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Redditometro

Redditometro vietato sotto i 70.000 euro

Ma è rischio maxi-sanzione per gli investitori medio-piccoli: pressoché impraticabile la giustificazione documentale dei «redditi pregressi». L'articolo di Giuseppe Pasquale

Divieto di accertamento tramite redditometro fino a una evasione presunta annua di € 69.473,30 (conteggio valido per i redditi 2024). È questa la principale novità del redditometro, come modificato dal decreto correttivo n. 108 del 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 5 agosto u.s. Il limite di importo corrisponde a dieci volte l’assegno sociale annuo, indicizzato nel tempo.

Non è, tuttavia, una franchigia vera e propria. Se l’accertamento supera la soglia in questione, il controllato dovrà rispondere per l’intera cifra. Coloro che normalmente presentano la dichiarazione dei redditi sono esposti al nuovo redditometro a partire dal 2018, annualità per la quale, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe sbrigarsi, a pena di decadenza, nel notificare l’atto accertativo entro il 31 dicembre 2024. Per gli evasori totali, invece, intendendo per tali coloro che hanno omesso la dichiarazione, la retroattività è prolungata di due anni, potendo oggi l’Agenzia delle Entrate accertare i redditi evasi, a partire dall’esercizio 2016.

La soglia di 70mila euro funziona sia per gli accertamenti basati sul calcolo approssimato del tenore di vita (a esempio: stima a forfait delle spese per il mantenimento di un bene di lusso, quali una vettura o un’imbarcazione) sia per i cosiddetti accertamenti sintetici, che si basano, invece, su una cifra esatta dell’esborso, quella ricavata, a esempio, dall’atto di acquisto di un immobile o di una vettura.

La brutta notizia, per questi ultimi accertamenti, è che verrà definitivamente abbandonata, anche in via amministrativa, l’antica e saggia normativa (abrogata e non più obbligatoria dal 31 maggio 2010) secondo cui il Fisco poteva spalmare la maxi-spesa nei cinque esercizi pregressi: a esempio, se hai acquistato un immobile versando 200mila euro nel 2024, il Fisco poteva frazionare a monte la somma, in 40mila euro per ogni esercizio pregresso (con il vantaggio, per il contribuente, a parte la riduzione delle aliquote, di scomputare il dichiarato di anno in anno nel quinquennio).

D’ora in poi, invece, la spesa sarà caricata per intero sull’esercizio di erogazione del pagamento, con aliquota prevalente del 43% e scomputo del dichiarato per un solo esercizio. Mentre spetterà al controllato dimostrare che i soldi sono stati attinti, in tutto o in parte, da guadagni (già dichiarati) degli anni precedenti. Purtroppo, però, questa è una prova che è più facile per i titolari di uno stipendio fisso, “tracciato” come tale, rispetto ad altre figure quali la piccola partita Iva, per le quali, sul conto corrente bancario, gli introiti «a titolo di reddito» non sono distinguibili dai comuni versamenti.

La giacenza sul conto corrente bancario, d’altro canto, è come un bicchiere che, dopo essere stato alimentato con piccole dosi nel tempo, viene svuotato in un istante (a esempio per pagare l’acquisto di una casa). Quando il nuovo redditometro vede l’odierno esborso di 200mila euro s’immagina che la somma in questione sia stata guadagnata in un istante, per cui ti mette un cerino tra le meni ed è pronto a punirti se non provi che i 200mila euro trovano copertura in dichiarazione fiscale per lo stesso anno, tipo per 300mila euro, al lordo di 100mila euro di tasse.

Sì, è vero, c’è il contraddittorio e potrai dare la prova contraria. Ma se ti ritrovi, senza tracciatura stipendiale, con una semplice miscela svuotata da un bicchiere, come farai a dimostrare che ci erano voluti anni per riempirlo? E qui comincia il rischio-calvario per il nostro malcapitato investitore medio-piccolo che sarà assoggettato a controllo. Dopo lunga, inevitabile, trafila, quest’ultimo se la potrà cavare senza troppi guai, solo nel non frequentissimo caso in cui si imbatta in un funzionario scrupoloso.

Altrimenti – tanto è aggrovigliata e tecnicamente ‘opinabile’ la giustificazione documentale dei «redditi pregressi» – il Fisco pretenderà i 100mila euro di imposte, più sanzioni e interessi. Tutto ciò con l’aggravante che, se, fino a ieri, l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto frazionare a monte in più annualità  la erogazione di 200mila euro, d’ora innanzi ciò non sarà più possibile in quanto essa sarà costretta ad accertare i 300mila euro tutti sul 2024, non essendo più consentito frazionare l’ammontare in cinque annualità, perlomeno fino a concorrenza del divieto di accertabilità fino a 70mila euro per ogni esercizio.

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