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Quanto è floscio il morale delle imprese manifatturiere. Report

Il commento di Paolo Mameli, senior economist della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo

A settembre, il morale delle famiglie ha mostrato un parziale recupero dopo il calo di agosto, quello delle imprese si è deteriorato ulteriormente, soprattutto nel manifatturiero. Ciò conferma la nostra idea di una tenuta dei consumi domestici, mentre le incertezze relative al commercio mondiale potrebbero continuare a pesare sugli investimenti (e sull’export) anche nei prossimi mesi.

Il morale dei consumatori è tornato ad aumentare a settembre, a 112,2 dopo il calo a 111,9 registrato ad agosto. Il miglioramento è dovuto alla situazione personale degli intervistati (mentre peggiorano le valutazioni sul clima economico nazionale) e alle aspettative per il futuro (in presenza di una condizione corrente invariata). In merito alla situazione economica del Paese, le famiglie sono più pessimiste riguardo alla situazione attuale, ma più ottimiste per il futuro.

Viceversa, l’indice composito sul morale delle aziende diffuso dall’Istat è calato ancora, sia pure in misura modesta, a 98,5 da 98,8.

Il quadro per settore è però variegato, in quanto mostra un miglioramento nei servizi e nelle costruzioni (dove il morale fa registrare il secondo valore più elevato da 11 anni), mentre il calo è dovuto al commercio al dettaglio e alla manifattura.

Nel manifatturiero, la fiducia delle imprese è diminuita ulteriormente, per il quarto mese consecutivo, a 98,8 da 99,6 precedente. Si tratta di un nuovo minimo da ottobre 2014. Il dettaglio dell’indagine mostra che il calo riguarda tutte le principali componenti, con l’eccezione delle aspettative delle imprese su economia e occupazione, che migliorano sia pure in misura contenuta.

I dati sono misti, ma, nel complesso, inferiori alle attese. Le uniche indicazioni positive vengono da:

Il miglior andamento della fiducia dei consumatori rispetto a quella delle imprese, che è coerente con la nostra idea di una tenuta dei consumi nell’orizzonte prevedibile, a fronte di maggiori rischi per gli investimenti (e l’export): ci aspettiamo che i consumi anche nel 2020 mantengano il (moderato) tasso di crescita visto a partire dal 2018, ovvero di circa mezzo punto l’anno, in quanto il reddito disponibile reale delle famiglie continua a crescere a un ritmo decisamente più vivace di quello del Pil (circa un punto percentuale l’anno); viceversa, l’anno prossimo ci aspettiamo un rallentamento degli investimenti, a 0,6% dopo l’1,6% stimato per quest’anno;

L’intonazione ancora espansiva della fiducia nei servizi e nelle costruzioni, che per ora bilancia la debolezza del manifatturiero, con il risultato di evitare la recessione (ma difficilmente anche nei prossimi trimestri si andrà oltre una sostanziale stagnazione dell’attività economica nel suo complesso).

Infine, sia le famiglie che le imprese manifatturiere mostrano se non altro un minor pessimismo sulla situazione economica del Paese in prospettiva futura. Ciò potrebbe essere dovuto alla riduzione del rischio politico/fiscale/finanziario domestico dopo la rapida risoluzione della crisi di governo e il miglioramento delle prospettive per il rifinanziamento del debito e la stabilità finanziaria anche a seguito del nuovo pacchetto di misure espansive annunciato dalla Bce.

Nel complesso però, se il rischio domestico si è ridotto, restano in piedi le incognite legate al commercio internazionale (con la concomitanza, nei prossimi mesi, dell’entrata in vigore delle nuove tariffe sulla Cina e di un possibile epilogo della saga di Brexit), che pesano in particolare sul settore manifatturiero e che potrebbero protrarre la fase di sostanziale stagnazione dell’economia fino all’inverno.

Difficilmente il Pil tornerà a crescere, soprattutto nella componente degli investimenti (ed export), prima che si sia almeno in parte ridotta l’incertezza relativa agli scambi commerciali (ovvero, nella migliore delle ipotesi, a partire dal 2° trimestre del 2020).

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