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Senza investimenti (anche) pubblici, Italia e Ue scricchioleranno. Il commento del prof Piga

E' urgente rilanciare il ruolo degli investimenti pubblici e far partire la golden rule. Il commento dell'economista Gustavo Piga

Al di là del fatto che i provvedimenti presi sinora a riguardo dell’accelerare la celerità della realizzazione delle opere non paiono andare nella giusta direzione – dimostrazione eloquente ne è quella che il presidente dell’Ance, Buia, ha definito l’idra a sette teste costituita dalle ora sette strutture che a vario titolo dovrebbero occuparsi di sbloccare le infrastrutture e che dopo più di un anno non sono nemmeno operative – a preoccupare maggiormente è che i maggiori stanziamenti per gli investimenti pubblici continuano a non trasformarsi in erogazioni di liquidità per i cantieri.

Sarebbe miope continuare a sostenere che ciò avviene perché “non sappiamo spendere” (anche se lo spaventoso blocco del turn over che in questi anni sta colpendo specialmente il Meridione non può non giocare un ruolo) o a causa del “contenzioso amministrativo” (che riguarda per il biennio 17-18 solo l’1,5% complessivo dei bandi di lavori, secondo i dati del Consiglio di Stato): no, è evidente che sono le regole europee che limitano la possibilità per l’Italia di effettuare deficit maggiori (anche quando contenuti entro il 3% del PIL) a spiegare il crollo costante degli investimenti pubblici di questo decennio e la mancata ripresa attuale, malgrado i maggiori stanziamenti dedicati proprio a questi.

Che siano i vincoli a mordere si vede anche in fase di stanziamento: se il Governo annuncia a gran voce un apprezzabile grande piano di investimenti sostenibili di 55 miliardi e poi aggiunge “per i prossimi 15 anni” (dunque poco più di 3 miliardi l’anno in media) e poi aggiunge ancora che per il 2020 se ne stanziano solo 690 milioni (l’1,1%) è evidente che il problema è l’oggi ed i vincoli europei che sull’oggi vanno ad incidere. E sia chiaro: quei 690 milioni, 0,033% di PIL, una briciola rispetto a quanto necessario, saranno i primi a saltare ed a essere bloccati nel momento in cui si dovesse notare che mancano le risorse per raggiungere quel deficit del 2,2% di PIL sciaguratamente promesso all’Europa.

Perché sciaguratamente? Perché è evidente ormai anche ad un bambino che il famoso motto clintoniano “it’s the economy, stupid!” che il Presidente americano usò per rammentare a tutti che è l’economia a trainare i risultati politici, sia quanto mai attuale per riassumere lo stato di ebetudine in cui poggiano i nostri leader nazionali ed europei, che nel distruggere l’edilizia italiana e gli investimenti pubblici ad essa connessi non stanno solo distruggendo le tante costruzioni utili ai cittadini, ma la costruzione della casa più importante di tutte, quella Casa Europea che avevamo sognato con i Padri Fondatori alla fine della seconda guerra mondiale per dare un futuro di pace e prosperità alle future generazioni del nostro continente. E’ soprattutto per questa casa che dobbiamo fare presto, prestissimo, rilanciando il ruolo degli investimenti pubblici e facendo partire ora e non in futuro remoto la golden rule che riserva il 3% del Pil ad essi acconsentendo ad un deficit dello stesso ammontare.

(estratto dal blog di Gustavo Piga; qui la versione integrale)

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