraffazione.
Nel 2018, invece, il volume globale delle scommesse illecite aveva raggiunto i 500 miliardi di dollari, e l’edizione 2024 del consueto rapporto della UNODC (United Nations Office on Drug and Crime) definiva «una minaccia in continua crescita» il fenomeno del riciclaggio di denaro illecito attraverso le piattaforme di scommesse.
Perché Singapore
Singapore ha costituito – e costituisce ancora, almeno in parte – la base ideale di questo genere di attività per una serie di condizioni spesso irripetibili altrove: anche nel 2025 il passaporto di Singapore è il più accettato del pianeta, caratteristica che consente a eventuali match-fixer di muoversi liberamente ovunque, e l’economia della città-stato è tra le più libere del mondo, un fattore che consente l’accesso continuo di capitali immensi, pronti per essere reinvestiti (e riciclati) nel gigantesco giro delle scommesse.
Ma non c’è solo Singapore: diverse indagini oggi conducono verso spiagge molto più vicine a noi come Malta, che da tempo sembra emergere come un’altra centrale di scommesse poco chiare, e diversi altri territori e piccoli stati sarebbero entrati nel gioco del Kelong, con o senza radici in Asia, diventato ormai un fenomeno globale che toccherebbe anche diversi altri sport, incluso il tennis.
Quando ci si trova di fronte a numeri del genere, sia in termini di scommesse che di cifre di denaro, è facile lasciarsi prendere dallo sconforto perché ogni partita può nascondere le insidie di criminalità organizzata, combine e riciclaggio.
Ha detto il criminologo australiano Mark Findlay, che dall’Università di Singapore ha analizzato l’intero fenomeno:
La vera domanda è: se il crimine è diventato globalizzato a questi livelli, che cosa stanno facendo gli Stati nazionali per dare una risposta a tutto ciò? E la risposta è che stanno facendo molto poco. Impedire alla gente di scommettere è esattamente come proibire loro di bere birra.
Se analizziamo la costituzione dei pacchetti finanziari delle scommesse che abbiamo esaminato, la raccolta dei fondi e la loro vendita, alla fine arriviamo alla tragica consapevolezza che tutto ciò sia praticamente impossibile da controllare.
È uno schema di investimento, lo possiamo spiegare con gli stessi meccanismi dello stock market.
È un cattivo business? No, perché è estremamente redditizio. È un business malvagio? Sì, assolutamente, perché rovina i sogni di ragazzini di dieci anni e ci priva di un piccolo, legittimo piacere: assistere a una partita di calcio e scommettere su chi vincerà, senza che la nostra fiducia venga tradita.