La dimensione del lavoro è fondamentale per ognuno di noi: lavoro dipendente, autonomo, casalingo, si tratta sempre del mezzo con il quale ogni persona si realizza, trova il proprio posto nella società, contribuisce al bene proprio e degli altri. Certamente, lo sappiamo, non è sempre così: lavoratori non rispettati nei loro diritti, disoccupati, lavoratori precari. Il 1° maggio ci ricorda tutto questo, ci ricorda la piena o mancata realizzazione della persona.
Chi mi conosce sa che non amo le divisioni di genere nella battaglia dei diritti. Tuttavia non posso non ricordare che spesso l’accesso al mondo del lavoro per le donne non gode delle stesse garanzie di quanto avviene per gli uomini. Purtroppo troppo spesso la maternità non è tutelata, certe posizioni sono assegnate solo a lavoratori uomini; la donna lavoratrice non può contare su di un welfare sociale fatto di asili Nido gratuiti o di altri interventi. Il mancato riconoscimento del diritto alla libertà di scelta educativa lede, inoltre, anche questa realtà: una scuola pubblica paritaria che offre un servizio di assistenza allo studio sino alle 18:00 non può essere scelta perché per quella scuola occorre pagare una retta.
E’ un circolo vizioso: fino a quando determinati diritti non saranno garantiti la situazione non potrà registrare un effettivo miglioramento. Occorre, inoltre, creare un legame diretto tra scuola e mondo del lavoro, tra scuola e tutti gli attori economici presenti sul territorio: biblioteche e musei per le scuole dei nostri centri storici, aziende del made in Italy per le scuole di provincia. E ancora: creare un contatto diretto con le grandi realtà del turismo, della valorizzazione del nostro patrimonio culturale, tutte realtà sulle quali la nostra economia può essere costruita.
Ricordare il 1° maggio significa, da una parte, trovare strategie per aumentare le opportunità di impiego, dall’altra garantire a tutti la possibilità di accedervi. Invito i giovani ad accostarsi al mondo del lavoro con umiltà e attenzione, con disponibilità di mente e di cuore: un po’ di gavetta fa bene a tutti! Dall’altra invito i datori di lavoro ad offrire ai nostri giovani vere opportunità di apprendimento, nel rispetto e nella serietà dei rapporti. Scuola e mondo del lavoro sono uniti anche in questo: nel formare e nell’essere formati. E’ sempre stato così: dalla bottega artigiana del Medioevo alla grande industria della nostra epoca, in un passaggio di conoscenze e di pratiche che ha fatto grande il nostro Paese.
Concludo citando un passo della Gaudium et spes, la Costituzione conciliare sulla chiesa nel mondo contemporaneo: desidero che sia un auspicio per tutti, credenti e non credenti, uomini e donne, studenti e lavoratori, perché ognuno si senta chiamato, in un circolo virtuoso di responsabilità: l’attività umana, invero, come deriva dall’uomo, così è ordinata all’uomo. L’uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare (…) Pertanto, questa è la norma dell’attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio essa corrisponda al vero bene dell’umanità, e permetta all’uomo singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.