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Reddito di cittadinanza o di inclusione? Prove tecniche di accordo a 5 stelle

Prove tecniche, anzi politiche, di reddito di cittadinanza sostenibile. O meglio, reddito di cittadinanza per proseguire il percorso avviato dal governo con il reddito di inclusione. Su questi binari sta iniziando la discussione programmatica in vista di un eventuale esecutivo con Movimento 5 Stelle e Lega in maggioranza e dunque di una possibile risoluzione unitaria…

Prove tecniche, anzi politiche, di reddito di cittadinanza sostenibile. O meglio, reddito di cittadinanza per proseguire il percorso avviato dal governo con il reddito di inclusione.

Su questi binari sta iniziando la discussione programmatica in vista di un eventuale esecutivo con Movimento 5 Stelle e Lega in maggioranza e dunque di una possibile risoluzione unitaria sul prossimo Documento di economia e finanza (Def).

I GIUDIZI DI FIORAMONTI

Una risoluzione unitaria sul Def? “Possibile”, ha affermato ieri, interpellato dai cronisti a Montecitorio, il candidato ministro allo Sviluppo economico Lorenzo Fioramonti (qui il profilo di Fioramonti in un articolo di Start Magazine). L’economista ha spiegato come l’eventualità che le forze politiche arrivino ad una tale soluzione sia legata da come si svilupperà il dialogo tra i partiti dopo il primo giro di consultazioni. Fioramonti conferma come il reddito di cittadinanza sia una “priorita’” e definisce il Reddito di inclusione come misura “primordiale, limitata e zoppa”.

IL COMMENTO DI TRIDICO

Meno tranchant i giudizi di un altro economista pentastellato che Di Maio intende nominato al governo. Per il ministro del Lavoro in pectore del M5S, Pasquale Tridico (qui l’articolo di Start Magazine su idee e teorie di Tridico), il Rei è una misura «ancora parziale perché non copre nemmeno tutta la platea della povertà assoluta» e «va rinforzato sul piano delle risorse», ma «concettualmente è molto simile al reddito di cittadinanza e può essere una base di partenza».

I DATI SUL REDDITO DI INCLUSIONE

I potenziali beneficiari del Rei sono i 4,7 milioni che secondo l’Istat versano in condizione di povertà assoluta. Il governo Gentiloni ha previsto una copertura progressiva fino a 2,5 milioni di persone che potranno ricevere un bonus mensile da 187,5 euro (per un single) a 490,75 euro (per nuclei da 5 componenti) per 18 mesi (prorogabili dopo 6 mesi di stop). Da luglio verrà meno lo stato di disoccupazione come condizione per ottenere l’incentivo, basteranno determinate condizioni reddituali e patrimoniali. Il bonus è accompagnato da un progetto personalizzato di attivazione lavorativa con l’obiettivo di superare la condizione di povertà.

TRA CITTADINANZA E INCLUSIONE

Quanto al cosiddetto “reddito di cittadinanza” dei Cinque Stelle, “in realtà – scrive il Sole 24 Ore – è un reddito minimo condizionato, una misura che non ha le caratteristiche di universalità e assenza di condizionalità tipiche del sussidio erogato indistintamente a tutti i cittadini”. Il M5S prevede un sostegno per una platea potenziale di circa 9 milioni che versano in condizioni di povertà relativa. Avranno una somma che parte da 780 euro mensili (per un single) fino a 2.340 euro (per nuclei con 5 componenti). Il beneficiario del sussidio dovrà iscriversi al centro per l’impiego e, in caso di tre rifiuti di proposte di lavoro “congrue”, perderà il bonus.

NUMERI E POLEMICHE

Molti tecnici e osservatori mostrano perplessità sulla sostenibilità oltre che sull’efficacia della misura (qui l’analisi di Mario Seminerio su Start Magazine). L’ampliamento della platea di riferimento porta a costi più elevati: l’Istat e i 5 Stelle hanno calcolato 15-17 miliardi, comprensivi di 2 miliardi destinati al rilancio delle politiche attive. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha invece calcolato 35-38 miliardi, considerando i redditi figurativi immobiliari secondo un determinato moltiplicatore, con 4,8 milioni di beneficiari. Per i M5S, ad ogni modo, è prioritario far partire subito il potenziamento delle politiche attive, con 2 miliardi, ha scritto il Sole.

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