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Rcs, che cosa sta succedendo fra Cairo, Blackstone e Intesa Sanpaolo?

L'approfondimento di Michele Arnese

Sta scuotendo il mondo finanziario, non solo italiano, la mossa di Urbano Cairo, azionista numero uno di Rcs, contro il fondo americano Blackstone.

L’offensiva di Cairo indirettamente lambisce anche Intesa Sanpaolo e Unicredit. Vediamo come e perché, tenendo conto anche che Intesa Sanpaolo grazie anche all’ex presidente Giovanni Bazoli ha spianato la strada all’avanzata di Cairo in Rcs, gruppo che edita tra l’altro Il Corriere della Sera.

Come ha scritto il 6 novembre Paolo Mastrolilli del quotidiano La Stampa, ‘la disputa tra Rcs e Blackstone riguardo la proprietà della sede storica del Corriere della Sera è arrivata davanti alla Corte Suprema dello stato di New York: “Fonti della compagnia americana avvertono che la casa editrice, se condannata, potrebbe essere costretta a pagare danni per oltre 100 milioni di dollari”.

Da dove nasce la diatriba giudiziaria dagli sbocchi ancora incerti? Cairo, piccolo azionista (2,8%) di Rcs nel 2013, l’anno della vendita oggetto di contestazione, sostiene che quella vendita era avvenuta in un momento in cui non vi era parità contrattuale tra Blackstone e Rcs: “Il gruppo editoriale era in piena crisi finanziaria e fu costretto a svendere l’immobile storico di Via Solferino dalle banche (tra cui Unicredit, Banca Intesa e Bnp Paribas) che avevano concesso un prestito ponte e premevano per il rientro dell’esposizione debitoria”, ha scritto Repubblica.

Cairo, che allora era solo un azionista di Rcs, si oppose insieme con Diego Della Valle, mentre i soci storici tra cui Mediobanca, Fca, Pirelli e Banca Intesa spinsero per la cessione, fondamentale per il riequilibrio finanziario.

Secondo i calcoli fatti da Cairo, che ha iniziato a studiare l’operazione già a partire dal 2017, il reale valore di mercato degli edifici comprati dal colosso Usa sarebbe dovuto essere di 180-190 milioni, ha scritto Andrea Montanari di Mf/Milano Finanza: “Quindi con l’arbitrato vuole chiedere la nullità dell’atto con cui il cda di Rcs a fine 2013 diede l’ok, a maggioranza, alla cessione”.

Il processo di dismissione della sede è durato mesi e aveva visto inizialmente coinvolti 30 operatori di mercato. Il consiglio di amministrazione di Rcs, all’epoca presieduto da Angelo Provasoli, approvò a maggioranza l’offerta di Blackstone affiancata dal gestore Bnp Paribas, perché “valutata più interessante”.

Ma da chi è stata gestita la gara per la vendita dell’immobile? Da Banca Imi del gruppo Intesa Sanpaolo, allora azionista forte di Rcs, “la banca che, attraverso Gaetano Miccichè, amministratore delegato di Imi (la finanziaria di Intesa), sta dando copertura e assenso alla scalata”, sottolineo Il Foglio nell’aprile 2016 (ora Micciché non è più in Banca Imi).

Il merito di Cairo nella scalata a Rcs? “Aver scelto i compagni di viaggio più giusti per un’avventura di questo tipo – scrisse il giornalista esperto di finanza Giovanni Pons – Il primo a dargli fiducia è stato Gaetano Micciché, ad di Banca Imi, che ama definirsi il banchiere dell’economia reale, forse per distinguersi dai banchieri d’affari di piazzetta Cuccia. Convinto che per risolvere i guai di via Solferino ci volesse un solo padrone, meglio se anche editore, Micciché ha portato Cairo al cospetto di Giovanni Bazoli, per anni il garante degli equilibri al Corriere su investitura dell’Avvocato Agnelli. E l’ottantenne Bazoli, dopo aver incassato i dinieghi di Rocca, Pesenti e dello stesso Bonomi per la sostituzione della Fiat, ha fiutato che Cairo potesse essere l’uomo giusto per rompere l’egemonia di Mediobanca”.

Comunque all’epoca sull’operazione immobiliare i bisbiglii ci furono e furono anche pubblici. In una puntata del 2014 della trasmissione Report su Rai3 allora ideata e condotta da Milena Gabanelli ci fu un passaggio di un’intervista all’allora direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, che lasciò di stucco molti addetti ai lavori per i riferimenti indiretti del giornalisti ad azionisti forti di Rcs.

Ecco il lancio datato 15 aprile 2014:

MILANO – La poca attenzione per i conflitti di interesse è segno di “un capitalismo provinciale e qualche volta gretto che, talvolta, è rappresentato nel nostro azionariato”. Così il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, intervistato dalla trasmissione tv Report sulla vendita a Blackstone dell’immobile che ospita la sede del quotidiano attraverso l’advisor Banca Imi (Intesa Sanpaolo) per 120 milioni di euro.
Quanto poi all’ipotesi che dietro Blackstone ci fosse qualche azionista del gruppo editoriale, De Bortoli replica: “Questa è una buona domanda ma credo non si possa dare un risposta. Ci ho pensato”. “Non so chi c’è dietro a Blackstone”, afferma l’amministratore delegato di Rcs Pietro Scott Jovane che, sul ruolo di Banca Imi, spiega che “Abbiamo scelto il soggetto migliore che avrebbe raggiunto l’obiettivo”. (Ansa).

Ma come mai il valore di un immobile è passato da 120 a 250 milioni di euro in cinque anni? “È questo il valore a cui il fondo Blackstone stava per rivendere la sede del Corriere della Sera di via Solferino alla divisione Real Estate del gruppo Allianz, quando il 13 luglio scorso Urbano Cairo, azionista di riferimento di Rcs dal 2016, ha fatto scrivere dai propri legali che la cessione di quell’immobile avvenuta a dicembre 2013 era « nulla e invalida», di fatto bloccando l’operazione”, ha ricostruito Walter Galbiati di Repubblica.

La valutazione non sarebbe stata equa perché, dopo aver venduto l’immobile, Rcs, prese in affitto parte della sede a un canone di 10,3 milioni di euro l’anno. Troppo perché un affitto equo sarebbe stato, in base ai tassi del 2013, pari al 5% del valore della cessione, cioè 6 milioni l’anno.

Un affitto di oltre 10 milioni, sarebbe stato giusto solo se l’immobile fosse stato valutato 190 milioni, è la tesi di Cairo. I legali di Rcs ipotizzano anche il reato di usura, perché Rcs sarebbe stata costretta a versare somme sproporzionate (l’affitto) quando si trovava in uno stato di difficoltà finanziaria.

Rcs accusa Blackstone di essersi approfittata delle sue condizioni finanziarie difficili, e perciò la transazione andrebbe annullata. Gli americani rispondono – come sottolinea il quotidiano La Stampa – che «l’usura è impossibile, quando sei assistito da un advisor e da un board così sofisticato, vendi sulla base di valutazioni oggettive di mercato, lo riconosci nel tuo comunicato stampa, e lo fai per attuare un piano di ristrutturazione approvato, che riduce le tue difficoltà. Il loro è un ricatto». (…) Secondo gli americani l’Italia stessa rischia di subire danni, perché questa vicenda dimostrerebbe agli investitori internazionali la sua inaffidabilità”.

Nella sua causa, Blackstone scrive che le mosse della Rcs di Cairo sono “spurious, malicious and extortionate”, ha svelato il Financial Times. Sono spurie, ha spiegato La Stampa, perché “l’acquisto del 2013 era avvenuto con un processo ineccepibile, assistito da un consigliere sofisticato come Banca Imi. Il boardo lo aveva approvato dichiarando che il prezzo era giusto, in base alle condizioni di mercato. Per cinque anni nessuno ha detto nulla, e ora ci accusano di usura”, mette nero su bianco il fondo americano. Inoltre quelle di Cairo – secondo Blackstone – sono azioni maligne perché mosse da “cattive intenzioni” ed estorsive perché “bloccano la nostra vendita legittima delle proprietà”.

Alla prossima puntata della tenzone immobiliar-finanziaria.

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