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Rete Tim, Kkr si mangerà anche Sparkle?

Effetti e scenari dopo il decreto approvato dal governo che ha dato il via libera per l'acquisto da parte del Mef di una quota di minoranza nella società della Rete di Tim al fianco del fondo americano Kkr. Fatti, numeri, incognite e scenari

Giallo Sparkle nel dossier sulla rete Tim.

Ecco tutti i dettagli sui prossimi passi che attendono il gruppo capitanato dall’ad, Pietro Labriola (nella foto)

COME VA IL TITOLO TIM IN BORSA DOPO IL DECRETO DEL GOVERNO

La seduta di Borsa a Milano si è aperta oggi con l’indice Ftse Mib in rialzo dello 0,38% a 28.654 punti. Sugli scudi fin dalle prime battute è Tim (+2,78% a 0,29 euro) dopo che il Consiglio dei ministri nella serata di ieri ha dato il via libera, e garantito le risorse finanziarie, per l’acquisto di una quota di minoranza nella società della Rete al fianco di Kkr. In giornata l’incremento del titolo a Piazza Affari si è poi attenuato.

CHE COSA HA DECISO IL GOVERNO SU TIM

Via libera del governo all’ingresso nella società della rete, la cosiddetta Netco che verrà scorporata da Tim. Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri un decreto legge per trovare la copertura per l’investimento. Poi è stato approvato anche un Dpcm su proposta del Mef e del Mimit che autorizza a partecipare all’offerta di acquisto fino a un massimo del 20% della società che fa capo a Tim, assieme al fondo Kkr e altri soggetti nazionali.

LA BOZZA DEL DECRETO SULLA RETE TIM E IL RUOLO DEL MEF

L’offerta Mef-Kkr per l’acquisizione da parte del ministero di una quota del 15-20% di Netco dovrà essere conforme alla “definizione di un piano industriale idoneo al conseguimento di potenziamento e sviluppo della rete di telecomunicazioni in fibra ottica”. L’accordo tra gli azionisti prevede tra l’altro “modalità di governance di NetCo idonee ad assicurare il conseguimento degli obiettivi del piano industriale” e “adeguati poteri in capo al Ministero dell’economia e delle finanze di monitoraggio sulla gestione e meccanismi, anche di governance, di presidio da parte dello stesso Ministero sulle decisioni rilevanti ai fini del perseguimento degli obiettivi di sviluppo e potenziamento di NetCo e in materia di rilevanza strategica e sicurezza nazionale, anche in caso di mutamento della compagine azionaria”. E’ quanto si legge nella bozza del decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Inoltre il ministero potrà nominare uno o più esperti “di provata esperienza nel settore di riferimento e in operazioni similari” per gli aspetti finanziari e legali, “per l’individuazione delle modalità di ingresso nell’operazione, ivi inclusa la fase di determinazione del prezzo di acquisto della partecipazione, e l’esecuzione degli adempimenti societari richiesti ai fini del perfezionamento dell’acquisizione”.

LE PAROLE DI GIORGIA MELONI

La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha voluto dare in apertura del cdm «il significato politico delle nostre decisioni. Dopo aver trovato una soluzione seria per ITA con un accordo con Lufthansa, Commissione europea permettendo, e che a volte solleva problemi che difficilmente capiamo, ora è venuto il momento di dare una prospettiva a quello che è stato uno dei campioni internazionali delle telecomunicazioni».

IL PUNTO DEL MINISTRO GIORGETTI

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha illustrato l’impegno nella partecipazione dello Stato, fino a 2,2 miliardi «finalizzato all’utilizzo dei poteri speciali e a incidere su questioni di sicurezza su un’infrastruttura decisiva per il futuro del Paese», ha sottolineato il ministro.

LA COPERTURA FINANZIARIA

Le coperture verranno dalle disponibilità che restano, pari a 2,5 miliardi, del «patrimonio destinato» creato dal Mef nel 2020 per operazioni su società di rilievo strategico individuate con dpcm.

IL RUOLO DEGLI AMERICANI

Quanto al ruolo degli americani di Kkr (che si muovono in Italia anche grazie ai buoni uffici dell’advisor Vittorio Grilli, già titolare del Mef), che nella Netco alla fine dell’operazione dovrebbe avere il 65%, Giorgetti ha ribadito che «Kkr non è nuova a Telecom-Tim, esiste già la quota in Fibercop, è un naturale interlocutore. Quello che interessa al governo — ha detto Giorgetti — è ribadire il controllo pubblico su alcune scelte strategiche».

QUALI SARANNO GLI ALTRI INVESTITORI

Nel frattempo continuano i confronti tra i potenziali investitori italiani che dovrebbero assicurare una presa sul 35% della società della rete. «Possibile un coinvolgimento di Cdp tenendo conto di vincoli Antitrust», ha precisato Giorgetti perché la Cassa è già azionista di maggioranza di Open Fiber. “Potrebbe partecipare all’operazione, del valore complessivo di circa 20 miliardi, anche F2i. Per entrare in partita il gestore dovrebbe raccogliere sul mercato oltre un miliardo. In pratica F2i e Cdp dovrebbero dividersi il 15% per chiudere il riassetto”, ha scritto il Corriere della sera.

IL CASO SPARKLE

Il Mef parteciperà quindi in posizione di minoranza (15-20%) a una nuova società (Newco) che vedrà il fondo Kkr in maggioranza e che entro fine settembre farà un’offerta vincolante da 21 miliardi per rilevare la rete Tim. Dentro il perimetro c’è anche Sparkle, la società che gestisce i cavi sottomarini internazionali, ritenuta strategica, del valore di 1 miliardo e che potrebbe essere scorporata e controllata al 100%, ha sottolineato Repubblica.

COSA SI LEGGE NELLA BOZZA SU SPARKLE

Il Ministero dell’economia e delle finanze potrà acquisire, anche in una fase successiva, “l’intero capitale di Sparkle Spa”. Lo si legge nella bozza del decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri che autorizzata il Mef a presentare, congiuntamente con Kkr, eventualmente con altri investitori di minoranza, un’offerta vincolante per l’acquisizione di una quota del 15-20% del capitale di NetCo, nel limite massimo di risorse di 2.200 milioni.

LE PROSSIME TAPPE

L’offerta complessiva sulla rete dovrà poi essere approvata da Tim: probabile la convocazione di un’apposita assemblea entro fine anno, tra novembre e dicembre, ha rimarcato il Sole 24 ore: “Non è chiaro se l’adunanza si terrà in sede ordinaria o straordinaria, sede quest’ultima nella quale Vivendi, col suo 24%, potrebbe esercitare di fatto un diritto di veto. In ogni caso, per evitare contenziosi pregiudizievoli per l’iter dell’operazione, l’obiettivo è di arrivare all’appuntamento con il terreno già spianato. In questo quadro è atteso a breve un primo incontro tra il Governo e i vertici del gruppo francese. Dopo Tim, la parola tornerà ancora al Governo e in particolare al comitato golden power, che dovrà vagliare l’operazione ai fini dell’esercizio dei poteri speciali sulle attività strategiche”.

REBUS VIVENDI

Ma cosa faranno i francesi di Vivendi che sono al momento il maggior azionista di Tim? Se l’offerta economica e la diplomazia non saranno sufficienti e convincere Vivendi, la battaglia è destinata a spostarsi in sede di assemblea, ha scritto La Stampa: “Con la complicazione di quale “formazione” sia necessaria per deliberare. Kkr è convinta sia sufficiente un’assise ordinaria – come quando Atlantia cedette Autostrade -, i francesi, invece, ritengono che sia necessaria una straordinaria perché la cessione della rete modifica sostanzialmente l’oggetto sociale della società. Tradotto: Tim si trasformerebbe in una società di servizi abbandonando tutta la parte infrastrutturale”.

 

 

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