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Sparkle Grecia

Ecco problemi e sfide di Tim. L’intervento dei piccoli azionisti Telecom Italia

Passato, presente e futuro di Tim nell'intervento di Franco Lombardi, presidente di Asati (associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia) nel corso dell'assemblea della società venerdì 29 marzo

Brevemente, sulla “madre” di tutte le privatizzazioni: nel periodo di privatizzazione di Telecom Italia nel corso del 1997, durante un mio colloquio con l’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi (con cui sono legato da una amicizia nata nei campi di basket), maturai l’idea di creare un’associazione di piccoli azionisti che avrebbe potuto, nel percorso della privatizzazione, rappresentare un punto di riferimento per i risparmiatori. A maggio del 1998, presso lo studio romano del notaio Garroni, 70 piccoli azionisti tra risparmiatori, dipendenti, quadri e dirigenti dell’azienda firmarono l’atto costituente dell’associazione Asati. Nel novembre del 1998, dopo un rapido susseguirsi di presidenti e ad, ai vertici dell’azienda arriva Franco Bernabé.

All’annuncio dell’Opa di Colaninno, che per le modalità in cui venne concepita avviò il declino di quella che era una delle aziende leader in ambito dei grandi player mondiali, con solo 3 miliardi di euro di debito, l’associazione si pose immediatamente all’ascolto dei piccoli azionisti nell’assemblea che aveva il compito di ratificare il successo dell’Opa. La notte prima della stessa ci furono numerose telefonate (io stesso telefonai all’ex DG della Sip, Massimo Sarmi dicendo che ero preoccupato per questa operazione “a debito”): sembrava scontato che la cordata dei “capitani coraggiosi” – come fu chiamata all’epoca dai giornali – non sarebbe arrivata al 35%, per cui lontana da quel 51% che gli avrebbe garantito il controllo dell’azienda.

Purtroppo la Banca d’Italia in qualche misura “tradì” le aspettative di Asati (Mario Draghi fu forse “costretto” a non inviare delega per il 3,75% di cui disponeva il Ministero del Tesoro) e malgrado il nostro impegno per raccogliere migliaia di deleghe con una quota azionaria di circa 0,4% – evidentemente insufficiente per essere significativa – Colaninno raggiunse il 51 % e da allora, attraverso un percorso di più di vent’anni, giungiamo al risultato di oggi, un disastro di cui paghiamo ancora le conseguenze.

Brevemente, su alcune questioni positive e su quelle negative che hanno caratterizzato la gestione da parte degli azionisti di controllo:

La gestione Tronchetti Provera: con Olimpia e la fusione Olivetti-Telecom Italia e quella Telecom Italia-TIM; la “vendita” del più grande patrimonio immobiliare; il debito “monstre”, prima con Colaninno, poi con Tronchetti; il costo necessario per rastrellare le azioni TIM sul mercato eleva l’indebitamento di Telecom da 29,5 a 46,7 miliardi di euro. “Secondo i dati di bilancio, durante la gestione Tronchetti Provera l’indebitamento netto del gruppo Telecom Italia incrementa (dai 21,9 miliardi del 2001 ai 37,3 miliardi di euro del 2006) contemporaneamente ad una rilevante riduzione e vendita di cespiti”. In allegato riporto la mia posizione attraverso il quotidiano La Repubblica (giugno 2008), argomentando su come Telecom Italia è stata penalizzata;

2007-2013 Gestione italiana e Telefonica: Il passaggio di proprietà da Olimpia a Telco nel 2007: la gestione di Galateri-Bernabè e quella Bernabè-Patuano; la creazione del “patto di controllo” tra Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica con la società veicolo Telco S.p.A., lo scopo è quello di controllare Telecom Italia con circa il 23% di azioni. il titolo scende e raggiunge il minimo storico a 0,5 euro. Nel periodo 2007-2013, durante la gestione Telco si registra una riduzione dell’indebitamento netto (da 35,7 miliardi a 26,8 miliardi) e un calo del fatturato (da 31,3 miliardi a 22,4 miliardi);

A ottobre 2013 Franco Bernabè dà le dimissioni come presidente di Telecom Italia, forse per “dissonanze” con Telefonica circa la necessità di ricorrere ad aumento di capitale (2 mld) e sulla ipotesi di cessione totale di Telco a Telefonica; Bernabè riceve una liquidazione di 6,6 mln, tutte le deleghe sono affidate a Patuano;

Nel 2014, l’assemblea e il nuovo cda con Recchi-Patuano, l’uscita di Telco, Bollorè, con Vivendi si prepara …: Telefónica con il 15% in Telecom Italia, diventa unico azionista di controllo, Recchi e Patuano dichiarano che la società viene gestita come una società ad azionariato diffuso; tra i due iniziarono forti contrasti e la Governance ne risente; in evidenza la questione della cessione di GVT (operatore wireline brasiliano) con Bollorè-Vivendi che “cede” alle lusinghe di Telefonica e rigetta piano “Patuano” da 7 mld (contanti e azioni – che di fatto costituiva apertura ai francesi del capitale di Telecom al 20%);

2015-2016 e ancora su GVT, MetroWeb (come è andata a finire!?),…: nell’ottobre del 2015, in vista di un importante cda, scrissi personalmente a presidente, ad e a tutti i consiglieri. Era necessario riaprire il negoziato per l’acquisizione di MetroWeb e facevo presente gli aspetti positivi del costituire una società mista TI-MetroWeb, operazione che avrebbe creato a medio termine valore per gli azionisti realizzando una completa sinergia tra rete in fibra ottica e rame, consentendo un naturale passaggio di tecnologie e valorizzando al massimo gli asset della Società. Avevo poi dato evidenza anche dell’auspicabile presenza dello stato, attraverso la Cdp nell’azionariato della Società. Ritenevo questa prospettiva di fondamentale importanza nel momento in cui un nuovo azionista stava assumendo il “controllo di fatto” e considerati i nostri asset strategici e rilevanti per il Sistema Paese, per il suo sviluppo industriale.

Ritengo che Patuano abbia agito correttamente nel proporre un’offerta per acquisire MetroWeb e parimenti ritengo responsabile tutto il CdA se tale operazione non è stata finalizzata – in base a mie evidenze – per qualche decina di mln di euro. L’esito delle operazioni su GVT e MetroWeb si collocano fatalmente, a pieno titolo, sul percorso di declino di Telecom Italia avviato con l’OPA di Colaninno.

Vivendi, il nuovo azionista di controllo, Patuano lascia,…: assistiamo all’uscita graduale di Telefonica che dal 2014 riduce la sua partecipazione sotto il 10% e arriviamo ad ottobre 2015 con Vivendi che muove sul mercato allo scopo di aumentare la sua partecipazione e la sua influenza sul cda. I francesi scaleranno gradualmente fino al 24,9% di oggi. Prosegue, nelle evidenze, la relazione conflittuale Recchi vs Patuano; a marzo 2016 il cda ratifica le dimissioni di Patuano con le deleghe operative che passano a Recchi che a breve avrebbe annunciato la nomina del “migliore ad italiano disponibile”: Flavio Cattaneo che, dopo 14 mesi di gestione, viene “liquidato” con soli 25 mln di euro! A luglio 2017 la governance societaria è composta da Arnaud de Puyfontaine (presidente esecutivo), Giuseppe Recchi (vice presidente con delega a sicurezza e Telecom Italia Sparkle), Amos Genish (Direttore operativo);

Asati e gli atti di citazione in giudizio: in tanti anni di attivismo per i piccoli azionisti ho avuto modo di relazionarmi criticamente, costruttivamente e confrontarmi dibattendo anche aspramente con tutti i vertici apicali di Telecom e mai avrei immaginato che, pochi mesi prima dell’uscita di “scena” di Cattaneo, mi venissero notificati due atti di citazione, come presidente di ASATI e come persona fisica, per presunto danno di immagine a Telecom Italia, con richiesta di un risarcimento danni per 1 mln di euro. Per quali fatti? Sei comunicazioni da noi inviate al CdA, riportanti segnalazioni e commenti sulla gestione da parte di soci e dipendenti, un comunicato stampa per richiesta chiarimenti circa l’affidamento ad Havas delle attività di comunicazione e per aver fortemente criticato lo Special Award di Cattaneo.

Con l’ad Amos Genish ho avuto diverse occasioni di confronto ed è con lui che abbiamo trovato un accordo amichevole a chiusura della controversia apertasi a inizio 2017. Chiuso definitivamente questo capitolo, questa assurda citazione che ho vissuto con profonda amarezza, ho proseguito incessantemente il mio lavoro e quello dell’associazione per allargare significativamente la base dei dipendenti azionisti, difendere gli interessi dei piccoli azionisti, essere rappresentati negli organi di governance. Con Genish avevamo condiviso l’opportunità di un convegno sulle prospettive di Asati con Telecom Italia e come in passato era già avvenuto almeno in altre 5 o 6 occasioni ma, qualche giorno prima del convegno, nel corso di un mio incontro con l’ad, ho manifestato divergenze sulla questione delle nomine di manager in Tim Brasil, sulla scelta di rimuovere i top manager italiani e forse, anche per questi motivi i nostri rapporti diventarono meno frequenti, il clima in Azienda sempre più “movimentato”. Decisi di annullare il convegno.

Questo episodio non intacca la stima sulle competenze e sulla professionalità di Amos Genish e mi consente di dare evidenza della sua disponibilità ad ascoltare, caratteristica che ho osservato in molti manager, non in tutti. Anche l’attuale consigliere ed ex Presidente esecutivo Arnaud de Puyfontaine, si rese disponibile per un incontro a Parigi e in più occasioni glielo ricordai, anche negli ultimi due anni passati, anche via pec ma, al momento, sono ancora in attesa di un suo segnale.

Dalle assemblee del 2018, veniamo ai nostri giorni: il 4 maggio 2018 con l’approvazione di circa il 50% dei voti, il fondo Elliott – che detiene l’8,847% – prevale sul maggior azionista Vivendi che si ferma a circa il 47%, nonostante il suo 23,9% del capitale sociale. Nel precedente mese di aprile, Cassa Depositi e Prestiti aveva acquistato azioni della società per il 4,262% del capitale ordinario con una visione di lungo respiro e non speculativa. Asati si schiera apertamente con Elliott, con Cdp e rende noto a mezzo stampa (vedi allegato) alcune peculiari condizioni a tutela dell’Azienda e dei piccoli azionisti. Brevemente: 1) indipendenza dei consiglieri e nuova governance; 2) invertire il rendimento negativo del titolo; 3) per il progetto di rete unica a capitale aperto mantenendo il controllo; 4) per prospettive di quotazione su Sparkle; 5) per rinnovare il rapporto con le rappresentanze degli azionisti di minoranza; 6) per la distribuzione dei dividendi; etc..

L’esito dell’assemblea del 4 maggio 2018 preannuncia il nuovo consiglio d’amministrazione formato da 13 consiglieri su 15 indipendenti, compreso il presidente e Telecom Italia diventa, come auspicato da Elliott e Cdp, una public company…

Io penso che l’obiettivo è ancora lontano da traguardare, possiamo certamente affermare che, ad oggi, siamo indirizzati verso una società a capitale diffuso senza azionisti di maggioranza ma dobbiamo sollecitare una più ampia “partecipazione” al capitale Tim da parte di Cdp, un ruolo attivo, di direzione, per bilanciare e far cessare, prima che sia troppo tardi, questo “teatrino del ridicolo”, queste “imbarazzanti baruffe” che stiamo osservando tra azionisti di maggioranza, nel cda, nella espressione della nostra Governance.

VENIAMO A OGGI

Ringraziamo Gubitosi per la delega che ha conferito all’associazione Asati; dimostra che, come azionista individuale, si unisce a tutti i piccoli azionisti e ai dipendenti azionisti. Purtroppo facciamo notare che nel cda, su 15 componenti, resta un caso unico anche se è un segnale di cui voglio dare grande evidenza, la prima volta nella storia della SIP e di Telecom Italia. Nella precedente gestione c’è stato altro consigliere con 600.000 azioni ma non ho evidenze di deleghe alla nostra associazione. Aggiungo, non senza qualche perplessità, che su 580 dirigenti le deleghe pervenute sono circa 40 con un solo 1° livello.(il dott. Nardello da poco in Tim)

GOVERNANCE

È probabile che entro la fine dell’anno ci sarà un’altra assemblea; ritengo che anche in base alle risultanze dell’appuntamento di oggi (ndr assemblea del 29 marzo 2019) la composizione del cda debba essere rivista e ci chiediamo e vi chiediamo se potenzialmente, in questa ipotesi, se possa sussistere maggior equilibrio e un assetto più vicino al modello di “public company”.

LA RETE

Per un attimo, mettiamo da parte le notizie che appaiono sui giornali (e non solo) che per altro, in alcuni casi, riportano ipotesi fuori luogo. Abbiamo ribadito da tempo e su più fronti che l’unione con Open Fiber è indispensabile per il sistema-Paese e per evitare diseconomie. Quando parliamo di Rete occorre definire il perimetro della rete. In particolare, se si fa riferimento alla rete d’accesso, si deve decidere se comprendere sia i collegamenti su rete fissa dalle Centrali fino a casa degli utenti in FTTC e FTTH, che tutti i collegamenti in fibra fino alle stazioni radio-base necessarie anche per lo sviluppo del 5G. Bene l’accordo con Vodafone. Non conosco quale sia lo stato del lavoro dei “tavoli tecnici” TIM (Rothschild, studio Vitale e tecnici TIM) e OF (JP Morgan, UniCredit e tecnici OF), ma fino a oggi non sono noti i risultati, anche se parziali, di questi gruppi di lavoro. Asati ritiene che sia importante completare in tempi brevi l’analisi delle sinergie e definire che cosa fare per evitare la duplicazione degli investimenti per la rete Ultra Broad Band.

INTERNALIZZARE

Abbiamo chiesto con forza di progettare/attuare politiche gestionali di internalizzazione: ad es. concretamente, i tecnici per le attivazioni e le riparazioni potrebbero essere dipendenti di TIM che hanno le migliori competenze sul mercato; sul progetto e sulle specifiche attività di Decommissioning si dovrebbe lavorare con risorse interne; sul tema del Contact Center, occorre “rivedere” soluzioni “periferiche” con operatori in Albania, Romania, etc..; sulla progettazione della rete di accesso si dovrebbe internalizzare, etc..

NON VOGLIO PARLARE DI ESUBERI, VORREI VEDERE NUOVE ASSUNZIONI

Oggi l’età media del personale è di circa 51 anni; i 4300 dipendenti che nei prossimi 2 anni usciranno dall’Azienda a vario titolo (art 4, “quota 100”) dovranno essere, in parte, auspicabilmente rimpiazzati con giovani; occorrono nuove competenze, almeno 1000 esperti di nuove tecnologie, creativi, etc…

RIDUZIONE DEI COSTI

La riduzione dei costi di 400 milioni anno del nuovo piano va bene; occorre tuttavia comprendere come vengono declinati i “costi”, considerare i recuperi per effetto del decommissioning, quelli, auspicabili, sui call center; occorre tener conto degli ultimi 4 anni con l’avvicendamento (tra entrate e uscite) di 4 AD e Presidenti e in particolare quanto si è esposta l’Azienda…

LA VALORIZZAZIONE E LA CRESCITA DEL RISORSE INTERNE

Quando lavoravo alla SIP-Telecom per ogni 2° e 1° livello avevamo una rosa di tre persone che (concordavamo tra responsabili e HR) potevamo considerare come candidati per potenziale crescita e subentri. Ad oggi e negli ultimi 5 anni, stimo che con 4 cambi di vertici, sono stati sostituiti con risorse provenienti da fuori Azienda, circa 40 risorse ad alto livello (anche primi livelli), con una spesa potenziale di circa 90 Mn.i (è cosi?). Nel rispetto di tutte le professionalità è il momento di far crescere le nostre risorse interne, anche per quei ruoli di alta responsabilità…

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