Questa settimana di Halloween ha tutte le carte in regola per essere un tassello importante nel confermare o meno l’impostazione al rialzo dei mercati azionari globali. Inizia un periodo di stagionalità che fino alla fine dell’anno è favorevole alla traiettoria dei mercati, anche se le incertezze su mercato del lavoro americano, tensioni commerciali e proiezioni di crescita delle big-tech non sono ancora del tutto sciolte.
I segnali positivi non mancano, le tensioni sul mercato del credito che sono emerse la settimana scorsa sono infatti state assorbite dai mercati; condizioni finanziarie favorevoli, utili societari del settore finanziario migliori delle attese e conferme nello scenario di tagli ai tassi sono stati i fattori fondamentali dominanti. I dati economici della settimana scorsa hanno rinforzato il tema di una stabile, graduale ma importante ripresa nel ritmo di crescita delle economie dell’Area Euro.
Gli indicatori PMI sulla fiducia delle imprese sono infatti saliti oltre le attese del mercato e si stanno attestando su livelli che delineano una fase di espansione con crescita superiore al livello potenziale. L’indice aggregato è salito a quota 52.2, confermando una successione positiva partita nel mese di giugno; anche la composizione sottostante raffigura una situazione pro-cilcica con i nuovi ordinativi industriali ed il segmento dei servizi in evidenza. L’impatto di tensioni commerciali, forza dell’euro ed instabilità politica in Francia sono ancora evidenti, ma un elemento di conferma arriva dalla Germania per cui il forte aumento di spesa pubblica comincia ad essere evidente nelle metriche di futura attività economica.
Questa settimana sarà la più importante nel calendario degli utili aziendali, con la pubblicazione degli utili per oltre il 40% della capitalizzazione di mercato sul S&P 500. Le revisioni degli analisti stanno accompagnando al rialzo le attese di crescita che ad oggi sono al 14.1% per il 2026. 5 delle big-tech riporteranno i risultati in settimana e sarà fondamentale per il mercato valutare le nuove proiezioni di crescita negli investimenti fissi per il prossimo anno, già attesi in rialzo rispetto all’attuale ritmo di crescita annua del 35%. I temi che saranno analizzati dal mercato saranno comunque molteplici; dalla capacità di espandere i margini sul business del cloud, alla tenuta della profittabilità, la crescita nelle vendite fino agli sviluppi del segmento AI.
Le delegazioni di negoziatori commerciali di Cina e Stati Uniti, nel corso di due giorni di colloqui tenutisi in Malesia, hanno annunciato domenica di aver raggiunto una serie di intese su molteplici questioni; un accordo quadro che pone le basi ad una de-escalation. Il segretario al tesoro Bessent ha dichiarato che la minaccia di Trump di imporre dazi al 100% è “di fatto esclusa”, Pechino sarebbe pronta a effettuare maggiori acquisti di soia e a rinviare le restrizioni sulle esportazioni di terre rare. Questa fase di negoziazione andrà a culminare nell’incontro tra Trump e Xi in Corea del Sud, a margine del vertice dei leader per la Cooperazione Economica Asia-Pacifico.
Molte banche centrali saranno in azione, ma l’attenzione del mercato potrebbe essere soprattutto sulla Bank Of Japan. A seguito dell’elezione del nuovo primo ministro, le aspettative del mercato si sono infatti aggiustate rispetto ad un mix di politica economica che preveda tassi a breve più contenuti ed uno yen più debole. La BOJ sta tuttavia gestendo un equilibrio di aggiustamento dei tassi al rialzo e la comunicazione che porterà al mercato potrebbe creare una revisione di quanto sia scontato dalle attuali curve dei tassi. Potenzialmente si potrebbe innescare volatilità sullo yen con ripercussioni sulla natura delle cosidette “carry trade”, o tensione al rialzo sui JGB a lunga scadenza con possibile impatto sui titoli governativi a livello globale.
Sia BCE che Fed sono invece destinate a seguire un percorso senza sorprese per il mercato, la prima lasciando i tassi invariati e la seconda portando un taglio di 25 punti base. Negli Stati Uniti, la pubblicazione ritardata dallo shut-down federale del dato sull’inflazione ha infatti confermato una tendenza di fondo stabile e discendente dei prezzi al consumo. L’indice CPI di settembre è aumentato dello 0.3% su base mensile, contro le attese dello 0.4%, portando il tasso annuo al 3% rispetto le attese del 3.1%. Il passaggio di maggiori costi legati alle tariffe non si evidenzia sui prezzi dei beni finiti, e anche i dati core sono risultati inferiori alle attese. La componente dei servizi core, fortemente legata alle dinamiche salariali, è in ribasso con una contribuzione nel calo degli affitti. La probabilità di un taglio ulteriore alla riunione di dicembre da parte della Fed è ormai pienamente scontata dal mercato.
Il valore degli investimenti ed il reddito da essi derivante possono oscillare (in parte a causa di fluttuazioni dei tassi di cambio) e gli investitori potrebbero non ottenere l‘intero importo inizialmente investito.






