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Rottamazione bis e pace fiscale. Fatti e commenti

Il commento di Marino Longoni, condirettore del quotidiano Italia Oggi

Oltre 700 mila contribuenti devono decidere, entro martedì 31 luglio, se aderire alla rottamazione bis o aspettare la rottamazione ter, cioè la cosiddetta pace fiscale che, pur avendo contorni ancora abbastanza indefiniti, sembra ben più conveniente per il contribuente. Lo stesso imbarazzo della scelta si proporrà a ottobre per altri 4 milioni di contribuenti.

Vediamo di chiarire nei limiti del possibile i termini del problema, almeno quelli noti fino a questo momento, per rendere possibile una scelta il più possibile consapevole. Nel contratto per il cambiamento sottoscritto da Lega e M5s ci sono, a pagina 19, alcune righe che annunciano la pace fiscale, una sorta di rottamazione generale di tutti i «debiti iscritti a ruolo, datati e difficilmente riscuotibili per insolvenza dei contribuenti».

L’obiettivo è stato confermato da numerose dichiarazioni di esponenti leghisti e pentastellati e, nei giorni scorsi, anche dal ministro Giovanni Tria in parlamento. Non c’è dubbio che il governo abbia un disperato bisogno di gettito aggiuntivo se vuole anche solo cominciare a ragionare di cancellazione dell’aumento delle aliquote Iva, reddito di cittadinanza, flat tax ecc.

Le indiscrezioni finora trapelate sembrano definire la possibilità di sanare la propria posizione versando il 6% di quanto dovuto per imposte, sanzioni, interessi e accessori, a chi non possiede alcun immobile e abbia redditi bassi. Aliquota che salirebbe al 10% per chi possiede un solo immobile e redditi sotto i 24 mila euro. In tutti gli altri casi l’aliquota sarebbe del 25%, con un tetto ai versamenti di 200 mila euro.

Si tratta di condizioni decisamente più favorevoli rispetto alla rottamazione bis, che concede lo sconto di sanzioni e interessi, ma richiede il versamento integrale delle imposte. Quindi, a volersi fidare delle anticipazioni dei più autorevoli esponenti della maggioranza di governo, non avrebbe senso aderire alla rottamazione bis. Converrebbe aspettare la pace fiscale, che dovrebbe trovare posto nella legge di bilancio o in un provvedimento ad essa collegato: ricordiamo che entro il 20 ottobre il governo deve presentare a Bruxelles il progetto di legge di bilancio con i conti del 2019, quindi entro quella data occorrerà fare almeno una stima del gettito che si intende recuperare con questa operazione.

Ma non mancano i problemi. Il governo, per esempio, potrebbe escludere dalla pace fiscale i contribuenti che hanno presentato la domanda per la rottamazione bis e poi non hanno aderito, anche se è improbabile che, su un bacino stimato dallo stesso Tria di 50 miliardi di euro relativi a cartelle teoricamente rottamabili, si voglia rinunciare ai circa 14 miliardi di valore di chi si è già dichiarato almeno teoricamente interessato alla rottamazione e poi magari non ha aderito. Oppure la pace fiscale potrebbe escludere le annualità più recenti, ma anche questa scelta significherebbe la rinuncia a una buona fetta di gettito.

Infine c’è l’incognita europea: la cosiddetta pace fiscale è, nonostante le smentite ufficiali, a tutti gli effetti un condono: riuscirà a ottenere il via libera da Bruxelles, soprattutto per quanto riguarda l’Iva? È evidente che dal punto di vista del gettito sarebbe stato meglio lasciare prima che si chiudesse la fase della rottamazione bis e poi aprire senza troppi annunci l’eventuale pace fiscale.

Le sanatorie in genere non si fanno precedere dalla grancassa mediatica (ma è evidente che questo governo è ammalato di annuncite acuta). Ormai la frittata è fatta e a pagarne il prezzo per ora sono i contribuenti (e i loro consulenti) chiamati a fare delle scelte che, in un modo o nell’altro, saranno un salto nel buio.

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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