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Come e perché la Russia partecipa alla corsa ai green bond

L'analisi di Cristiano Zagari, esperto di negoziato europeo e autore con Francesco Tufarelli del volume «Negoziando. Cassetta degli attrezzi per classi dirigenti» (Ed. The Skill Press, 2020).

 

È notizia di queste settimane che anche la Russia, nazione fortemente vincolata ai combustibili fossili, si sta posizionando nella corsa internazionale ai Green Bonds. Mosca ha incaricato Veb Rf, la Banca di Sviluppo controllata dallo Stato (di cui il vice-presidente è l’ex ambasciatore d’Italia a Mosca Cesare Maria Ragaglini) di creare un ecosistema ideale in Russia per la finanza sostenibile. Quella che a prima vista appare come una mossa autolesionistica è sorretta da svariate solide motivazioni.

Primo, dotarsi di un green bond è un modo per posizionarsi a livello internazionale rispetto a un mercato in forte crescita, alcune stime parlano di 120.000 miliardi di dollari in cerca di una nuova casa rigorosamente EGS (ambiente, governance, sostenibilità).

Secondo, l’enorme lavoro regolatorio dell’Unione europea in ambito di sostenibilità e il tentativo di “irreggimentare” i grandi gruppi del risparmio gestito internazionale (in particolare statunitensi e asiatici) rispetto agli standard green europei sta in realtà influenzando pesantemente anche le cornici regolatorie nel resto del globo.

Terzo, la Russia ha più spazio fisico di chiunque a disposizione per investire in energie rinnovabili (65% del territorio). Di conseguenza piuttosto che rischiare di venire marginalizzata rispetto a un ordine mondiale che si va ridefinendo su basi nuove ritiene sia più saggio cautelarsi e mettere in pratica la tecnica negoziale jiu-jitsu, ovvero di fronte a un attacco non opporre tutta la propria forza, ma schivarlo, convergendo l’energia verso la soluzione del problema.

Quarto, proprio pochi giorni fa la transizione ecologica ha avuto inizio ufficialmente con l’adozione (seppure ancora in forma parziale) del Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019.

Una misura che vincolerà in ambito di finanza sostenibile le società di gestione del risparmio, fondi pensione, consulenti finanziari, banche e assicurazioni tenute a spiegare nei loro siti web e nell’informativa pre-contrattuale cosa vendono e a informare con una certa frequenza il risparmiatore su cosa sta producendo in concreto il denaro.

Può sembrare un tecnicismo, ma in realtà chi conosce bene la macchina europea sa bene come la modalità carsica dei provvedimenti europei non impedisca a questi ultimi di avere impatti enormi sulle nostre vite.

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