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Quanto siamo ricchi?

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Considerazioni a margini su studi che calcolano ricchezza e debiti degli italiani. Il taccuino di Guiglia

 

Siamo tutti un po’ più ricchi. Anzi, no, perché siamo tutti più indebitati per oltre 1.000 miliardi di euro.

L’indagine che Istat e Banca d’Italia hanno compiuto sulla ricchezza dei settori istituzionali dopo il tempo anche economicamente oscuro della pandemia, non lascia dubbi: fra le grandi nazioni di nostro riferimento, a livello pro capite l’Italia è quella che meno è cresciuta negli ultimi anni. All’insegna del paradosso, perché lo studio rivela che nel 2021 le famiglie italiane hanno continuato o ripreso ad accumulare denaro non solo da attività finanziarie, tant’è che la ricchezza complessiva delle famiglie è aumentata. E questo è un bene sotto il profilo nominale.

Ma la realtà di tutti i giorni ha vanificato il segnale incoraggiante, perché anche i debiti sono saliti. E perciò il lusinghiero nuovo inizio registrato dai due istituti dopo la grande crisi da Covid, la ripartenza fotografata che rispecchia l’antica e consolidata tradizione di un popolo capace dei più elevati risparmi al mondo, ha dovuto fare da subito i conti con prezzi galoppanti. Con un’inflazione indomita (per ritrovare l’impennata dell’anno scorso bisogna risalire al 1985). Con un costo energetico alle stelle, che ha gravato in modo pesante sulle famiglie e ha danneggiato le imprese oltre ogni previsione.

La sintesi fra teoria e pratica, fra il tutti più ricchi grazie all’impegno e all’intraprendenza della società e il tutti più indebitati per poter far fronte ad aumenti spropositati e generalizzati, è che negli ultimi due anni la crescita italiana è stata più lenta e con maggiori ostacoli rispetto ai Paesi europei del nostro stesso e importante peso economico.

Un’avvisaglia per il governo. Se per andare avanti le famiglie devono indebitarsi, ricorrere a finanziamenti, usare i risparmi, significa che le riforme strutturali e la piena attuazione del piano nazionale di ripresa sono urgenti, e non solo necessarie. A prescindere dal contesto internazionale della guerra e degli effetti sciagurati che sta provocando da quasi un anno anche sull’economia.

Ma intanto le misure e gli interventi richiesti al governo da famiglie, imprese e lavoratori non possono più attendere i tempi lunghi, e comunque imprevedibili, della fine dell’aggressione di Putin all’Ucraina.

E’ il tempo delle scelte. Numeri (1.000 miliardi di debiti) alla mano.

(Pubblicato su L’Arena di Verona e il Giornale di Vicenza)

www.federicoguiglia.com

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