Skip to content

usa

Quali effetti avranno le prossime mosse della Fed

Dopo aver eseguito una delle mosse di politica monetaria più rapide nella storia, la Fed sembra pronta ad attuare una serie di rialzi dei tassi di 50 punti base. Anche se il ritmo dei rialzi sembra prestabilito, in ultima analisi il percorso politico della Fed dipenderà in gran parte dalla forza del mercato del lavoro, a partire dal report sui posti di lavoro di aprile.

Alla conferenza stampa dopo la riunione del FOMC di maggio, il presidente Powell ha dichiarato che il Comitato è “molto attento” ai rischi di inflazione e opterà per “continui” aumenti di 50 punti base per portare il tasso dei Fed Funds al “2 o 3%” entro la fine dell’anno. Il FOMC ha anche annunciato che la riduzione di bilancio inizierà a giugno e arriverà a 95 miliardi di dollari al mese entro il 1° settembre.

Nel complesso le decisioni politiche annunciate alla riunione del FOMC di maggio sono state ampiamente anticipate, attenuando gran parte della reazione del mercato. Detto questo, gli investitori obbligazionari hanno trovato conforto nel fatto che il presidente della Fed abbia escluso un rialzo dei tassi di 75 punti base e la lenta accelerazione della riduzione del bilancio ha placato i timori di un ritmo di riduzione più aggressivo.

La domanda critica è “Quale sarà il prossimo passo della politica?”. La traiettoria dei rialzi della Fed è già “prezzata” dai mercati? Su questo restiamo scettici. Dopo tutto, sei mesi fa, la Fed si stava impegnando a mantenere i tassi a zero per raggiungere la massima occupazione. Sei mesi dopo il FOMC si sta muovendo “rapidamente” verso la neutralità, perché il mercato del lavoro è “insostenibilmente caldo”. Questo voltafaccia repentino ci ha reso cauti. Non escludiamo che la posizione della Fed possa cambiare ancora.

Alla conferenza stampa post-riunione, il presidente Powell ha ripetutamente evidenziato che il “job opening vacancy ratio” è un indicatore chiave della forza del mercato del lavoro. Come avevamo già evidenziato, i quasi 12 milioni di posti di lavoro non occupati a marzo superano di gran lunga l’offerta di lavoratori disoccupati. I policymaker sembrano sperare che l’offerta di lavoro ritorni, compensando l’eccesso di domanda di lavoratori e, assieme a condizioni finanziarie più rigide, porti a un’attenuazioni delle pressioni salariali. A sua volta, un rallentamento della crescita dei salari conforterà i policymaker sul fatto che la dinamica domanda-offerta stia diventando più sostenibile e che una spirale salari-prezzi non si concretizzerà.

Il problema dalla nostra prospettiva è che, nella misura in cui il mercato del lavoro rimane “caldo”, la Fed potrebbe essere costretta a muoversi in una direzione ancora più aggressiva. A partire dalla riunione del FOMC di maggio, ci aspettiamo due ulteriori rialzi di 50 punti base, a giugno e a luglio. Dopo di che, come ha dichiarato mercoledì il presidente Powell, anche se l’inflazione “sta cominciando a scendere”, è improbabile che il FOMC si fermi, piuttosto “tornerebbe ad aumenti di 25 punti base”. Ulteriori aumenti di 25 punti base a settembre, novembre e dicembre porteranno il tasso dei Fed funds al 2,75% entro la fine dell’anno (che coincide con la nostra visione di base).

Ma l’andamento storico della domanda di lavoro suggerisce che il tasso di disoccupazione continuerà a diminuire nei prossimi mesi e non ad appiattirsi o a salire come pensano i politici (vedi grafico sotto). Se abbiamo ragione, la domanda continuerà a superare l’offerta, e la Fed potrebbe presto concludere che i tassi di politica monetaria dovranno muoversi “sopra la neutralità”, intorno al 3,5-4,0%. Per arrivare al 3,5-4,0% più velocemente, la Fed potrebbe continuare ad aumentare di 50 punti base ad ogni prossima riunione nel corso di quest’anno – raggiungendo un tasso finale più alto di quello che il mercato si aspetta attualmente.

Se da un lato siamo d’accordo con il presidente Powell che “la lettura di un mese non ci dice molto”, ne sapremo di più dopo il calo rilevato nel rapporto sull’occupazione di aprile. Segni di un rimbalzo nell’offerta di lavoro indicheranno che le prossime mosse della Fed sono già “prezzate” dai mercati, mentre segni di un mercato del lavoro ancora caldo (tasso di disoccupazione in calo, crescita più rapida dei salari) punteranno nella direzione opposta.

Torna su