QUANDO CI FURONO PROBLEMI PER IL BERLUSCONI IMPRENDITORE
I primi anni Novanta erano stati molto problematici per le attività del Cavaliere. Il peggio nel 1992: pubblicità delle tv a crescita zero, debiti tra finanziari e commerciali saliti a 4.500 miliardi di lire secondo Mediobanca, di fronte a un patrimonio di poco più di mille miliardi, oltre 700 miliardi l’anno di soli oneri finanziari, il tutto si reggeva in piedi solo grazie alla raccolta di liquidi da parte di Standa, che però la portavano in perdita, non pagando i fornitori e dovendo girare cassa a sostegno della capogruppo. Quote molto rilevanti delle maggiori società del gruppo erano a garanzia ipotecaria dei prestiti bancari. T
QUANDO BERLUSCONI ANDO’ DA CUCCIA
utto ciò spinse Berlusconi riservatamente persino a tentare una via per lui indigesta. Andare da Enrico Cuccia e chiedergli aiuto. Ma Cuccia gli rispose che l’aiuto era possibile solo a condizione che Berlusconi accettasse quel che più volte gli Agnelli e i Pirelli avevano dovuto assecondare per essere salvati da Mediobanca: restare per un pezzo in minoranza nei poteri di gestione, e fare tutto ciò che Mediobanca avrebbe predisposto. Berlusconi disse no, e rischiò che le Banche di interesse nazionale ancora pubbliche gli bloccassero l’anticipo continuo delle linee di credito, chiedendogli un rientro immediato che avrebbe determinato il default del gruppo.
IL RUOLO DI CESARE GERONZI PER BERLUSCONI
Si sottrasse Cesare Geronzi con il Banco di Roma, che continuò a sostenere Berlusconi e ne ottenne imperitura riconoscenza. Ma Geronzi non sbagliò: alla fine Berlusconi affidò nell’autunno ’93 il suo gruppo nelle mani di Franco Tatò, e con la quotazione di Mondadori e con la trasformazione della Mediolanum in Spa per poi quotare anch’essa, le basi perché Tatò recuperasse alla capogruppo 1.600 miliardi di lire erano già poste poco prima delle elezioni del 1994. Prima, seppur di poco ma prima: non dopo.
COSA PENSAVA CUCCIA DI BERLUSCONI
Non è un mistero che Cuccia ricavasse da queste vicende il giudizio su Berlusconi come uomo disinvolto la cui parola non conta molto, sempre pronto a mettere a proprio vantaggio le esternalità relazionali che vengono dal cuore profondo dell’Italia meno produttiva, che si regge appoggiandosi di volta in volta a quelle forze economiche e politiche che un domani garantiranno cospicua riconoscenza.
[…]Agli occhi di un fallito come me, Berlusconi è imperdonabile. E i suoi epigoni attuali in Italia non sono dotati neanche di una frazione della sua forza comunicativa di un tempo. Però parliamoci chiaro: solo concentrando decine e decine di indagini e processi su di lui si è ottenuto l’effetto di appiccicargli la nomea di delinquente seriale. Se avessimo mai assistito a iniziative giudiziali analoghe sugli Schimberni e Gardini e Iri ed Efim e Gepi di un tempo, avremmo visto emergere orrori che invece resteranno chiusi nel dimenticatoio per sempre.
(Estratto di un articolo pubblicato dal Foglio; qui l’articolo integrale)